Trattato completo di agricoltura/Volume I/Del prato/13

Erba medica

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erba medica.

§ 469. La medica offre alcune varietà: vi ha quella a fior giallo, detta cavallina; vi ha l’arborescente o citiso degli antichi; vi ha quella a fior bianco, e quella a fiore ceruleo-violetto. La miglior qualità è l’ultima a fiore ceruleo. Questa pianta ci proviene dalla Media; provincia dell’Asia, d’onde forse il nome di Erba medica; dapprima fu introdotta nella Grecia, poi in Italia dove prese gran voga presso i Romani, i quali l’introdussero nella Francia meridionale. Dopo qualche tempo fra noi andò in dimenticanza, ma sul finire del secolo scorso ed al principio di questo andò invece sempre più diffondendosi nel Belgio, nell’Inghilterra e nella Francia. In questi ultimi tempi venne ancora coltivata estesamente in Italia, e singolarmente nella Toscana, nel Piemonte e nella parte asciutta della Lombardia.

Ben è vero che dapprincipio per una sistematica avversione a qualunque novità, il contadino difficilmente si adattò a coltivarla, oppure forzato a coltivarla non la curò, e la fece quasi a bella posta andar a male per mostrar e d’aver ragione in faccia agli altri: ma col tempo, come avvenne del pomo di terra, ne riconobbe il grandissimo vantaggio, ed ora invece se la prenderebbe con chi gliene proibisse la coltivazione.

Imparate adunque che non si deve mai fare una cieca opposizione a qualunque novità o miglioramento che venga proposto; provate se volete convincervene, ma non rifiutate la prova. Credete voi che non si possano coltivare altri grani, [p. 462 modifica]altre piante fuor di quelle che ora si coltivano? E questi grani, e queste piante vi furono forse sempre in Italia, in Lombardia? No. E senza andar tanto lontani, anche il riso, la fraina, la patata, la robinia, il gelso e tant’altre piante vennero da non molto tempo introdotte dall’Asia o dall’America nella nostra agricoltura, e vedete di quanto vantaggio riescono; perchè dunque fare addirittura il brutto viso ad altri grani, ad altre piante che vi si consigliassero di coltivare, e che continuamente verrebbero ad accrescere la varietà de’ nostri prodotti? State sicuri che nessuno ha voglia di rovinar sè stesso, col far danno agli altri. Provate insomma, e con diligenza, prima di dire questo conviene e questo non conviene.

Si diceva che la medica era dura, poco nutriente e che produceva nel bestiame la gonfiezza di ventre; provata diligentemente si trovò invece che non solo dà un prodotto maggiore di qualunque altro foraggio, ma che tagliata nel primo fiorire, è tenera, sostanziosa, e produce la gonfiezza meno facilmente del trifoglio tagliato verde.

§ 470. La medica resiste anche ai nostri estati più caldi ed asciutti e soffre meno il freddo del trifoglio. Essa ha una radice lunghissima, quasi sempre unica, priva di suddivisioni laterali, e si approfonda nel terreno anche a più di un metro; generalmente in un terreno profondo e sciolto, in due anni la radice sorpassa il metro di lunghezza.

Questa maniera di mettere le radici della medica, e la sua composizione che abbonda di calce e di potassa (pag. 93), ci indica che il terreno migliore per questa pianta dev’essere il sciolto, calcare argilloso, assai profondo. Nel terreno sabbioso non troverebbe i principj opportuni, e nell’argilloso avrebbe un ostacolo all’estendere le radici, anche per la troppo frescura ed umidità che mantengono questi terreni a qualche decimetro sotto la superficie. Del resto il terreno sabbioso si potrebbe correggere coll’argilla, e l’argilloso coll’abbondante aggiunta di calcinaccio, ossia avanzo del cemento di fabbriche demolite. L’erba medica quando sia coltivata con cura, e nel terreno che le convenga, può durare dai 15 ai 20 anni.

§ 471. La buona o cattiva riuscita della medica dipende inoltre dalla qualità del seme, dalla preparazione del terreno e dalla cura e concimazione che le si prodigano.

