Tignola/Atto Terzo
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ATTO TERZO.
La medesima bottega del primo atto. L’ordine dei libri è mutato: come avviene, per la vendita. Sono passati cinque anni circa.
Teodoro Gonnella, al banco, dorme con la testa appoggiata sulle braccia conserte. La porta della bottega è chiusa. Si vede fuori la strada soleggiata. È l’ora in cui si fa la siesta. Siamo alla fine di giugno. — Dopo un istante entra il Battaglia e scorge il libraio addormentato. Si avvicina a lui cautamente e lo tocca sulla spalla, prima piano, poi più forte.
Il Battaglia.
Signor Teodoro!... Signor Gonnella!... Teodoro....
Teodoro
svegliandosi.
Chi è? Ah! siete voi?...
Il Battaglia.
Dormivate la grossa....
Teodoro
sempre fra il sonno, ancora invogliato di dormire. |
La grossa?!
Il Battaglia.
Vi potevano svaligiare la bottega.
Teodoro
svegliandosi un po’ più e poi lentamente riaddormentandosi e masticando come un cane insonnolito. |
I libri nessuno li ruba, caro professore. Non li vogliono nemmeno regalati. Provate a tirare un libro dietro un cane.... Non si volta nemmeno ad annusarlo....
Il Battaglia.
Ma l’uomo non è un cane....
Teodoro.
Peggio.... Peggio....
Si riaddormenta.
Il Battaglia.
Fa caldo, oggi. Siamo ancora di giugno; ma par d’essere di agosto. Roma arde. Fortunatamente l’Università è chiusa per il solito sciopero e i disordini di alcuni forsennati.... Ah! i miserabili! Ieri uno studente di medicina declamò fra la gazzarra generale la settantesima delle mie Odi Civili; e quei versi che esaltano l’agricoltura e il bel simbolo di Curio Dentato non valsero a calmare quegli sciagurati. Si udì qualcuno gridare che mi fosse data la vanga e tolta la penna.... Miserabili!
Teodoro
alle grida di Battaglia si desta di soprassalto. |
Che c’è?
Il Battaglia.
Indegni della patria!
Teodoro.
Ma, voi, non avete sonno?
Il Battaglia.
Io non dormo mai!
Teodoro.
Eppure, dopo pranzo, un sonnellino è una delizia.... Io me lo godo più che un litro di vino dei Castelli.... E, cosa strana, vedete.... io dormo sempre di là nella retrobottega.... Le mosche mi svegliano ogni poco.... ed io le caccio, così.... E mi riaddormento.... E ogni volta che le mosche mi svegliano, in fondo, ci godo; perchè mi fanno sentire il piacere del sonno... Non ci avete mai fatto caso?
Il Battaglia
badandogli poco.
Te felice, Teodoro!
Teodoro
lo guarda.
Ho bell’e capito, oggi non si dorme.... Ah!...
Si alza e si stira.
Professore, stamani ho venduto quasi un centinaio di libri vostri....
Il Battaglia.
Si avvicinano gli esami, e tutti si affrettano a comprare il mio trattato di filosofia.
Teodoro.
Nemmeno per sogno! Di quello là, se non gli date una cambiatina, non se ne vende più: gli studenti nuovi adoperano i libri vecchi.... le altre Università non lo vogliono....
Il Battaglia.
Che cosa avete venduto, allora?
Teodoro.
Tutti chiedevano il libro delle vostre Odi Civili, contenente la poesia a Curio Dentato....
Il Battaglia.
Ah, fanno dunque ammenda della loro colpa!
Teodoro.
Dev’essere allegra quella poesia, oppure un po’ salata.
Il Battaglia.
Perchè?
Teodoro.
Perchè tutti ridevano.
Il Battaglia.
Ridevano?
Teodoro.
Già! Voi dovreste farmi un libretto di versi allegri per gli studenti. Quando ero giovane io, si leggevano quelli del Batacchi.... Su quel genere, ecco.
Il Battaglia.
Che debbo sentire! Che debbo sentire!
