Trento e il suo circondario descritti al viaggiatore/Distretto di Trento I. Topografia de' paesi/Chiese
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Chiese.
Il Duomo è primo. — S’erge maestoso alla Piazza del suo nome; e, come dice il Marchese Selvatico, è uno dei più splendidi monumenti, il modello più sicuro dell’arte edificatrice usata dai Maestri Comacini, perchè ne fu autore uno di questi, Adamo d’Aurogno morto nel 1212. Indi continua l’eminente critico dell’arte: „Fu ben denominato dal Kugler un’opera di transizione fra l’architettura germanica di quel periodo e la lombarda giunta in Italia allora al massimo punto di sviluppo. In effetto, sentono del costruire tedesco le elevate navi divise da piedritti mistilinei ingegnosamente composti di cordoni circolari TRENTO — IL DUOMO e di faccie rettangole. Hanno del pari l’impronta dell’arte germanica, ed anche in parte della francese, i capitelli a fogliame esile raggruppato sulla cima di ogni foglia in bottone. Per contrario, è lombardo l’arco che si presenta sempre emisferico in tutte le sue parti della chiesa, e che si profila in doppio archivolto tanto sulla nave maggiore che sulle minori; son lombarde le volte a crociera, i cui spigoli vanno vestiti di costoloni, arieggianti però nel loro profilo quelli medioevali di Germania e di Francia, son lombarde egualmente le porte, sugli stipiti delle quali si aggrovigliano mostruose figure frammiste a fogliame, come a S. Celso di Milano, e nelle altre chiese di Lombardia erette in quel tempo. È lombardo concetto la cupola, perchè alzata su tamburo ottagono; ed è parimente lombardo lo esterno, con le sue porte decorate da protiri a colonne posanti su grifoni, ovvero sopra figure romane accovacciate: son lombarde le colonne ofitiche che reggono l’arcata d’uno dei prefati protiri.
«Condotte sul lombardo sistema mostransi pure «le gallerie cieche nell'alto della fabbrica; lombarda è l'abside bellissima per la forma generale e per le sagome; lombardi i profili delle finestre; lombardi finalmente anche alcuni capitelli sparsi per la chiesa e che per la rozza fattura accennano alle prime età di quella maniera. Per contrario; a questa non appartengono i capitelli dei piedritti a fogliame raccolti in bottone, siccome i più fra i germanici del secolo decimoterzo. Ciò denoterebbe che la nostra cattedrale fu alzata, come già quasi tutte, in due periodi ben disgiunti l’uno dall'altro. Il primo sarebbe il lombardo usato dal novecento al mille e cento, il secondo, l'altro posteriore che alquanto si tinse di germanico. Dato ciò, non potrebbe essere dubbio qual parte si dovesse attribuire alla sesta del maestro Adamo.
Prezioso monumento è per certo questa cattedrale trentina; ed io spero che il valente storiografo dell’architettura lombarda ce la darà, nel corso del suo lavoro, incisa con quella coscienziosa precisione, della quale è maestro. Così quei giovani architetti che ora s’adoperano con lodevole sollecitudine a ricercare entro alle antiche costrutture lombarde gli elementi di un’arte opportuna al costruire moderno, potranno, raffrontando questo duomo trentino col Sant’Ambrogio di Milano, formarsi un sicuro criterio non soltanto su la storia di quest’arte nazionale, ma riconoscere eziandio come passo passo procedesse ad un sistema edificativo, che può servire all'età presente assai meglio che non quello derivante dal classico greco-romano e dall’archiacuto.“1
La forma interna della chiesa è d’una croce latina, il cui braccio maggiore si divide in tre navate separate da colonne, sulle quali s’aggirano archi a pieno centro, formando due ordini di volte, delle quali le più depresse corrispondono alle navate laterali, e la più elevata alla centrale. — Vi sono dieci altari compreso il maggiore, il quale fu eretto nell’anno 1739 ed è lavoro dei fratelli Domenico e Antonio Giuseppe Sartori di Castione. È tutto di marmo, assomiglia alla Confessione del Bernini, e l’adorna una tribuna, il cui architrave porta nel mezzo, oltre lo stemma della città, due angeli colle insegne del Principato e dei putti che tengono in mano gli attributi de’ Santi Vigilio ed Adalpreto, opera dello scultore trentino Francesco Oradini. — La Cappella del Crocifisso, dopo l’altare maggiore, cade sott’occhio quasi senza farne ricerca. S’adorna del simulacro in legno una volta esposto in capo alla navata maggiore, dinanzi al quale furono pubblicate le decisioni del Concilio tridentino. Fu eretta a spese del Vescovo Principe Francesco degli Alberti di Poja, e ne fu architetto e pittore Giuseppe Alberti di Cavalese; venne dipoi ristaurata per cura del P. V. Giovanni Nepomuceno de Tschiderer, e contiene un solo altare in marmo sormontato dal gruppo di Adamo ed Eva scolpito in un sol masso da Francesco Barbacovi di Tajo. — Delle opere in marmo meritano altresì particolare considerazione: la pila dell’acqua benedetta alla navata settentrionale a sinistra di chi entra, il cui piedestallo triangolare offre un bel lavoro del Cinquecento; — gli altari dell’Addolorata e di Sant’Antonio di Padova scolpiti dai fratelli Sartori; — quello dell’Immacolata, lavoro del trentino Andrea Filippini, e le statue di San Carlo Borromeo e di San Ferdinando di Castiglia che uscirono dallo scalpello di Cristoforo Benedetti di Castione.
