Trattato completo di agricoltura/Volume II/Del Mandorlo

Del Mandorlo

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del mandorlo.

§ 884. Il mandorlo (amygdalus sativa, fig. 234), è una pianta che per essere realmente profittevole dovrebbe coltivarsi soltanto ove si coltivano gli ulivi, ciò non pertanto accompagna la vite sino al 47 di latitudine N., ed in quest’ultime località il più delle volte non può portare alcun frutto, poichè fiorendo tra la fine di marzo ed il principio di aprile, [p. 173 modifica]spesso vien colto dalle brine, dalle nebbie, od anche da un freddo continuato che impedisce al frutto o di fecondarsi, o di resistere dopo la fecondazione. Climatologicamente parlando, occupa adunque il mandorlo un posto di mezzo tra l’ulivo e la vite. Questa pianta è proveniente dall’Asia, e nell’Italia era conosciuta fin dal tempo de’ Romani. Una volta però non era coltivata che la varietà a seme amaro, in seguito s’introdusse la varietà dolce, che venne poi diffusa in tutto il mezzogiorno dell’Europa, e singolarmente nella Spagna, nella Sicilia e nella Francia meridionale.

Il mandorlo, come dissi, conta la varietà a frutto dolce e quella a frutto amaro; queste poi hanno sotto varietà distinte pel maggior o minor volume e precocità nella fioritura. La varietà dolce singolarmente tiene alcune sottovarietà a guscio duro, ed altre a guscio più o meno tenero, che si rompe colle dita. Queste ultime sono le più apprezzate. La varietà amara è riservata per le località facili ad essere derubate.

Questa pianta, che una volta era molto coltivata anche nella bassa Lombardia, meriterebbe d’essere nuovamente introdotta, specialmente sui colli alquanto aridi, anche esposti ai venti, ove, insieme alla vite, riesce a stento il gelso: ma vorrebbesi che la coltivazione non fosse abbandonata al caso, lasciando che la pianta vegeti e si distenda a suo talento; e che si seguissero le norme usate nella Provenza ove è sottomessa ad un taglio regolare, ottenendosi con ciò d’aver maggior frutto e minor ombra. Certo è che, oltre alla buona qualità, sarebbero a scegliersi quelle varietà che fioriscono più tardi, ondo maggiormente evitare il pericolo delle brine; io vi indicherò le varietà coi nomi accettati in Provenza e nel [p. 174 modifica]commercio, e conosciuti dai venditori di piante, avvertendo che tra l'una e l’altra vi sono 10 giorni di differenza nella fioritura, la quale nelle precoci avviene appena che per sette od otto giorni la temperatura media si mantenga a +6°.

1.° Mandorlo selvatico, assai precoce, fiorisce qualche volta in gennajo, e matura il frutto in aprile; il guscio è duro.

2.° Mandorlo mezzo-fino, à la dame, guscio che si rompe sotto i denti, carica molto.

3.° Mandorlo fino, o princesse. Dà i frutti di prima qualità, poichè il loro guscio si rompe colle dita.

4.° Mandorlo comune, vegeta molto, guscio duro.

5.° Mandorlo Molière. Frutti grossi e guscio duro.

6.° Mandorli a grappolo, o à flots; i frutti maturano in forma di grappoli, sul legno di tre anni. È una varietà delle più produttive.

7.° Mandorlo grosso verde, fiorisce 15 giorni dopo l’antecedente.

8.° Mandorlo piccolo verde, fiorisce 15 giorni dopo il grosso verde.

Queste due ultime varietà non si coltivano che dopo, è facilissima la brina anche in primavera avanzata.

9.° Il mandorlo amaro, fiorisce nello stesso tempo del N.° 6.

Anche fra noi, nelle migliori posizioni riuscirà la varietà indicata al N.° 3, nelle mediocri quella al N.° 6, e dove dominano le brine quelle al N.° 7 e 8.

Ho detto che fra noi, e specialmente al colle e lungo le costiere de' nostri laghi, ove ora non regge più l’ulivo, utilissimo sarebbe il mandorlo, poichè desidera terren sciolto siliceo-argilloso-calcare, persino sassoso, e tale che quasi nemmen la segale vi allignerebbe. Simile terreno, buono per la vite, ma non pel gelso, che di solito vi si frammette, sarebbe pur eccellente pel mandorlo ben coltivato. L’umidità del terreno, ed un sotto suolo impenetrabile gli sono nemicissimi.