Il seme perchè sia buono dev’essere di color giallo-oscuro, pesante, lucido, non raggrinzato, e schiacciato mostri umida la sostanza interna. Spesso con questo seme va unito quello [p. 463 modifica]del grongo o gringo (fig. 141), il quale nascendo assieme e facendo in breve spessissime 141.
Grongo con fiore ingrandito.
e fine ramificazioni presso terra, finisce col soffocare la medica circostante. Il seme del grongo può essere separato, siccome più piccolo, mettendo il tutto sur un setaccio che possa trattenere i semi della medica, lasciando passare quelli più piccoli del grongo; meglio ancora sarà procurarsi il seme ne’ proprj campi, dalla medica che fiorisce in primavera, quando però sia già seminata da due anni. La quantità di granelli occorrenti per seminare un ettaro di terreno è di chil. 9,00, che si mescolano a cenere o sabbia fina, onde aumentarne il volume, e suddividerla e spanderla più equabilmente.

§ 472. Il perfetto lavoro del terreno è poi una condizione indispensabile alla buona riuscita; esso deve lavorarsi ripetutamente e profondamente in luglio od in agosto per mondarlo delle cattive erbe; poi ancora in autunno, lasciando intatte le zolle, le quali si disgregano e polverizzano coll’acqua, col gelo e coll’aria durante l’inverno. In primavera si deve concimare abbondantemente con letame piuttosto grosso, indi sulla fine di febbrajo si ara nuovamente molto profondo, poi si erpica, si semina l’avena, e finalmente la medica, la quale si ricopre col rastrello, uguagliando ben bene la terra.

Un lavoro alquanto dispendioso, ma che certamente è compensato dal maggior prodotto, è quello di far passare in primavera tutta la terra per la profondità di un metro. Per rare questa operazione s’incomincia dal fare un fosso largo 1m da una parte qualunque, profondo pure 1m, indi si fa passare tutta la terra a questa profondità, togliendone le radici delle erbe cattive ed i sassi, lasciando piuttosto al di sopra la terra meno buona, che per mezzo dell’aria, del lavoro e della successiva concimazione si farà buona anch’essa. Durante questa operazione vi si potrà mescolare buona quantità di concime grosso, frantumi di legno, oppure quei materiali che valessero a correggere la cattiva qualità dei terreno, come sarebbe la [p. 464 modifica]sabbia ed il calcinaccio nei terreni argillosi, o l’argilla in quelli troppo sabbiosi.

§ 473. Preparato il terreno in un modo o nell’altro, e provvisto dell’opportuno concime, si passa alla semina della medica, la quale siccome dapprincipio potrebbe soffrire l’ardore del sole, si suole unirla all’avena: seminando cioè prima l’avena sul terreno accomodato grossolanamente, e poi la medica dopo un’erpicatura, coprendola in seguito con rastrello di ferro.

Se la stagione riesce piovosa ed umida, e quando si veda che la medica siasi bastantemente rafforzata, si potrà tagliare avena e medica ancor tenere come foraggio, e lasciare che in seguito la medica cresca sola. Ma se la stagione sarà asciutta e calda, sarà meglio permettere che l’avena maturi, onde dar tempo alla medica di rinforzare maggiormente le radici. Maturata la biada, se la stagione è ancora asciutta si lasceranno le stoppie che la difendono dai raggi solari troppo cocenti; se invece il terreno o la stagione siano umide, si potranno tagliare le stoppie, e lasciar crescere da sola la medica.

Nel seminare la medica non è conveniente il gettarla troppo fitta, perchè i di lei ceppi col tempo si soffocherebbero a vicenda; nè conviene per la stessa ragione unirvi semi d’altre erbe.

