Trattato completo di agricoltura/Volume I/Del prato/4
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prato stabile irrigatorio.
§ 454. Dove l’acqua non sia abbondante, dove il terreno difficilmente si presti alla produzione spontanea delle erbe pratensi, e dove si voglia ottenere una miglior qualità di erba o di fieno, conviene il prato stabile.
La formazione di questa sorta di prato richiede maggiori precauzioni ed alcune cognizioni indispensabili intorno all’andamento delle acque; e per conseguenza riesce di un dispendio assai maggiore. L’irrigazione e la pendenza devono essere in relazione coll’esposizione, col terreno, e colla disposizione complessiva del fondo. La disposizione e la livellazione deve essere in relazione col livello del fondo inferiore, e col livello del fondo sul quale sì vuol istituire il prato, ossia colla quantità della terra disponibile.
Perciò avanti tutto, a pari circostanza, si dovrà preferire la riduzione del terreno superiore, onde si possano utilizzare le colature, o perchè almeno non vi possano stagnare. Si sceglierà inoltre quel terreno che già per sè presenti una pendenza da mezzodì a tramontana, onde meglio risenta l’azione dei raggi del sole, e perchè minore sia il trasporto di terra. Per poi diminuire questo trasporto, se la pendenza sarà nel senso della minor larghezza, si può dividere il terreno in tre parti, due delle quali s’irrigano con acqua viva e la terza colla colatura. Le due parti superiori possono essere unite o disgiunte fra loro, a seconda del bisogno e del modo d’irrigazione. Se il pendío fosse sensibile, ed in direzione della lunghezza, allora lo si dividerà in due o tre piani di diverso livello.
Sempre però abbisognerà osservare l’altezza dello strato di terra buona, per sapersi regolare negli abbassamenti, e per non essere costretti a mettere il prato sul terreno troppo magro, od a scavare la terra magra per sovrapporvene un poco Prospetto di un prato in terreno di soli 0m,75 di pendenza. di quella buona. A ciò servono gli assaggi fatti in varj punti, con pali di ferro scannellati i quali ci mostrino la successione degli strati inferiori e la loro qualità, se vi sia ii sasso, o grossa ghiaja, o fondo troppo duro ferrettino.
Quando il terreno sia molto piano allora bisogna stabilire la pendenza formando il prato con tante adacquatrici a doppia pendenza. Questa disposizione è sempre la migliore per qualunque prato (fig. 128 e 129).
129
Sezione trasversale d’un prato a doppia pendenza.
La larghezza delle ale dovrà essere da 8m a 12m o secondo la qualità del terreno; minore nei terreni sciolti e dove l’acqua sia scarsa.
La pendenza di 1/60, sarà minore nei terreni sciolti, perchè meglio s’imbevano, e maggiore nei forti, perchè più prontamente asciughino; minore ove l’acqua sia abbondante, maggiore ove sia scarsa; minore dove la ruota è lunga, maggiore ove sia breve.
Avuti i precedenti riguardi, si passa alla riduzione del terreno. Perciò si ara più volte in luglio ed agosto per togliere dal campo le cattive erbe; nei settembre o nell’ottobre lo si divide in quel modo che fu stabilito, rispettivamente alla distanza ed alla direzione delle adacquatrici, e s’incominciano a fare i principali trasporti di terra. Poi, disposte tante paline sulla linea delle adacquatrici, si fa girar loro intorno l’aratro sin che giunga a metà dello spazio fra l’una e l’altra adacquatrice; il qual posto dev’essere occupato dal fossetto colatore. Con ciò s’incomincia a montar le ale, ossia a mandare la terra verso la posizione che deve essere occupata dall’adacquatrice.
Nel principio di primavera, si ara nuovamente e si procede alla giusta livellazione del prato col fissare l’altezza delle adacquatrici, il pendío delle ale, il posto dei fossetti colatori speciali a ciascun’ala, e del fosso colatore che tutti li riunisce.
Supposto sempre che la miglior disposizione d’un prato sia quella a doppia pendenza, in cui l'adacquatrice versa l'acqua su due piani inclinati ed opposti, si procede alla livellazione dell’adacquatrice. Quest’operazione si farà sempre col livello a bolla d’aria o ad acqua, perchè con questo istrumento facilmente si riconosce la quantità di terra disponibile; e quindi anche la possibilità di un maggiore o minore trasporto di terra.
