Trattato completo di agricoltura/Volume I/Vinificazione/14
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della birra.
§562. Anche la fabbricazione della birra si appoggia in parte sugli stessi principj che servono alla fabbricazione del sidro. Pel sidro abbiamo un sugo acido da convertire in liquido alcoolico; per la birra invece dobbiamo ottenere questo liquido dall’amido dei cereali. In ambedue i casi non abbiamo una materia zuccherina già preparata da convertire in alcool; ma dobbiamo procurarcela per mezzo di modificazioni chimiche della sostanza adoperata.
Il cereale che più comunemente viene usato per la fabbricazione della birra, è l’orzo, perchè più ricco d’amido e meno costoso del frumento. Per meglio intendere questa operazione ne dividerò il processo in varj stadj, esprimenti le principali mutazioni chimiche.
Il primo stadio consiste nel far isviluppare nel grano quel principio che opera la trasformazione dell’amido in zuccaro e che si ottiene colla germinazione. Per facilitare la germinazione, si mette l’orzo in grandi recipienti costruiti in muro, unendovi 4 volte il suo volume d’acqua, si agita spesso onde si liberi dalle bolle d’aria che potesse tener rinchiuse, e si levano con uno schiumatojo i grani nuotanti siccome vuoti o mal conservati. Questa immersione ha per iscopo di comunicare più prontamente al grano l’umidità necessaria, onde abbia a germinare più facilmente e più presto. L’immersione dura da 24 a 36 ore nell’inverno, rinnovando l’acqua tre volte in questo intervallo; nell’estate bastano 10 a 12 ore, ma l’acqua deve rinnovarsi 4 o 5 volte.
L’orzo, così gonfio, vien portato in un luogo sotterraneo, ove il pavimento sia mantenuto nettissimo, onde non si comunichino al grano nè muffe, nè putridumi che ne guasterebbero la qualità. Voi sapete che la germinazione esige aria, umidità ed una temperatura superiore a 8°, e questa, nel nostro caso, raggiunge dai 12° ai 16° nelle stagioni di primavera e d’autunno. Sul pavimento di un tal locale l’orzo vien disteso in uno strato alto 0m,5 circa, e lo si abbandona a sè finchè non si riscaldi. Quando comincia a farsi visibile il germe, lo strato si riduce all’altezza di soli 0m,3, poi a 0m,1 quando la germinazione è giunta al grado conveniente. Nel tempo che l’orzo è disteso nel modo suindicato, devesi rimuovere spesso per rinnovare l’aria nell’interno dello strato. Nella stagione calda la germinazione è compiuta in 10 a 12 giorni; ma sul finir dell’autunno se ne richiedono da 15 a 20. La germinazione è arrivata al giusto punto quando la gemmula ha raggiunto i due terzi della lunghezza del grano.
Germinato l’orzo, lo si fa disseccare rapidamente, per limitare la perdita dell’amido; poichè, se vi ricordate, il primo sviluppo dei vegetali è a spese della massa cotiledonare. Questo essiccamento si fa dapprima all’aria libera, stendendo sottilmente il grano sul pavimento d’un granajo molto arioso, poi facendolo passare in una stufa a corrente d’aria calda. Il disseccamento rende assai fragili le tenere radici, che si distaccano facilmente mediante un forte e rapido rimescolamento del grano. Sbarazzato l’orzo dalle radicette, viene esposto per qualche tempo all’aria, per cui riprende un poco d'umidità, la quale ne facilita la successiva macinatura. Questa macinatura si fa con macine orizzontali, tenute discoste fra loro in modo che il grano venga rotto ed infranto, ma non ridotto in farina. L’orzo così macinato si può mettere in granajo per servirsene all’occorrenza come indicherò.
Ma intanto voi direte a quale scopo si fa germinare il grano? Come la germinazione agisce sull’amido in modo da convertirlo in zuccaro?