Teodoro.
Ma perchè siete così arrabbiato se i vostri libri s’incominciano a vendere.... Ma non siete mai contento, voi!
Il Battaglia.
È vero: i lettori onesti avranno modo di scorgere il bello. Degli altri non mi curo.
Teodoro.
Ecco.... Benissimo!
Il Battaglia.
Ma, ditemi, perchè siete voi qui, oggi, invece di Giuliano? Dov’è Giuliano?
Teodoro.
Una sorpresa, caro professore! Giuliano oggi festeggia il quinto anniversario del suo matrimonio con mia figlia.... L’aveva tenuto nascosto a tutti, quel furbo.... Ma, a lui non sfugge nulla. A mezzogiorno ha chiamato me e l’Enrichetta e ha detto: Scommetto che non sapete che giorno è oggi.... E, siccome non si sapeva, ce l’ha detto lui.... Allora io sono restato qui in bottega e li ho mandati alla trattoria a fare un po’ di festa. E la prima volta che quel bravo figliolo pranza fuori di bottega.
Il Battaglia.
Oh; se l’avessi saputo gli avrei fatta un’ode civile!...
Teodoro.
Oh, egli è modesto! Lo sapete.... Sono proprio contento di lui....
Il Battaglia.
Bisogna dire che, dopo quella sua scappata, egli ha veramente messo giudizio....
Teodoro.
Ero sicuro che sarebbe diventato un libraio perfetto.
Il Battaglia.
È inoltre un erudito e ormai sa scegliere la buona dalla cattiva dottrina.
Teodoro.
A giorni, aprirà la nuova bottega qui accanto, la sua libreria antiquaria, della quale io non m’intendo affatto; ma scorgo però che potrà darci eccellenti guadagni.
Il Battaglia.
Bisogna essere colti per quel commercio.
Teodoro.
Giuliano ha comprato dei libri vecchi per quattro soldi; e li rivenderà per cento lire. È una perla quel ragazzo.
Il Battaglia.
In verità, è cambiato da capo a piedi.
Si vedono comparire dietro i vetri della porta, Giuliano e l’Enrichetta. |
Teodoro.
Eccoli!
Giuliano ed Enrichetta entrano.
Giuliano
è cambiato interamente; pare invecchiato di quindici anni. Non porta più baffi; il volto l’ha giallognolo e flaccido; la persona un po’ curvata; ha gli occhiali a stanghetta; indossa un taitte alquanto logoro, calzoni larghi, cappello duro e ben calcato sugli occhi: la cicatrice della famosa sciabolata gli segna sempre il viso. |
Enrichetta
è rimbellita. Ha un vestito semplice da sposina borghese e un cappello civettuolo, di paglia, abbassato sugli orecchi da un bel nastro di colore smagliante, che, sotto la gola, le fa un fiocco che le illumina il visetto. |
Teodoro.
Evviva gli sposi!
Il Battaglia.
Mille auguri, in questo giorno memorando!
Enrichetta.
Grazie! Grazie!
Giuliano.
Tanto memorando che ci volevo proprio io, per rammentarmene.
Enrichetta.
Eh, via!... Una dimenticanza.... Che caldo, papà!
Si scioglie il cappello.
Giuliano
si leva il suo cappello e lo porge ad Enrichetta; è un po’ calvo. |
Bambina, portami la berretta.
Enrichetta.
Ma perchè vuoi tener la berretta con questo caldo?... Ti fa male. Non vedi che resti pelato?...
Giuliano.
Quando sarò pelato, basterà che ripercorra gli studi che ho fatto e ritroverò, fra le pagine dei libri che ho letto, tutti i miei capelli....
Il Battaglia.
Ben detto!
Enrichetta.
Per me, faccia come vuole....
Esce per pigliare la berretta e porta con sè il cappello di Giuliano. |
Giuliano
al Battaglia.
Bisogna studiare e studiare, per dimenticare sè stessi, per ismarrirsi in laberinti innumerevoli....
Il Battaglia.
