Trattato completo di agricoltura/Volume I/Dei terreni/2
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Dei terreni - 1 | Dei terreni - 3 | ► |
stato geologico della valle del po.
§ 190. Siccome poi l’agricoltura non si occupa che del soprasuolo, ossia della parte più superficiale del terreno, così io non vi darò che quelle nozioni che servono a dinotare quale sia stata l’origine della superficie coltivata della valle del Po.
Voi tutti sapete che un’acqua corrente, la quale trascini nel suo corso altre materie e particolarmente materia terrosa, lascia cadere al fondo prima le parti più grosse e pesanti, indi le minori di volume e di peso, poi la sabbia, e finalmente la parte più leggiera che intorbida l’acqua e che consta quasi interamente d’argilla, o creta, la quale si deposita per conseguenza più lontano dal resto.
In questo modo ebbe origine la qualità e la disposizione del terreno che costituisce la gran valle del Po, ossia del Piemonte e del Lombardo-Veneto. Tutti ammettono che questa valle una volta non era che un gran seno del mare Adriatico, circondato dalle Alpi a tramontana e ponente, e dagli Appennini a Mezzogiorno, ed aperto solo a levante, ove ora è Venezia. E ciò sembra assai probabile dal rinvenirsi molti pesci marini pietrificati sulle alture che costeggiano il Po, massimamente a S. Colombano. Il letto, o fondo di questo seno di mare si sarebbe rialzato per le materie staccatesi dalla cima delle Alpi e degli Appennini dietro l’azione del gelo, dell’acqua e dell’aria, e poi dalle pioggie e dai torrenti trascinate in basso e deposte ai loro piedi, sotto forma di frantumi, ghiare ed anche materia terrosa. Epperò la qualità di questi materiali si troverà conforme alla qualità delle roccie costituenti quelle cime che venivano così lentamente decomposte; abbondando la parte terrosa dal lato degli Appennini, ed i ciottoli, le ghiare e le sabbie dal lato delle Alpi. Innalzate così le rive di questo seno, esso andò sempre più restringendosi in larghezza verso la parte di mezzo, ove confluirono i torrenti ed i fiumi che scendevano con nuove materie dalle cime, attraversando il terreno già trasportato in basso, ed al quale levavano sempre la parte più mobile, ossia le ghiare e le argille. E finalmente quel seno di mare veniva così mano mano riempiendosi, conservando soltanto una corrente d’acqua dolce nel pezzo che ora chiamasi il Po. (Vedi la carta annessa).
§ 191. Per quanto vi ho detto facilmente intenderete come la nostra valle debba essere a ponente ed ai lati di tramontana e mezzogiorno circondata da alti monti ed aperta verso l’Adriatico, con una doppia pendenza, una verso la parte di mezzo, cioè verso il Po, ed una generale verso il mare. I monti più alti saranno formati di nudi ed interi massi, ed i più bassi, ovvero le loro diramazioni, dalle materie più grosse distaccatesi dai primi: e queste diverranno sempre più piccole e miste a materia terrosa più sottile quanto più ci avvicineremo alla pianura, la quale poi sarà composta di ghiaje più o meno grosse, od anche di sabbia fina o di argilla verso lo sbocco dei fiumi, poichè questi, rallentando il loro corso, lasciano depositare anche le materie più leggiere.
La parte poi più superficiale che noi coltiviamo, e che perciò chiamasi terreno vegetale, risulta dalla decomposizione dei ciottoli, frantumi e ghiare operata dall’aria, dall’acqua e dal gelo. Essa è in alcuni luoghi mista con argilla o sabbia, ed in altri costituita da puri depositi argillosi.
Oltre poi alla materia terrosa, coll’andar del tempo, si sarà formato un deposito di humus proveniente dalla decomposizione dei vegetali che pei primi naturalmente crebbero su quel terreno.
Per miglior intelligenza di quanto vi ho detto, credo di unirvi un prospetto ideale della parte più superficiale del terreno della valle del Po.