Eccovi come avviene questa mutazione. Voi sapete che nel germe sviluppantesi dai grani o dai tubercoli, esiste una particolare sostanza azotata chiamata diastasi, la quale ha la facoltà di trasformare facilmente l’amido in destrina, la qual poi si cambia in zuccaro; e questa diastasi si forma nel momento della germinazione a spese della materia glutinosa del grano; voi sapete che essa a 100° gradi non ha più alcuna azione sull’amido, ma che una sola sua parte a 65° o 75° vale a convertire in destrina e zuccaro 2000 parti d’amido; e che a 0° continua ad avere la stessa azione, sebbene in minor grado.
Per tal modo colla germinazione si ottiene il primo intento, quello cioè di trasformare l’amido in materia zuccherina.
Ma questa riduzione in zuccaro vien meglio e più uniformemente eseguita coll’ammostamento dell’orzo schiacciato, il che si fa trattando la massa coll’acqua ad una temperatura conveniente, onde meglio far agire la diastasi sull’amido e sciogliere la destrina e lo zuccaro, che ne sono il risultato.
L’ammostamento si eseguisce in grandi tini di legno, a doppio fondo, col superiore munito d’un gran numero di fori, il quale sostiene l’orzo che vi si ripone, nel mentre che permette lo scolo del liquido. Riposto l’orzo schiacciato nel tino, lo si bagna con acqua a 60°, nella proporzione di una volta e mezza il peso dell’orzo, e si agita fortemente la massa con ispecie di forche. Indi si lascia riposare per mezz’ora, onde permettere l’imbibizione nella massa; poi vi si versa altr’acqua a 90°, finchè la temperatura del miscuglio sia ridotta a 75°, che è la più favorevole, come già dissi, per convertire l’amido in zuccaro. Dopo aver agitato nuovamente il tutto, si copre il tino e lo si abbandona a sè per tre ore. Finalmente, aprendo un robinetto situato tra i due fondi, e precisamente presso il più basso, si lascia colare in un serbatojo il liquido raddolcito, che è il mosto, da dove poi lo si fa passare nelle caldaje destinate alla cottura del luppolo.
Siccome poi questa prima operazione non leva all’orzo che 6/10 della parte zuccherina, così si aggiunge al tino una nuova quantità d’acqua a 80°, nella proporzione di metà peso di quella che servì dapprima. Finalmente si spoglia interamente l’orzo, trattandolo con acqua a 100°; e con ciò si ha un liquido che serve alla preparazione della piccola birra. L’orzo così spogliato serve ancora qual nutrimento pel bestiame.
§ 563. Il mosto che si ottenne coll’operazione sopra indicata si riscalda nelle caldaje fino all’ebollizione unitamente al luppolo. La proporzione del luppolo è di circa un chilogrammo per ogni ettolitro di buona birra. Le caldaie devonsi tener coperte per evitare il disperdimento di quell’olio essenziale che dà alla birra il suo aroma speciale; esse sono poi anche munite d’una specie di follatore che serve ad agitare continuamente il miscuglio. Per aumentare la forza del mosto, ordinariamente vi si aggiunge dello zuccaro d’uva, della melaccia, o degli zuccari impuri. Il mosto cotto col luppolo è versato in serbatoj, da dove vien travasato in altri recipienti appena che siasi rischiarato col riposo, e lo si fa raffreddare il più rapidamente che sia possibile, dando al liquido un’altezza non maggiore di 0m,15; i serbatoj refrigeranti sono collocati in tinaje ariose, colle aperture munite di griglie, acciò l’aria vi circoli liberamente.