È vero. Ma un giorno, quando ti sarai fatto un criterio preciso, un sistema, come me, non studierai più....
Giuliano.
Oh, non ci arriverò mai....
Rimane pensoso.
Teodoro.
Il professore invece c’è arrivato.... Da quando non vuol più cambiare opinione, il suo trattato di filosofia non si vende. Ha bisogno di un’altra studiatina?...
Il Battaglia
a Teodoro.
Ma siete implacabile, voi....
Teodoro.
Finirete col darmi ragione!...
Enrichetta
ritornando.
Ecco la berretta.
La porge al marito che, assorto, non la vede; allora glie la mette in capo. |
Sei nelle nuvole?
Giuliano
accorgendosene.
Ah....
Teodoro.
Sentite, figlioli: Giacchè siete tornati, io vo a pigliare un caffè. Questo mangiare in bottega non è più per me. L’ho tutto sullo stomaco. Arrivederci, professore.
Gli dà la mano.
Arrivederci....
Quando è sulla porta:
Professore, ripensi a quelle poesie giocose per gli studenti.... Creda, non è un’idea da buttarsi via....
Esce.
Battaglia
si agita furibondo.
Enrichetta
a Giuliano.
Senti; tu resti in bottega: io vo di là, c’è più fresco.... Se hai bisogno, chiamami....
Giuliano
avviandosi verso il banco.
Sì.... sì!
Enrichetta.
Arrivederla, professore.
Esce.
Il Battaglia.
Arrivederci.
Giuliano.
Professore, venite un po’ qua a sentirmi, voi che siete un filosofo e un poeta.
Il Battaglia
si avanza e siede in faccia a Giuliano. |
Parlate, parlate: io ho per voi un affetto fraterno....
Giuliano
dopo una pausa.
Stamattina, dopo cinque anni di matrimonio.... mi son fermato a lungo davanti allo specchio.... E mi guardavo con curiosità. E dicevo fra me: Eppure se incontrassi un uomo come quello sarei imbrogliato a giudicare la sua età.... È giovine? È vecchio? Che opinioni ha? È felice? È infelice? È difficile rispondere a tutto questo, guardandomi, come sarebbe difficile spiegare perchè io, davanti a un’edizione delle poesie del Chiabrera, per esempio, non sia meno commosso che davanti a una copia della Divina Commedia. Voi non sapreste spiegarmelo.
Il Battaglia.
In verità mi stupisco. Mettere insieme un mediocre lirico come il Chiabrera, col divino poeta.... è troppo.... Tu avrai nel capo una gran confusione.
Giuliano.
No: perchè io non ho preferenze. Io non giudico, adoro; io non mi esalto, rispetto. Mi spiego. Se voi entrerete in un cimitero, son certo che resterete commosso dinanzi alle tombe dei patriotti, degli artisti e che so io..... mentre non baderete quasi affatto alle tombe degli umili ignoti che non hanno monumenti, ma una semplice lapide. Invece, se in quel cimitero entra un povero fraticello, di quelli in buona fede, il suo pensiero e la sua pietà abbracciano tutti in uno, senza distinzione. Così sono io fra i libri, cioè fra le idee, fra i sogni, fra le utopie.
Il Battaglia.
Questo è molto semplice; ma non è umano....
Giuliano.
Già. E appunto per questo, io, stamani, guardandomi allo specchio, ho conchiuso col dire: Ma quello là è un uomo o pare un uomo.... La verità è questa, che io sono ora come una mandorla privata della sua sostanza amara. In pratica sono quel che si chiama un buon diavolo: in teoria sono un uomo senza passioni....
Il Battaglia.
Mi accorgo che in fondo tu hai dell’ingegno! Ma dimmi un po’: quando, diversi anni fa, lasciasti la libreria e ti desti alla vita del libertino, che cosa pensavi allora?
Giuliano.
Eh! Non me ne ricordo più....
Battaglia.
Ma tu avevi un’amante.... una bella donna....
Giuliano.
Non ne parliamo.
Entra in bottega un Avventore.
Avventore.