I Dipinti del Duomo uscirono in parte dal pennello di pittori nostrani, e in parte di forestieri celebri nella storia dell’arte. De’ primi sono: le pale dell’Addolorata, e di San Giovanni Battista coll'Assunta e i Santi Innocenti, opere di Nicolò Dorigati; la pala dell’altare di Sant'Antonio, lavoro del Roveretano Domenico Udine, e il quadro rappresentante un’estasi di San Francesco dipinto da Giuseppe Alberti. — Al Romanino poi va attribuita la tavola, che è alla parete verso l’altare dell’Immacolata, raffigurante la Madonna coi Santi Giovanni Battista, Biagio e Lucia; è di Martino Teofilo il quadro di San Cristoforo appeso alla stessa parete; sono del bavarese Carlo Loth i gran quadri laterali della Cappella del Crocifisso; la pala di Santa Massenza è di Francesco Morone da Verona; il quadro di San Rocco, di Alessandro Turchi pure da Verona, chiamato l' Orbetto; mentre è di Domenico Riccio altro Veronese noto col sopranome Brusasorci, il quadro, dov’è dipinto il Cardinale Clesio genuflesso in atto di essere presentato alla Vergine da San Vigilio. Di Pietro Ricchi chiamato dalla sua patria il Lucchese è in fine la pala rappresentante la Vergine col divino Infante in atto di consegnare il Rosario a San Domenico e la Cintura a Sant'Agostino. Un affresco pregievolissimo, opera del Trecento, è quello che si vede nella navata settentrionale sotto il fenestrone. — Indi nella Sagrestia de’ Cappellani beneficiati s’ammirano: una copia in tela della Madonna detta del sacco di Pietro Vannucci di Città della Pieve nell'Umbria, chiamato il Perugino2; il Ritratto di un Canonico di Castelbarco che s’attribuisce a Tiziano; una bella copia della Natività di Raffaelo; il quadro pitturato a tempera sul legno nel 1454 da Cecchino da Verona e due quadretti bislunghi, uno rappresentante il martirio di Santa Dorotea, e l’altro la strage degli Innocenti, lavori del Polacco Martino Teofilo.
Nella Sagrestia dei Canonici stanno invece gli arazzi di Fiandra, che ornavano il terzo muro della magna camera del Castello
Messa in un tondo e forte torrione,
come dice Pietro Andrea Mattioli, nel Magno Pallazzo del Cardinal di Trento. Questi arazzi sono sette e rappresentano la storia di Cristo con quella verità e grande maestria, che fanno, a detta del precitato autore, bellissimo quel lavoro, sì
Ch’ ogni pittor non farla col pennello.
Vi s’ammirano inoltre: un’altare portatile con angoli cesellati, l' Ordo Missae pontificalis, il Lectionarium ed altri oggetti rari appartenenti al Principe Vescovo. Federico Vanga, non meno che due dipinti rappresentanti due Sessioni del Concilio di Trento.
Dei numerosi Depositi esistenti in questo tempio non isfuggano all’occhio del visitatore i monumenti che sono subito dentro da Porta orientale: quello di Sant’Adalpreto, quello del Conte Lodovico Lodron, e quell’altro di Roberto Sanseverino perito nella battaglia di Calliano (1487); il primo difeso da una ferrata cui è affissa una lamina dorata pregevolissima per le sue figure a cesello rappresentanti il crocifisso col Santo Vescovo trafitto da lancia; e il terzo3 coll’effige del Duce, e due iscrizioni, una in tedesco e l’ altra in latino, la quale suona:
Italiae victor, Severina stirpe Robertus
Sigmundum Australcm sensit in arma Ducem,
Ter proceres Veneti bello petiere Tridentum
Ter victi, hic vinctus ecce Robertus adest.
