Trattato completo di agricoltura/Volume I/Del prato/14

Del trifoglio rosso

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del trifoglio rosso.

§ 477. Il trifoglio rosso era esso pure molto conosciuto dagli antichi, e la sua coltivazione è anche oggidì molto estesa nella Francia, nel Belgio, nell’Inghilterra ed anche fra noi. Questo vegetale desidera un clima ed un terreno più umido che non la medica, perchè manda spesse radici, non però molto profonde. Dura soltanto due anni, e, dopo la primavera del secondo, produce pochissimo, per il che si usa sovesciarlo dopo il taglio di maggio dell’anno seguente alla semina. Esso è utilissimo alla rotazione agraria ed al miglioramento del terreno, perchè ha gli stessi vantaggi e proprietà della medica, quantunque in grado minore.

Il seme è consimile a quello della medica, ma è più tondo e di color più chiaro; anch’esso frequentemente è imbrattato dai semi del grongo, dal quale si separa, come i semi dell’antecedente.

Il trifoglio non esige un terreno lavorato espressamente, perchè non manda radici profonde, e generalmente si usa spanderne i semi sui campi a frumento, soli od uniti al fiorume, alla fine di febbrajo od al principio di marzo. Ma vorrei che si perdesse l’uso di spanderlo sulla neve colla scusa di spanderlo meglio, perchè molti semi vanno a male prima di toccar terra, molti vengono portati via dagli insetti, e molti difficilmente possono germinare, non restando perfettamente ricoperti dalla terra.

In quanto ai tagli del primo anno, ai concimi, alla convenienza di consumarlo verde o secco, ed al modo di voler conservare il trifoglio, servono le stesse norme che vi ho indicate per la medica; fuorchè nel secondo anno dopo il taglio maggengo si deve sovesciare e cambiare la coltivazione del campo, seminando melgone o pomi di terra. Il trifoglio è più [p. 467 modifica]sostanzioso, della medica, ma deve essere appassito di più perchè facilmente produce la gonfiezza di ventre nel bestiame. Talvolta sul finire d’autunno si copre di una polvere biancastra, che è un trasudamento salino prodotto da una alterata nutrizione della pianta, specialmente per mancanza del solvente acqueo, o per impedimento ad assorbirlo e metterlo in circolazione. Allora il bestiame lo rifiuta, o se lo mangia vien preso da una abbondante salivazione spumosa, che può durare per qualche giorno, accompagnata da inappetenza e prostrazione di forze.