È vecchio, con occhiali d’oro: il tipo nordico dello studioso. |
Buon giorno!
Il Battaglia.
Addio, Giuliano. Vo via perchè non vorrei incontrarmi con qualche studente.
Ad alta voce, per farsi ben sentire.
So che la vendita del mio libro è addirittura strabocchevole. Addio.
Esce pomposamente.
Avventore
dopo aver osservato il Battaglia: a Giuliano. |
È uno scrittore, quel signore?
Giuliano.
Sì; è Aristide Battaglia.
Avventore
fa un gesto come per dire; non lo conosco. |
Giuliano.
Autore dei dieci volumi delle Odi Civili, e di un trattato di filosofia in tre libri. È professore alla Regia Università.
Avventore.
Ho capito! Non è il mio genere.
Giuliano.
In che posso servirla?
Avventore.
Avrebbe una copia dell’Aphrodite di Pierre Louys, illustrata?
Giuliano.
Sì: ne ho tre copie: le serbo perchè diventeranno rare; ma una posso cederla. Il signore si diletta di letteratura un po’ scollacciata?... Parli pure. Il vero libraio deve essere segreto come il confessore.
Avventore.
Sono collezionista di libri amorosi.
Giuliano.
Anche antichi?
Avventore.
Anche antichi. Ne ho qualche centinaio.
Giuliano.
Allora, signore, ella non poteva capitar meglio. Io ho una vera libreria antiquaria che presto aprirò al commercio.
Avventore.
Perbacco! È una bella notizia. Io debbo partire fra due o tre giorni e non tornerò a Roma che l’anno prossimo.
Giuliano.
Oh, ma io le farò vedere le rarità che la interessano.
Avventore.
Benissimo!
Giuliano.
È forse tedesco il signore?
Avventore.
Sì!
Giuliano.
Parla così bene l’italiano che non si direbbe.... Oh, i tedeschi; che studiosi!
Avventore.
È vero: gl’Italiani amano troppe cose per avere la pazienza ed il tempo di essere dei veri studiosi.
Giuliano.
Per questo, vede, io, fra gli Italiani, sono una rarità.
Avventore.
Benissimo! L’anno prossimo diventeremo amici.... Ma intanto, mi dica, quali rarità possiede del mìo genere.
Giuliano
con vero fanatismo.
Ho un libro stampato a Venezia nel cinquecento, senza editore, che s’intitola: Di cento piacevolezze amorose.
Avventore.
Non lo conosco. È illustrato?
Giuliano
timidamente.
È illustrato....
Avventore.
Al vero?
Giuliano.
Vede.... secondo come s’intende il vero e le sue proporzioni. A me paiono esagerate.
Avventore.
Benissimo! In quel genere non si esagera mai.... Fatemi presto vedere.
Giuliano.
Subito. Bisogna però che lasci qualcuno in bottega.
Si avvicina alla porta di destra e chiama forte: |
Enrichetta, Enrichetta!...
Avventore.
Voi avete moglie?
Giuliano.
Sì signore.
Avventore.
Strano!
Giuliano.
Perchè?
Avventore.
Gli studiosi come voi non devono aver moglie....
Giuliano
con espressione furbesca.
Ma, vede, con la moglie ho sposato la libreria....
Avventore.
Conosco un libraio di Lipsia che è come voi: anche lui ha moglie; ma è lo stesso che non l’abbia, tanto è occupato nel suo lavoro. Lo conosco bene: sono amico intimo....
Giuliano.
Ah.... Ah!... Lei scherza....
Enrichetta
apparisce un po’ turbata e lievemente scomposta. |
Giuliano.
Guarda alla bottega, mentre io fo visitare al signore la libreria. Mi sembri un po’ rossa....
Enrichetta.
Dormivo!
Avventore.
Molto colto suo marito, signora!
Enrichetta.
Anche troppo!
Avventore.
Anch’io sono colto.... sono specialista.... Diventeremo amici....