Seguono lungo la navata meridionale i Depositi del P. V. Giorgio di Lichtenstein, e di Pietro Andrea Mattioli da Siena, che fu medico del Card. Bernardo Clesio, e fece i Commenti alla materia medica di Dioscoride. — Nella navata settentrionale s’ammirano i Monumenti Sizzo e Piccolomini; il primo di famiglia Trentina eretto nell’anno 1854 M P.V. Cristoforo Sizzo de Noris; ed il secondo di famiglia Sienese che diede a questa Cattedrale tre Canonici: Enea Silvio, che fu TRENTO — S. MARIA MAGGIORE papa col nome di Pio II, Liduino che morì Proposito del Capitolo (2 febbrajo 1680), e Antonio che gli succedette.4
Dinanzi al Duomo è la Piazza maggiore, la quale s’adorna di bella fontana di marmo colla statua di Nettuno circondato da tritoni, da delfini e da sirene; opera di Francesco Giongo da Lavarone terminata nell’anno 1768, e restaurata in questi ultimi tempi dal nostro valente scultore Andrea Malfatti. — Mette in Via larga, in quella di Santa Maria Maggiore, e alla Piazzetta delle Opere, che unisce la Via San Vigilio e Borgo nuovo colla Via San Benedetto e Oriola.
Santa Maria Maggiore. — Dopo il Duomo è la prima chiesa per bellezza di architettura e per istorico valore. Sorge alla Piazzetta sua omonima, al luogo dov’era l’antica chiesetta di Santa Maria della neve, prima parocchia appellata a sussidiare la cattedrale di Santo Vigilio. Fu fatta edificare dal P. V. Cardinale Clesio, e divenne un edificio classico illustrato da molte memorie, e da quella in ispecie del Concilio Tridentino, i cui Padri vi tennero costantemente le loro Congregazioni. — Ha una sola navata con tre altari per ciascun lato, preziosi di marmi e per decorazioni.
L’altare maggiore, lavoro dello scultore trentino Paolo Carneri, porta la pala della Vergine Assunta, dipinto di Pietro Ricchi; ed ha a’ suoi lati due pregievoli statuette rappresentanti gli Apostoli Pietro e Paolo. — Le statue di Marta e della Maddalena che sono al presbiterio furono scolpite dal Vanderbeck. — Degli affreschi che fregiavano le pareti interne dell’abside non ne rimangono che due: il passaggio del popolo Ebreo dalla cattività alla terra di promissione, e il trionfo di Maria; il primo attribuito a Girolamo Romanino, che fioriva in Brescia col suo emulo Moretto circa l’anno 1540. Vi stanno invece altri dipinti: la Vergine in trono col divino Infante e i Santi Pietro, Giovanni e Girolamo con un Vescovo genuflesso, lavoro del secolo decimoquinto; Cristo paziente e due Dottori, opera del Cinquecento; Cristo adagiato sulle nubi e due Santi Francescani in tela orbicolare riferito a Jacopo Robusti di Venezia chiamato il Tintoretto; Maria Vergine col bambino ritenuto lavoro di Giovanni da Conegliano detto il Cima; la Santa di Assisi dipinta dal Morone; e il quadro del Concilio raffigurato nell'ordine, in cui sedevano i Padri, simile a quello che si conserva nella Sala maggiore del Palazzo Municipale. — Altri dipinti degni di ammirazione sono in questa chiesa: la manifestazione del Redentore alle turbe ritenuta di Paolo Veronese; la Natività con Santa Teresa del Veronese Cignaroli, e la disputa dei quattro Dottori della Chiesa latina di Alessandro Bonvicino detto il Moretto da Rovate nel Bresciano.
L’ organo poi, questo prezioso e classico avanzo dell'arte raggiunta nel Cinquecento, s’erge al presbiterio al lato del Vangelo. N’è mirabile la Cantoria in marmo lunense, ornata di figure a bassorilievo, di statuette che rammentano il fare di Tullio Lombardo, di cornici intagliate con somma eleganza e di altri fregi; opera splendidissima del trentino Vincenzo Vicentini. Dell’istrumento non rimane che l’Organino, il solo che si fosse salvato dalla distruzione che vi mise la saetta caduta dal cielo a dì 13 Giugno 1819. Del resto, quest’istrumento era uscito dalla celebre scuola lombarda di Bartolomeo Antegnati, era meraviglioso: avea 2180 canne spartite in due sumieri, che formavano in una sola macchina due organi distinti, l’uno maggiore dell’altro, con registri di voci e suoni di squisita e soavissima armonia, come ha trovato di descrivere Giovanni Chiericato Preposito di Padova (De Sacrosancto Missae sacrificio Decisiones. Venetiis, 1700, p. 311)5
Fuori della Chiesa è la colonna eretta nell’anno 1845, quale porta in cima la statua della Madonna, lavoro di Francesco Oradini. — A fianco della Piazzetta è la bella casa del Signor Francesco Ranzi ornata di busti in plastica di uomini illustri trentini eseguiti dal nostro valoroso scultore Andrea Malfatti; — ed alla medesima piazzetta s’ergeva un tempo la casa de’ Battuti o flagellanti colla chiesetta relativa, di cui ora non è memoria che nella lapide e nel busto a fresco di Madonna salvati dal guasto dei tempi e degli uomini dal distinto Archeologo Mons. Giambattista Zanella.