Cento parti di mandorle dolci, spoglie del guscio, constano di

54 d’olio giallastro, dolce, non essiccativo,
24 d’albumina,
6 di zuccaro,
3 di gomma,
5 di pellicola esterna,
5 di parte fibrosa.
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Le mandorle amare contengono inoltre l’amigdalina, la quale, scomponendosi nell’acqua, produce dell’acido cianidrico.

§ 885. Il mandorlo perchè faccia buona riuscita deve essere innestato sopra sè stesso, scegliendo per soggetto il mandorlo amaro, come il più robusto ed il meno esposto al dente degli insetti. — La semina può farsi al posto od in vivajo dal mese di dicembre al mese d’aprile; meglio però è seminare in vivajo nella primavera servendosi di mandorle stratificate in autunno come al § 279, Vol. I. La semina al posto il più delle volte va fallita per le poche cure che gli si possono prodigare, e perchè in allora il seme, gettando una lunga radice profonda, tende piuttosto a fare un albero di molta elevatezza che ben guernito di ramificazioni, epperò riesce poco fruttifero. La stratificazione rimedia a questo difetto pei motivi già esposti al paragrafo citato.

Seminando al posto si aprono le buche dell’istessa dimensione come se vi si mettesse una pianticella radicata di vivajo; vi si rimette la terra mescolandola a concime, e nel mese di febbrajo si pone nel centro di ciascuna tre mandorle colla punta in basso, che poi si ricoprono con 0m,02 di terra: nell’anno vegnente si conserva soltanto la pianta più robusta e meglio disposta. Per formare il vivajo, già preparato convenientemente in quanto al terreno, si semina in linee distanti 0m,80 fra loro, e di 0m,35 a 0m,40 su ciascuna linea, ed alla profondità di 0m,10.

Il mandorlo può essere innestato al piede od in testa, al posto o nel vivajo, fuorchè nel vivajo è meglio innestare al piede, e nel campo è meglio innestare in testa. L’innesto usitato pel mandorlo è quello a scudetto, ad occhio dormiente verso la fine dell’estate del primo anno, se la cacciata è abbastanza robusta, o del secondo nel caso che no, avendo in primavera tagliata al piede la detta cacciata esile del primo anno. L’innesto si fa 0m,10 sopra terra. Nella primavera seguente si taglia la cacciata a 0m,03 sopra l’innesto, onde concentrarvi l’umore, e favorirne lo sviluppo. — Il germoglio che deve servire per l’innesto deve togliersi da una pianta non troppo giovane e da qualche ramo fruttifero orizzontale. La cacciata che sorge dall’innesto deve essere parcamente mondata in basso da rametti laterali, onde favorire l’evoluzione dell’occhio principale senza indebolire la piantina; arrivata poi questa nel decorso di circa quattro anni all’altezza di 1m,45 circa, si potrà cimare. Nel quinto o sesto [p. 176 modifica]anno al più il mandorlo è abbastanza robusto per essere piantato nel campo, dove poi si procede alla formazione dell’intelajatura dei rami.

§ 886. Il mandorlo può essere piantato come il gelso, o come l’ulivo tanto in linee frammezzanti altre coltivazioni, quanto può convertirsi un intiero spazio all’esclusiva sua coltivazione mantenendo una distanza di 8 in 10 metri fra pianta e pianta per ciascun lato; in quest’ultimo caso è meglio dare al tronco l’altezza di un sol metro.

Circa alle buche ed al modo d’impianto ci comporteremo come pel gelso, fuorchè potremo risparmiare metà circa del concime, ed abbonderemo invece nella profondità della fossa, la quale, ove si possa, sarà di 1m,00.