Segue Giuliano fissando lei asinescamente. |
Enrichetta
rimasta sola, guarda prima dove si dirigono i due e poi va alla porta: l’apre e mette fuori la testa. Si vede che fa un breve segno a qualcuno; dopo un attimo entra Leone. |
Leone
è un giovane scapestrato studente, di quelli che vanno all’Università dalla provincia, con discreto ingegno e poca voglia di lavorare; allegro e spensierato: è vestito con eleganza a modo suo, che è l’opposto della compostezza e dell’ordine. Calzoni stretti e neri, giacchetta a dadi bianchi e neri; senza sottoveste; camicia floscia e ciarpa svolazzante; pettinatura e cappello degni di un don Giovanni da trivio. Entrando cautamente. |
Non c’è più Tignola?
Enrichetta.
È andato nel magazzino dei libri vecchi con un signore.
Leone.
Sicchè lui va da una parte e noi si sbuca dall’altra. Quella porta di là è una provvidenza. Ma ritornerà subito....
Enrichetta.
Oh, c’è tempo! Prima che abbia fatto vedere le sue.... rarità....
Leone.
Si stava così bene di là, al buio....
Enrichetta.
Qui, ti prego di essere discreto. Io starò qua al mio posto e tu mettiti là. Il banco ci divide! Se viene gente tu farai finta di essere un avventore.
Leone
mettendosi a sedere in faccia a lei. |
Avventore che non paga, però! A proposito: m’hai detto che oggi era il tuo anniversario matrimoniale: tu dovresti farmi un regalo....
Enrichetta.
Oh, questa è bella!...
Leone.
Ti par dunque che io non abbia niente a che fare col tuo matrimonio?
Enrichetta.
Non ischerzare. Quell’uomo bisogna rispettarlo.
Leone.
È vero: se non fosse rispettabile io non potrei mancargli di rispetto.... Però insisto sul regalo....
Enrichetta.
Che regalo vorresti? sentiamo....
Leone.
Si avvicinano gli esami.... e, se non si studia.... specialmente alla Facoltà di Medicina....
Enrichetta.
Vuoi che ti faccia il regalo di studiare per te?
Leone.
No.... Dammi i mezzi per potere studiare.... Mi mancano quasi tutti i libri.
Enrichetta.
Come? O non li hai avuti un’altra volta?
Leone.
Sì, ma li ho rivenduti al tuo marito!
Enrichetta.
E osi richiederli a me? Sei sfacciato, sai!
Leone.
Se non fossi così, tu non mi vorresti bene.
Alzandosi e pigliando la sua mano. |
Via, fammi questo regalo. Farò il mio dovere e passerò all’esame. Vieni più vicina.
Enrichetta.
No.
Leone.
Bada che monto sul banco.
Enrichetta.
Per carità! Ebbene, avrai il regalo.
Leone.
Scusami, sai, se ricorro a questi sistemi; ma che vuoi, sono più asciutto dell’esca. Mio padre mi passa novanta franchi al mese e di questi novanta ne spendo sempre, nei primi quindici giorni, almeno centocinquanta.
Enrichetta.
Però, in compenso, io voglio da te una promessa.
Leone.
Quale?
Enrichetta.
Che tu sia d’ora innanzi più serio. Prima tu facevi certi bei discorsetti, che ora non mi fai più, mi parlavi del tuo paese, della tua famiglia dove non ti trovavi bene.
Leone.
Ah, già, è vero: facevo il sentimentale.
Enrichetta.
Mi piaceva tanto. Ora non fai che scherzare. Qualche volta mi pento d’averti dato ascolto.
Leone.
Tu credi che io abbia smesso di essere serio da quando mi hai dato ascolto?
Enrichetta.
Certo!
Leone.
Nemmeno per sogno! Sono allegro per coprire una verità crudele! Ma ti pare che il nostro amore meriti di esser preso sul serio?!..
Enrichetta.
Mi pare....
Leone.