§ 192. Ora è bene che abbiate qualche notizia sul gran fiume, detto Po, che occupa il centro della valle e che riceve le acque che scendono dal versante di levante e mezzogiorno delle Alpi, e da quello di tramontana degli Appennini.
Il Po nasce sul monte Viso; sceso, serpeggia ed attraversa quasi tutto il Piemonte, costeggia a mezzogiorno tutto il Lombardo-Veneto, ed infine si getta nel mare Adriatico tra Chioggia e Comacchio. A sinistra, corso d’acqua, riceve 12 fiumi: la Dora Riparia, la Stura, l’Orco, la Dora Baltea, la Sesia, l’Agogna, il Terdoppio, il Ticino, il Lambro, l’Adda, l'Ollio ed il Mincio. A destra ne riceve 20, cioè i fiumi Vraita, Maira, Grana, Tanaro, Scrivia, Curone, Stáffora, Tidone, Trebbia, Nure, Chiavenna, Arda, Ongina, Parma, Enza, Cróstolo, Secchia e Panaro.
Quanto grande è la quantità delle acque che riceve, altrettanto grandi sono i due effetti che esercita sul terreno nel quale percorre, cioè la corrosione delle sponde, ed il deposito di materie terrose, sì nel proprio letto che sul terreno occupato dalle piene.
La corrosione succede nel crescere delle piene, e talvolta vengono tolte alle sponde alcuni ettari di terreno. Le maggiori piene del Po si elevano sopra il livello della massima magra da 7 sino a 9 metri presso Ostiglia, poi l' altezza diminuisce per la chiamata delle acque nel mare. Le piene ordinarie si elevano da 5 a 7 metri sul livello della massima magra. Ad impedire i terribili effetti delle piene, sino dai tempi degli Etruschi, furono fatti degli argini lungo le sue rive, e nel 1300 si pose mano a ristaurarli. A destra gli argini cominciano tra lo sbocco dell’Olona e dell’Adda, indi cessano, e dopo le alture di Farisengo comincia il grand’argine che va sino al mare. In molti luoghi vi sono più argini a diversa distanza fra loro, attraversati da alcuni altri onde restringere l’inondazione in caso di rottura di qualcuno di essi.
Il deposito delle materie terrose è di varia qualità e quantità, a seconda della rapidità del suo corso, della sua vicinanza alla sorgente, e della qualità delle acque immesse dagli altri fiumi, il che può variare a norma della qualità dei terreni che questi attraversano. Per il qual riguardo può dirsi che i fiumi provenienti dall’Appennino conducano argilla, e quelli delle Alpi ghiaja e sabbia; ed in quanto alla loro distribuzione, nel primo terzo, dalla sorgente sino allo sbocco del Ticino, il letto del Po è ghiajoso; più avanti, ov’è lo sbocco dell’Adda, la ghiaja è piccola e mista a molta sabbia, e questa diviene sempre più fina, scendendo, sino a tanto che dà luogo all’argilla pura. In tal maniera può facilmente intendersi la qualità del terreno anche a molta distanza dal Po, e la sempre crescente fertilità di esso dallo sbocco del Ticino sino al mare Adriatico. La quantità media della materia che questo fiume trasporta annualmente al mare è maggiore di 40 milioni di metri cubi, trasportando una parte di terra ogni trecento d’acqua. Nella sola piena del 1839 avrebbe tradotto al mare stando a questa proporzione, più di 110 milioni di metri cubi di terra, ossia quanto una collina che fosse larga come la città di Milano dentro il naviglio, ed alta 36 braccia più dell’aguglia del suo Duomo.
Il Po, durante la magra, è largo da 100 a 200 metri; ordinariamente lo è da 200 a 400, e nelle piene può dilatarsi per un’estensione anche maggiore di 1500. La portata, ossia il deflusso medio del Po è di 2 milioni e mezzo di metri cubi d’acqua per ogni minuto primo, il che corrisponde a circa quarantaquattro milioni di ettolitri per minuto; vale a dire dieci volte il deflusso dell’Adda, sette volte quello della Senna in Francia, ed un poco più di quello del gran fiume Reno in Germania.