Allora, se il terreno avrà pochissima inclinazione, si manterrà l’adacquatrice ad un solo livello, altrimenti si disporrà a varie livellette o portate, comunicanti tra loro per mezzo di bocchette. Per ciò si pongono in terra molti picchetti sulla linea dell’adacquatrice, e poi col livello s’incomincia a prendere un’altezza media della porzione superiore, o dell'intero campo; quest’altezza media si fissa o si determina con un picchetto infisso e livellato, e poi si riduce allo stesso livello un certo numero di picchetti della parte superiore o più alta, in modo che la terra che sopravanza da questi sia sufficiente a ridurre allo stesso livello un certo numero di picchetti inferiori che resterebbero al di sopra del terreno; quando la terra levata superiormente manca, e non si possa più innalzare il livello degli inferiori, si passa a prendere un’altra altezza media del terreno inferiore e così via via sino alla fine del campo. Dal livello poi delle adacquatrici a quello del fossetto colatore deve esservi la voluta pendenza di circa 1/60, ossia sopra una larghezza di metri 12 vi saranno centimetri 20 di pendenza. Il fossetto colatore deve avere una pendenza continua per smaltire opportunamente le colature sino alla fine del prato.
Disposta la terra a piano inclinato fra il livello dell’adacquatrice e quello del colatore, si concima, si vanga e si semina, come si fa per la spianata, con avena, oppure con sole sementi da prato. Ma volendosi in questo caso avere una qualità d’erba migliore, giova assai spargervi, unitamente alla lojessa ed al trefoglio, molto fiorume o bulla di fieno maturo d’altri prati. Il miglior fiorume è quello del fieno agostano, ossia del 2.° taglio, perchè è sempre il più maturo. È buona anche la bulla che si raccoglie nelle mangiatoje, o presso i fienili ove si carica e scarica il fieno.
La semente si ricopre di terra per mezzo di un rastrello, col quale si procurerà di appianare più che si può il terreno, che poi con un rullo o borlone pesante di sasso si comprime ed appiana maggiormente.
Quando il terreno sia già buono e non ingombro di cattive erbe, basterà fare i trasporti di terra nell’inverno; ed in primavera colla vanga si fanno le altre più esatte riduzioni. Tutte queste operazioni però esigono che il terreno sia scorrevole.
Nate le erbe si passa ad aprire le adacquatrici rimaste otturate, e che servirono soltanto di rialzo indicatore della livellazione. Nel primo anno non si aprono in tutta la larghezza che si vogliono avere, ma solo quanto basti ad irrigare il prato in caso di siccità. La terra cavata si adopera in parte per aggiustare i cigli delle adacquatrici, detti argini, ed in parte si spande pel prato, ove veggansi delle depressioni. Nell’autunno poi del primo anno, od alla primavera seguente per tempo, queste adacquatrici si allargano e si approfondano alla loro giusta dimensione, come pure si scavano i fossetti colatori; la cotica superficiale levata si lascia presso il margine, perchè serve ad orizzontarlo usando l’acqua stagnante, o che leggiermente debordi, in modo che dappertutto si presenti ad eguale livello del terreno; il resto della terra si spande nelle depressioni fattesi pel cedere ineguale del terreno.
Orizzontati i cigli delle adacquatrici, si lascia che l’acqua debordi con maggior facilità, e si distenda sulle ale defluendo in basso verso il colatore; nel fare questa operazione si dovrà avvertire di togliere quei rialzi e colmare quelle depressioni che tendessero a deviare il corso dell’acqua, lasciando alcune parti asciutte ed altre troppo umide.
La larghezza e profondità di queste adacquatrici e colatori dovrà sempre essere in relazione colla quantità d’acqua che devono trasportare, e colla loro lunghezza. Dove la larghezza delle ale fosse di metri 12, basterà un’adacquatrice di 1m,20, ossia 1/10 della larghezza, e profonda 0m,50, diminuendo questa misura, col diminuire della larghezza delle ale in modo però sempre che l’acqua possa scorrere, perchè un soverchio ristringimento, aumentato dal crescere naturale delle erbe sul fondo e sul ciglio dell’adacquatrice, sarebbe bastante ad opporre un ostacolo al libero andamento dell’acqua.