A me niente affatto! I nostri rapporti si svolgono quotidianamante di là nei magazzini, fra i topi e i libri vecchi, sempre con la paura di essere scoperti. Tu hai troppi scrupoli, e avendone troppi, finisci col far più male che mai.... Ma deciditi a venire a casa mia: è un ultimo piano; ma almeno non è umido! Altrimenti il nostro amore ammuffirà come un vecchio vocabolario che non si sfoglia abbastanza.
Enrichetta.
A casa tua? Ma se mi vedono?
Leone.
E di là, se ci pigliano?! No, no: tu hai troppa paura. Io vivo in un’irritazione continua. Ora fra gli esami e lo spavento rischio di andare al cimitero.
Enrichetta.
Ma la tua padrona di casa mi vedrà....
Leone.
Mettiti un fitto velo: farà effetto anche su lei e mi tormenterà meno.... Un uomo che riceve una donna velata non si minaccia di cacciarlo ogni momento, se non paga l’affitto.
Enrichetta.
Come, non hai pagato l’affitto?
Leone.
Domandami addirittura se sono un milionario!...
Enrichetta.
Se prima non paghi l’affitto, non vengo.
Leone.
Ebbene: fra due giorni avrò le novanta lire e pagherò subito. Al resto provvederemo. Ma verrai allora, eh?
Enrichetta.
Vedremo....
Leone.
Verrai?
Enrichetta.
Sì, verrò.
Leone.
Oh cara!
Gira attraverso il banco e l’abbraccia. |
Enrichetta.
scorge il babbo, nella strada, attraverso la vetrina. |
Ecco il babbo!
Leone.
si scioglie rapidamente dall’abbraccio e ripiglia il suo posto. |
Entra Teodoro.
Leone
volendo parer disinvolto e trovare una scusa. |
Va bene: allora quei libri.... li prenderò domattina: arrivederla, signora....
Quando giunge davanti a Teodoro:
Riverisco.... signor Teodoro!...
Teodoro
fermandolo.
Senti una cosa, ragazzo.... La vedi quella soglia?
Indica quella della porta.
Quando esci di qua, ora, fa conto di averla baciata.... Qua non ci rientrerai più.
Leone.
Ma perchè?
Teodoro.
Zitto!... Fuori!...
Leone.
esce.
Enrichetta.
Babbo....
Teodoro.
Non voglio saper nulla, svergognata!... Se tuo marito non se ne accorge; ci sono io per lui.... e fin che campo, nessuno gli torcerà un pelo, a quel figliolo.... Specialmente tu, sai.... Bada!...
Enrichetta.
Babbo....
Teodoro.
Zitta!... zitta!... Mi preme lui cento volte più di te!... Povero ragazzo.... Abbastanza ne ha avute di amarezze....
Enrichetta.
È vero babbo.... sono stata leggera.... ma lui....
Teodoro.
Basta!... Che non lo sappia!... Che non lo sappia!... Se lo vedessi piangere, mi si spezzerebbe il cuore.... Non se ne sarà accorto, per caso?
Enrichetta.
No, no....
Teodoro.
Era malinconico, oggi.... Temo, capisci!... Svergognata!... Va via!... va di là!... Oh! eccolo.... Non ti far accorgere....
Giuliano entra con l’avventore.
Enrichetta scappa abilmente.
Avventore.
Va bene: quel libro sta per me.... Domani verrò col denaro.
Giuliano.
Stia tranquillo.
Avventore.
Le manderò anche un mio amico tedesco, che fa raccolta di orazioni funebri, e un altro che raccoglie sentenze di morte.
Teodoro
fra sè.
Bella degenerazione!
Giuliano.
Benissimo.
Avventore.
Arrivederci.
Giuliano
accompagnandolo.
Arrivederla.
Teodoro
come per indagare.
Dunque, Giuliano.... Come va?...
Lo piglia per le gote come un bambino.
Giulianino.... Sei contento?...
Giuliano
con malinconia grottesca.
Non lo so.... signor Teodoro!...
Teodoro
Come non lo sai?... Eh;... Diamine!...
Lievemente impensierito.
Giuliano.
Oggi è come se mi fosse accaduta una disgrazia....