§ 474. La concimazione si farà in inverno, ed il miglior concime sarà quello che in maggior copia contiene i principj di cui ella stessa è costituita. Voi sapete, dall’analisi che vi ho data a pag. 93, che in essa predomina la potassa, la calce e l’acido fosforico che ne costituisce i fosfati; e perciò intenderete come il gesso (solfato dì calce) ed il calcinaccio, esercitino una azione così vantaggiosa sulla medica, somministrando ambedue calce, e favorendo le combinazioni azotate. Il nero delle raffinerie somministra in abbondanza i fosfati; le ceneri forniscono potassa e calce. I rottami di legno, che vi ho indicato di unire al terreno quando lo si prepara, servono non solo a renderlo più soffice e permeabile alle radici; ma eziandio ad arricchirlo di potassa e di calce, singolarmente se il legno fosse di gelso o di vite. Nè sarà da trascurarsi il concime da stalla ben minuto, ed anche il grossolano, allo scopo di meglio difendere la cotica dal freddo e d’avere una più pronta vegetazione in primavera, levandone in questa stagione dapprima col rastrello le parti grossolane. Il gesso, le ceneri, ed anche la fuliggine si possono spandere in principio di primavera, ed anche dopo il primo taglio. [p. 465 modifica]

§ 475. Colle cure che vi ho indicate voi avrete una prateria che vi durerà per quindici anni, od anche più, se ogni anno procurerete di levare a mano tutte le cattive erbe che vi crescessero, e se non permetterete al bestiame di pascolarvi; perchè il ceppo della medica, essendo molto superficiale, ne riceverebbe un danno grandissimo.

Nel primo anno si avrà un taglio misto a stoppia ed un taglio di sola medica; nel secondo quattro tagli; nel terzo e successivi, sino al decimo o dodicesimo, da sette in otto tagli verdi. In seguito torna a diminuire di prodotto. Ho detto tagli verdi, perchè il vantaggio maggiore che si può ritrarre dalla medica è quello di tagliarla tenera appena che incomincia a mettere il fiore o poco prima. Quando la si possa irrigare, o che l’estate sia caldo e piovoso si ponno fare anche nove tagli.

Ogni ettaro può dare quintali 675 circa di erba, che a Fr. 1.50, sarebbero Fr. 1012.50, dalle quali, deducendo 1/4 per le spese, rimarrebbero Fr. 759.38 di prodotto netto, prodotto superiore a quello della marcita, avuto anche riguardo al nessun capitale consumato in acqua.

La medica è un ottimo foraggio pei cavalli, buoi e vacche, anche consumata verde; avvertendo però che, quando vuolsi che serva pei cavalli e buoi, dev’essere un poco più matura, che non quando vuolsi convertire pel mantenimento delle vacche, alle quali quanto più si darà tenera sarà meglio, perchè produrranno maggior quantità di latte. Pei cavalli e buoi si usa anche di lasciarla appassire un poco al sole, prima di darla a mangiare.

Quasi mai conviene far seccare questo foraggio, perchè perde troppo facilmente le foglie, e perchè, se dopo tagliato venisse colto da cattivo tempo, presto ammuffirebbe. Inoltre se lo si lasciasse maturare riuscirebbe troppo duro; e se fosse tenero, scemerebbe troppo di peso e di volume. Tuttavia quando se ne abbia in abbondanza, e che lo si voglia conservare per l’inverno, sarà bene tagliarlo nè troppo maturo nè troppo tenero, e farlo soltanto appassire discretamente per poi mescolarlo ad altro foraggio ben secco.

§ 476. Quando si vede che la medica deperisce, si rompe il prato e si dispone per altre coltivazioni, le quali, se saranno bene applicate, riusciranno benissimo, perchè il terreno trovasi migliorato assai, e profondamente, dalle radici che lo hanno diviso, dalle sostanze che servirono di concime, e dagli stessi [p. 466 modifica]avanzi di radici e ceppi che in seguito devono in esso marcire. Inoltre si è trovato che la medica, come il trifoglio e le altre piante consimili, arricchiscono il suolo di azoto assorbito dall’aria durante la loro vegetazione.

Le coltivazioni che ne ritraggono maggior profitto sono quelle della canape, del lino, del melgone e del pomo di terra, ancorchè non si adoperi alcun concime per due anni; dopo queste vi si potrà coltivare anche il frumento e la segale.