La Chiesa dell’Annunziata è in cima a Via larga, e fu eretta sul disegno e coll'opera di Antonio Brusinelli nell’anno 1713. Al corpo di essa fa padiglione la bella cupola sostenuta da quattro colonne di marmo rosso trentino, e dipinta a fresco dal Veneziano Francesco Fontebasso. Contiene tre altari marmorei, il maggiore e due laterali, eseguiti dai valenti scultori fratelli Benedetti; il primo più grandioso per mole, coll’antipendio a finta drapperia sostenuta da due vezzosi genietti, e con tela dipinta da Michelangelo Grigoletti. Negli altari laterali sono le pale di San Francesco di Paola e la Sacra Famiglia eseguita dalla trentina Domenica Spaventi.
La Chiesa del Seminario è in fondo alla stessa via (Via larga), e si prospetta benissimo dalla Piazza maggiore. Fu eretta nell’anno 1701 sui disegni del celebre Gesuita trentino Andrea Dal Pozzo; è ricca di marmi; ha cinque altari, e grandiose tele, due delle quali, compresa quella di San Francesco Saverio all’altare maggiore, uscirono dal pennello del predetto Architetto. — Di lui è pure il dipinto dell’Immaculata che si venera nella Cappella interna di quel grandioso edificio.
La Chiesa di San Pietro è sulla Via che s’intitola dal nome dell’Apostolo. È decorata di TRENTO — S. PIETRO elegante facciata di recente costruita sui disegni del Marchese Pietro Selvatico. Ha tre navate, altari di marmo, una cappella dedicata a San Simonino; una bella Cantoria designata dall’ingegnere Tati, sostenuta da pilastri sormontati da colonne, che partendo dalle pile dell’acqua benedetta si legano all’architrave con analoghi capitelli. — A fianco di questa chiesa è la Cappelletta di Sant’Anna, che reca sulla porta d’ingresso un Redentore genuflesso lavorato in legno dal trentino Giovanni Battista Fattori.
Delle altre Chiese meritano particolare menzione: la Cappella del Suffragio nella Via dello stesso nome, adorna di elegante facciata, di maestosi pilastri a stile corintio, e di parecchi dipinti, de’ quali la deposizione dalla Croce, che si ritiene opera del Tintoretto; — la Cappella di San Simone in casa del Signor Barone Valentino Salvadori, Via lunga, dove sporgono sopra le due porte i medaglioni del martirio e della gloria del Santo scolpiti in marmo rosso da Francesco Oradini; — il bel tempietto di che si fa la Chiesa delle Suore del Sacro Cuore di Gesù, ornata di eleganti stucchi, di affreschi, e di un altare marmoreo scolpito sullo stile brabantesco dallo scultore Verner; — e la elegante Chiesetta di San Martino, in Via di questo nome, e adorna nell'altare maggiore di bellissima tela dipinta dal Cigliatoli.
- ↑ V. Selvatico (Pietro) (Le arti del disegno in Italia, storia e critica. Parte seconda. Milano, Vallardi, 1879, pag. 283— 585.
- ↑ Fu sempre ritenuto che questa tela fosse originale del Perugino, e ci volle proprio una visita al nostro Duomo del dottissimo e gentilissimo Cavaliere Angelo Angelucci per toglierci d’inganno. Egli ci assicurò, che la tavola originale di quella Madonna con altre duo tavole della stessa dimensione ed originali del Perugino, sono a Londra, vendute or son molti anni dal Duca Molzi, che le possedeva, portate via dalla Certosa di Pavia ove esistevano nella seconda cappella a sinistra entrando. Ora sono anche colà le copie; ed un’altra piccola copia in tavola è nella Galleria Malaspina di Pavia.
- ↑ Sappiamo dal chiarissimo D.r David Schonherr Consigliere imperiale in Innsbruck, che questo monumento fu eseguito da certo Luca Moro.
- ↑ Per maggiori rassegnamenti si veda il Saggio d’illustrazione del Duomo di Trento esposto dal Sac. Nicolò Toneatti, Trento, Seiser, 1872.
- ↑ Si consulti per questa Chiesa il libro di Monsignore G. B. Zanella: S. Maria di Trento, cenni storici, Trento, Monauni 1879.