Teodoro
impaurito.
Una disgrazia?... Di che genere?...
Giuliano.
No.... È un’idea....
Teodoro.
Ah! Se è un’idea solamente!... Ma, come?... Non sei contento del tuo stato?... E di Enrichetta sei contento?
Giuliano
Sì.... Eppure.... sento un vuoto intorno a me.... Sento.... Vedete.... Forse se avessi un figlio cui potere insegnare tutto quello che so....
Teodoro.
Eh.... proprio a un figlio vai a pensare.... Se non è nato in cinque anni.... Lascia stare, Giuliano.... La provvidenza non te n’ha voluti dare. E tu non insistere.... A volte la provvidenza fa certi scherzi....
Giuliano.
Come?
Teodoro
ripigliandosi.
Eh! te ne potrebbe dare uno storpio, per esempio.... Piuttosto, vedi, troveremo un altro garzoncello, che ti somigli.... Verrà qui: lo vedremo crescere.... Tu lo educherai.... Io poi ci godrò.... perchè mi parrà di vedere un altro Giulianino.... Gli uomini della nostra specie si formano!... Prima son vispi.... svogliati.... poi sono attenti.... fanno magari delle scappate.... e poi finiscono così.... con gli occhiali.... il papalino.... la schiena curva.... Eh, siamo un genere speciale noi.... Non ti pare? Potrebbe darsi invece che tuo figlio.... non ne volesse sapere di diventar così....
Giuliano.
Non so.... C’è una così strana amarezza, in quel che dite....
Si vede alla porta Adelaide che è per entrare. |
Teodoro.
Ecco gente, guarda.... Io vo di là.... Parleremo poi....
Adelaide
entra: è in abito chiaro, d’estate: ha un velo opalino che le scende giù dall’ampio cappello, elegantissimo. Non riconosce Giuliano: nè Giuliano riconosce lei, chiusa com’è nel velo. |
Giuliano
avvicinandosi.
Desidera, signora?
Adelaide
alzandosi il velo e fissando Giuliano. |
Siete voi?!
Giuliano.
Ah!...
Adelaide.
Non vi avevo riconosciuto! Come siete cambiato!...
Giuliano.
Eh, certo, molto.... se non mi riconoscete voi!
Adelaide.
In così poco tempo....
Giuliano.
Eh: non tanto: sono cinqu’anni....
Adelaide
guardandolo.
Gli occhiali!...
Giuliano.
Nulla di grave, mi si è un po’ stancata la vista; ma è una vista forte!
Adelaide.
E lì?...
Giuliano.
Eh.... la sciabolata.... vah!
Adelaide.
Ah!... E non mi date nemmeno la mano?
Giuliano
guardandosela prima.
Eccola.... E un po’ enfiata.... Chi maneggia libri vecchi ha sempre le mani gonfie....
Pausa.
Ma perchè siete venuta qua? Non certo per comprare un libro....
Adelaide.
Non per comprare un libro speciale, ma.... Insomma, ho fatto questo ragionamento: Il Duca ed io abbiamo sempre necessità grande di libri.... Abbiamo saputo che eravate tornato qua....
Giuliano.
Subito, tornai qua.... la mattina dopo....
Adelaide.
La mattina dopo.... Come fosse ieri....
Giuliano.
Ed è così lontano....
Adelaide.
Dunque, sapendo che eravate un’altra volta libraio, ho detto fra me.... e l’ho detto anche al Duca.... Perchè non dobbiamo servirci da lui?... Io sono certa che egli avrà dimenticato.... E perciò sono venuta qua.... Non siete contento?
Giuliano.
Oh, signora....
Adelaide.
È strano.... Pensate: uno che sapesse i casi nostri e ci vedesse ora qui.... l’uno dinnanzi all’altra....
Giuliano.
Così diversi.... Io, diverso.... Vi rammentate del Giuliano di un tempo? Ed ora.... eccomi qua....
Adelaide.
Oh, perchè volete ricordare?
Giuliano
commosso.