§ 564. Quando il mosto si è raffreddato, si travasa nuovamente nei tini ove deve subire la fermentazione, aggiungendovi una quantità di lievito o fermento, che, secondo la stagione e la forza del mosto, varia da 2 a 4 chilogrammi per ogni 1000 litri; e si mantiene il locale ad una temperatura di circa 15° a 20°. La prima fermentazione indotta dal lievito, dura da 24 a 48 ore, e produce molta schiuma, che trabocca dal tino in alcuni canaletti appositamente praticati. Per la birra da tavola, la fermentazione si fa terminare in piccoli barili riempiti fino al cocchiume, da dove trabocca la schiuma, che pure si raccoglie in apposito rigagnolo sottoposto. Le schiume, che debordano e che sono raccolte e compresse in sacchi, costituiscono il lievito o fermento della birra, il quale ha, come gli altri fermenti non resi insolubili, la proprietà di comunicare la sua alterazione alla birra che si dispone alla fermentazione. I barili poi si mantengono ricolmi con altra birra, o col liquido che si separa dalla schiuma; terminata la fermentazione si turano, e la birra non esige più altro, fuorchè la chiarificazione mediante la colla di pesce.
Inutile è ripetervi che la fermentazione del mosto della birra procede nello stesso modo che la fermentazione del mosto d’uva, venendo la materia zuccherina, prodotta dalla germinazione, convertita in alcool per mezzo del glutine della massa istessa, o del lievito che vi si è aggiunto.
§ 565. Perchè mai dunque, potendosi considerare eguale la fermentazione del vino e della birra, questa inacidisce più presto e più facilmente passa anche alla putrefazione? Tutto ciò avviene perchè il mosto della birra è più ricco di glutine che non il mosto del vino, cosicchè ne resta sempre una buona dose disciolta nel liquido anche dopo terminata la fermentazione alcoolica. Questo fatto si osserva non solo nelle nostre birre, ma eziandio in quelle d’Inghilterra, di Francia e di Germania. La migliore, ossia la più durevole, è quella che si fabbrica in Baviera, e questa sua maggior durata è dovuta al particolar modo di fabbricazione usato in quel paese.
Parlando della fermentazione dei vini ricchi di materia azotata, dissi doversi rallentare la fermentazione colla bassa temperatura, e permettere alla schiuma di potersi portare liberamente alla superficie del mosto, perchè meglio si ossidi e precipiti allo stato insolubile. In Baviera questa massima fu applicata alla fabbricazione della birra: ivi la fermentazione si fa seguire in tini scoperti, poco alti, e che presentano un’ampia superficie al contatto dell’aria, costruendoli più larghi in alto che in basso. La temperatura dei locali di fermentazione è mantenuta fra gli 8° ed i 10°; il che ottiensi facilmente sul finire dell’autunno, per cui la birra fabbricata in quest’epoca riesce la migliore e la più durevole. Per mezzo della bassa temperatura, la fermentazione è assai lenta, durando circa un mese, le bolle di gas acido carbonico sono più piccole, e perciò la schiuma può meglio ossidarsi totalmente e precipitare allo stato insolubile. Laddove, quando la fermentazione è rapida, le bolle sono voluminose, la spuma è in quantità maggiore, ma essa non può ossidarsi totalmente, perchè ricoperta e trascinata in basso dalle bolle che troppo rapidamente si succedono, e perchè la schiuma, essendo assai densa, ossidata che sia la parte esterna, precipita prima che l’interno abbia potuto subire la stessa modificazione. Perciò nella feccia o nel liquido, ne riman sempre una certa quantità, ed è questa che produce il consecutivo facile inacidimento. La bassa temperatura inoltre impedisce l’ossidazione dell’alcool, vale a dire la sua acetificazione, permettendo soltanto la combinazione dell’ossigeno atmosferico colla materia azotata del mosto. La temperatura di circa 10° è dunque necessaria, tanto per rendere uniforme e lenta la fermentazione della birra, quanto per procurare la sua maggior durata. In tal modo la Baviera non solo fornisce la birra più durevole, ma eziandio la migliore e più alcoolica, perchè lo zuccaro del mosto ebbe tempo di convertirsi completamente in alcool. Mentre la birra fabbricata in tal modo può durare per due anni, quella che da noi si fabbrica con poca cura s’inacidisce dopo qualche mese.