Nel primo anno d’impianto si lasciano tutti i germogli che la pianta manda fuori in testa, ma nella primavera del secondo si levano tutti quelli che non servono alla formazione delle principali diramazioni. Due soli sono quelli che si conservano, procurando che siano il meglio opposti possibile; questi due si tagliano a o 0m,15 o 0m,20 dal tronco, e negli anni seguenti si continua a lasciarne due per ciascuno e dell’indicata lunghezza. Le biforcazioni dei primi tre anni si dirigeranno in alto allo scopo di permettere il lavoro nel terreno sottoposto, qualora il mandorlo sia frapposto ad altre coltivazioni; e le successive all’incontro si dirigeranno in senso orizzontale allo scopo di facilitarne la fruttificazione.

Il taglio annuale o bisannuale è necessario per mantenere una certa forma nella pianta, ed una eguale e continua proporzione di rami da frutto, che già sappiamo essere quelli dell’anno antecedente. La pianta abbandonata a sè perderebbe tutto il proprio vigore nei rami succhioni, e tenderebbe ad allungarsi fuor di misura anche negli altri rami invece di mantenere i frutti dei piccoli rametti. Importa adunque togliere i succhioni, raccorciare i rami troppo lunghi che deformano la pianta, e togliere i rami secchi o deperenti. Quest’operazione si fa in novembre, perchè generalmente tutti i mandorli muovono assai presto nella vegliente primavera, quasi direi sul finir dell’inverno.

Talvolta dicesi che si rinnova la pianta, quando mostrandosi languente, certamente per difetto di radici, abbisogna che i suoi rami siano diminuiti acciò stiano in relazione con quelle. Sarà quindi dell’accorgimento dell’agricoltore il tagliare i rami principali ad un terzo, alla metà, o due terzi [p. 177 modifica]della loro lunghezza. Questa operazione generalmente non può farsi che due volte sulla stessa pianta, perchè in seguito non potrebbe più dirsi languente ma deperente.

§ 887. La maturanza delle mandorle si riconosce dall’aprirsi del pericarpo carnoso. Si colgono battendo i rami colle canne; si leva loro interamente il pericarpo che può servire pel bestiame; e per meglio conservarle si lasciano nel loro guscio. Le mandorle a guscio fino sono spedite nel commercio tali e quali; e quelle a guscio duro vengono estratte; la fatica di romperne i gusci è compensata dal loro residuo che è un ottimo combustibile.

Una pianta già adulta e ben regolata può dare sei chilogrammi di mandorle prive del guscio, le quali in Provenza si vendono un franco al chilogrammo. Da qui veggasi l’utile che se ne ritrarrebbe se in Italia, quando anche nella parte settentrionale si pensasse a coltivare il mandorlo.

§ 888. La malattia principale che attacca il mandorlo è la gomma, malattia comune a tutti gli alberi con frutta a nocciuolo. La gomma si raccoglie e si rende visibile sui rami ove siavi una ferita dalla quale trasuda sotto l’aspetto di una gomma gelatinosa, che col tempo indurisce; ove questa trasuda, l’epidermide e la corteccia perdono la vita, e per conseguenza il più delle volte la parte che sta al dissopra del trasudamento dissecca e perisce intieramente.

Spesso la gomma è dovuta al taglio troppo corto fatto alla pianta, per il che v’ha maggior quantità di umore assorbito che di rami da nutrire. In tal caso il rimedio è ovvio, e, consiste nell’accorciare di meno i rametti da legno.

Questa secrezione si manifesta di preferenza nei luoghi umidi, e soprattutto in seguito ai rapidi cambiamenti di temperatura. Nelle piante vecchie i seccumi del legno ed i tratti di corteccia indurita sono causa d’impedimento al libero corso del succhio, il quale trattenuto trasuda da qualche screpolatura. — Il togliere sino al vivo e sano le parti infette o disseccate, e levar via il trasudamento gommoso sono gli unici rimedi che valgano contro quella malattia.

Fra gl’insetti che vivono a danno del mandorlo vi ha la farfalla del cratego (pieris crataegi), la di cui larva mangiandone le foglie promuove la caduta dei frutti. Si distrugge questa farfalla raccogliendo certi fiocchi setolosi lunghi 0m,7 circa, uniti e circondanti fortemente il legno dei rami, questi [p. 178 modifica]fiocchi contengono le larve; raccolti si abbruciano. Tale operazione si fa in primavera.