Ricordare è facile.... commuoversi è difficile.... E quando la commozione arriva diamoci pure a lei.... È pur bella, anche se fa piangere....
Adelaide.
È vero....
Giuliano.
Io ora non mi commuovo più: amo la mia povera vita e godo infinite piccole gioie che altri non godono.... Vedete: uno che fosse affezionato ad un podere, non per i frutti che ne avesse ma per la sua più minuta bellezza, che adorasse tutte le erbe e tutte le piante, che di primo mattino corresse a vederle tutte umide e fresche, che nel meriggio tremasse per il loro abbattimento e la sera le vedesse con gioia rialzare le foglie ed i fiori, tutte ugualmente, mi somiglierebbe.... Così uno che amasse, che so io? una macchina: vi sono degli scienziati come dei coltivatori che mi somigliano, che hanno la stessa mia natura....
Adelaide
pensosamente.
Come siete curioso.... Come un tempo.... come prima di seguirmi....
Giuliano.
Sì, vi seguii. Voi foste la realtà.... Fu una parentesi.... una parentesi che io riapro qualche volta.... col ricordo solamente....
Adelaide.
Come?
Giuliano
con calma dolorosa.
Non vi ricorda nulla di preciso questa bottega?
Adelaide.
Tante cose....
Giuliano.
A me una sola....
Adelaide.
Una sola?
Giuliano.
Sì: Una sola che non è mai fuggita da me.
Cercando il punto.
Fu qui.... vi rammentate? Eh, eh.... quel bacio.... Ogni tanto io lo ritrovo fra i miei libri: è l’unica cosa della mia vita che io abbia messa a catalogo.... E lo merita perchè fu prima ardente come un fiore d’agosto.... poi parve una grande sciocchezza.... poi un grande rimorso.... ora pare una cosa impossibile.... Eh, eh.... Non tutti i baci son così preziosi come il nostro.... E ora, per non disgustarvi.... parliamo d’altro....
Adelaide.
Disgustarmi?... No!...
Giuliano.
Si!... sì!... mi vedo: mi conosco....
Adelaide.
Giuliano!...
Giuliano
dopo aver come rattenuto un singulto. |
E così ora voi ritornerete qualche volta a comprare libri.... come un tempo....
Adelaide.
Sì: e voi mi parlerete ancora di cose belle.... di antiche storie.... e scoveremo forse fra qualche pagina uno di quei piccoli insetti d’argento, come quello che vedemmo quel giorno.... che vivono pascendosi di sogni....
Giuliano.
Ora ne veggo tanti; perchè ho tanti libri vecchi....
Adelaide.
Sono proprio contenta di essere venuta....
Giuliano.
E ritornerete.... ritornerete spesso?...
Adelaide.
Sì, sì....
Giuliano.
Grazie, signora....
Pausa.
Oggi ero triste, profondamente. E, come se avessi presentito la vostra venuta, la mia calma nuova e abituale di povero rosicante si era alterata.... Intorno a me era un silenzio troppo muto.... una nostalgia vaga di cose non mai conosciute. Ora ritorna la contentezza; ma, ve lo confesso, rientra in me dolorosamente.... come se ne partisse....
Commosso.
Son fatto così.... E perciò, signora, lasciatemi.... è meglio.... Quando ritornerete sarò forte, sarò felice.... Addio, signora....
Le porge la mano.
Adelaide.
Sì; eccovi la mia mano;
levandosi il guanto
ma nuda, senza dubbi.... la mano nuda.... la mano dell’amicizia....
Giuliano
dopo aver un istante esitato, prende la mano di lei e l’accosta alle labbra. — Dopo un attimo ella si allontana da lui con tristezza; ed esce. |
Giuliano
resta allora immobile, come abbagliato; poi si leva gli occhiali, li posa prima sul tavolino; indi piange. — Entra Teodoro. |
Teodoro.
Giuliano! Che hai?
Giuliano
con voce infantile.
Sono contento....
Teodoro.
Sei contento.... e piangi?... Che curiosa creatura!...
Fine del terzo atto e della commedia.