Disposto il prato, bisogna pensare a dare uno sfogo alle colature, ossia all’acqua che sovrabbonda dopo l’irrigazione. Se il terreno ridotto a prato, dalla sua parte più alta alla più bassa, non avesse che una pendenza di 0m,70, a 0m,80 è certo che le colature dovranno essere tradotte in altro luogo più basso per essere utilizzate. Suppongansi infatti 0m,20 di pendenza dell’adacquatrice maestra all’adacquatrice secondaria; altri 0m,20 di pendenza delle ale, e 0m,20 di profondità e pendenza del fossetto colatore, abbisognerebbero ancora 0m,20 circa per un colatore comune che tutti li riceva e ne trasporti in basso le acque. Ma se la pendenza totale del terreno fosse di 1m,10 a 1m,20 allora le colature si possono utilizzare sull’istesso prato, nella sua parte più bassa. Per ciò, sapendo che le colature ordinariamente servono ad irrigare circa un terzo del terreno, divideremo il prato in modo che formi come tre porzioni, due delle quali, poco più dei 2/3 superiori, sieno irrigate d’acqua viva, e l’altra inferiore, sia irrigata colla colatura delle due prime. L’irrigazione della parte inferiore, per mezzo delle colature, si effettua riducendo ciascun fossetto colatore all’ufficio di adacquatrice detto reciapp (fig. 130,A), oppure riunendoli tutti in un fosso colatore comune che fa le veci d’acquatrice maestra, e dalla quale diramansi le altre adacquatrici secondarie, come si farebbe nella prima suddivisione dell’acqua viva (fig. 131,B).
La prima maniera è la più comoda pei prati 130.
Prato con godimento di colature. irrigui, perchè si è sicuri che la colatura non può andare in altro luogo che nella porzione inferiore; e la seconda meglio soddisfa ad una eguale suddivisione di acqua colatizia, specialmente per la marcita. D’estate poi è 131.
Marcita e prato con colatore comune.di grandissimo vantaggio il poter usare le colature più davvicino che si può alla prima irrigazione, perchè l’acqua resta più calda, più carica di materie fertilizzanti levate alla porzione superiore, e perchè, il decorso essendo breve, l’evaporazione riesce minore; inoltre il pratajuolo o camparo che eseguisce l’irrigazione, più comodamente può invigilare all’andamento dell’acqua viva e delle colature.
Sul modo d’irrigare questi prati non si può indicare una regola costante, dipendendo tutto dalla loro speciale situazione e disposizione, solo dirò che nell’introdurre l’acqua nelle adacquatrici secondarie, non se ne deve introdurre una quantità maggiore dell’occorrente, per non consumarla inutilmente a danno dei cigli delle adacquatrici, e per non produrre un soverchio raffreddamento e dilavamento delle ale. Quando l’acqua sia abbondante si apra piuttosto contemporaneamente l’adito a due o tre adacquatrici di seguito. L’acqua sulle ale non deve scorrere troppo rapida perchè meglio ne restino imbevute. Giunta l’acqua presso il colatore si deve toglierla ad una adacquatrice per aprirle l’adito in un’altra; oppure, se l’adacquatrice sarà a varj piani o portate, la si lascerà defluire nella portata più bassa. Quando però la colatura serve immediatamente alla porzione inferiore del prato, si dovrà aver cura che questa riesca sufficiente anche nei momenti di grande siccità, ossia abbisogna trattenere per maggior tempo l’acqua viva nella porzione superiore onde dar luogo ad una maggior quantità di colature.
Non si dovrebbe poi irrigare nei due o tre giorni che precedono il taglio dell'erba per non ritardarne il disseccamento, e per non inumidire e render molle di troppo la cotica, cosa che farebbe più difficile ii trasporto del fieno, e che lascerebbe troppo profonde solcature nel terreno. Dopo raccolto il fieno invece s’irrighi subito il prato e possibilmente di notte, acciò non asciughi rapidamente. Come pure, nei prati appena concimati, si dovrà usare una lentissima irrigazione, capace soltanto d’inumidirli ed in modo quasi da non far colature, singolarmente se queste andassero sopra fondo altrui.