Trattato completo di agricoltura/Volume I/Vinificazione/13
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del sidro, ossia del vino di poma e pera.
§ 559. Il sidro è il sugo fermentato delle poma e delle pere. Ora dunque proviamo come si possa ottenere una specie di vino con questo sugo.
§ 560. Voi sapete che per avere dell’amido nei vegetali è necessaria una temperatura generalmente superiore a 13°; sapete che vi sono dei frutti carnosi (pesco, poma, pera, uva, ciliegio, ecc.), i quali contendono degli acidi vegetali, che s’appalesano col sapor acidulo ai quei frutti; sapete che questa asprezza, sebben naturale a qualche frutto, pure diminuisce quanto più il frutto è maturo, e quanto più cresce in clima caldo, ossia quanta maggior somma di calore avrà potuto ricevere, finalmente sapete che la diminuzione dell’asprezza di questi frutti proviene dall’azione ch’esercitano gli acidi dei frutti sull’amido pure in essi contenuto.
L’azione prolungata e riunita degli acidi e del calore sull’amido lo convertono in zuccaro; e perciò il sugo de’ frutti naturalmente acidi, o perchè siano acerbi, può farsi più dolce sotto l’influenza del calore. Oltre all’osservazione generale che il clima quanto più è caldo, altrettanto diminuisce l’asprezza dei frutti, potete averne una prova, che ammucchiando questi frutti e lasciando subir loro una leggier fermentazione, si dice che maturano, perchè il loro sugo divien più dolce. I frutti esposti al calor solare, a quello del forno, o cotti in qualunque modo ci si presentano assai più dolci di prima. Insomma di queste prove ne avete sott’occhio quasi ad ogni istante.
Or bene, la fabbricazione del sidro è appoggiata a questo principio. Infatti noi non abbiamo, come nell’uva, una parte zuccherina già preparata, che, col mezzo della fermentazione, ci fornisca un liquido alccolico. Per avere il sidro abbiamo dapprima bisogno di sviluppare il principio zuccherino nel sugo acidulo delle poma e delle pere, onde ottenere in seguito un liquido alcoolico.
§ 561. Ecco adunque come si procede alla fabbricazione del sidro, sia tutto di poma, sia di sole pera, sia misto d’ambedue i frutti. S’infrange il frutto sotto una macina in legno, in modo però da non ischiacciarne i semi, che darebbero un sapor disgustoso; durante questa macinatura s’aggiungono 10 o 15 parti d’acqua per ogni 100 di poma. La polpa macinata si ripone in mucchio entro un tino, e si abbandona a sè per 24 ore. In questo frattempo, per la disaggregazione, la polpa subisce una fermentazione, la quale, e pel calore che vi aumenta e pel processo medesimo delle successive alterazioni, sviluppa le sostanze zuccherine e quel color giallo particolare a questo liquido.
La polpa macerata è sottoposta alla torchiatura, colla quale si ottengono 50 chil. di mosto liquido per ogni 100 di polpa. La parte dura della polpa che rimase sotto al torchio, si torna a macinare dopo d’averla unita ad un quarto circa del suo peso d’acqua, si torchia nuovamente e se ne cava un sidro di qualità inferiore.
Il mosto liquido poi si ripone in cantine entro botti, dove continua lentamente la sua fermentazione, la quale dapprima lo rende dolce, ed in seguito lo fa alcoolico. La botte deve essere perfettamente ricolma, perchè, a guisa del mosto di vino bianco, possa rigettare dal cocchiume la spuma azotata. Fin a questo punto circa il sidro è dolce, avendo avuto luogo piuttosto la conversione del sugo acido in sugo dolce, che la conversione di questo in liquido alcoolico; quindi pub dirsi una bevanda di piacere. Ma dove esso forma la bevanda generale, gli si lascia prolungare e terminare la fermentazione, per cui riesce più spiritoso e di sapor acidulo leggermente amaro. Questa fermentazione dura anche più d’un mese; ed appena rischiarato il liquido, si cava e s’imbottiglia, oppure si mette in piccole botti, onde, per la poca massa, meno facilmente subisca un’ulteriore fermentazione.
In altri luoghi s’usa invece d’ammonticchiare le poma in larghi tini, posti in locali che mantengano una temperatura tra i 10° ed i 12°; per il che si preferiscono le cantine. Per due mesi si lasciano in questo stato, onde per una leggerissima e lenta fermentazione sviluppisi una discreta quantità di materia zuccherina; indi si passano sotto una macina, e la polpa la si lascia macerare per 10 o 12 ore, dopo di che la si torchia, mettendo a parte il liquido spremuto. Il residuo della polpa rimasta sotto al torchio si torna a macinare, poi aggiuntavi acqua la si torchia di nuovo. Nel resto si procede come sopra.
Io però m’attenni al seguente metodo, separando fra loro le due metamorfosi chimiche, cioè l’indolcimento del sugo e la sua riduzione in liquido alcoolico. Io usai di poma fresche, che non avrei potuto conservare nè ammonticchiare, perchè contuse nel raccoglierle; le infransi ben bene, indi le riposi in un tino, dove le tenni compresse col mezzo d’un coperchio mobile, cui sovrapposi un peso proporzionato. Dopo un giorno la fermentazione era abbastanza bene incominciata, ed aggiunsi nel tino tant’acqua che equivalesse al decimo del peso delle poma; quest’acqua sorpassava 0m,05 il coperchio mobile di già introdotto. In poche ore la fermentazione, sospesa per poco, aveva ripreso il suo corso e continuò eguale per otto giorni, variando la temperatura del locale da 8° a 15°. Dopo questo tempo la fermentazione si fece più vigorosa, ed il coperchio veniva innalzato per lo sforzo ascensivo della parte polposa del mosto. Assaggiato il liquido, esso era perfettamente dolce, ma conobbi che la fermentazione alcoolica era pur essa incominciata, e per l’odore istesso che mandava il mosto, e perchè lo sforzo della polpa per ascendere segnava il primo sviluppo del gas acido carbonico, proveniente dall’incominciata scomposizione della parte zuccherina.
Riconosciuto adunque il primo cambiamento chimico, ossia la formazione della parte zuccherina, cavai dal tino la parte liquida, e misi la polpa sotto al torchio; indi riposi tutto il mosto entro una botte tenuta costantemente ricolma, perchè dovendo ivi compiere la fermentazione alcoolica, potesse facilmente rigettare la schiuma. In questa botte la fermentazione alcoolica durò circa un mese, dopo di che il sidro, essendosi rischiarato e divenuto alcoolico, passai a cavarlo.