Storia segreta/Capo VI
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CAPO VI.
Belisario adunque rientrato nelle terre de’ Romani trovò la moglie venuta di Costantinopoli, la quale senza onore alcuno mise sotto guardia; e spesse volte provatosi di ucciderla, l’amore glie ne levò la forza, siccome io credo, poichè troppo era egli preso di quella donna. Ma diversamente vuolsi, che con incantesimi essa sapesse ammaliarlo a modo, che ad un tratto si rimanesse e d’animo e di forze snervato. Fozio intanto erasi posto in cammino per Efeso; ed avea condotto seco ben legato l’eunuco Caligono, lenone di Antonina; e facendolo per istrada flagellare fortemente, da lui saputo avea tutte le cose di lei più segrete. Di che avvisato Teodosio, corse a rifugiarsi nel tempio di Giovanni Apostolo, Santuario in Efeso di somma venerazione: se non che corrotto da denaro Andrea, vescovo di quella città, lo diede in potere di Fozio.
In questo mentre Teodora dalle cose udite intorno ad Antonina venuta in tema che un gran disastro potesse a quella sovrastare, Belisario e lei richiamò a Costantinopoli. Il che saputosi da Fozio, questi condusse seco Teodosio in Cilicia, dove avea ordinato a’ suoi soldati che svernassero; ed a quelli, che accompagnavano Teodosio, dato avea il comando che occultamente lo conducessero, e giunti in Cilicia lo mettessero in prigione segreta; nè lasciassero traspirare a nissuno che fosse dove colui si trovasse. Egli intanto con Caligono, e coi tesori di Teodosio, prese la strada della capitale.
Qui volle Teodora dare in cospetto di tutti gli uomini un documento tremendo; e fu di presentare ad Antonina un ricambio di sangue, in maggiore e più scellerata maniera. Imperciocchè ove Antonina poco prima con insidie dato avea in mano della Imperadrice Giovanni cappadoce, questa invece a riguardo di Antonina un grosso numero d’uomini, quantunque innocenti, mise a morte. Erano questi de’ più prossimi parenti di Belisario e di Fozio. Altri, che con quelli aveano pura relazione di pratica, fece flagellare a modo che fino a che segno le loro disgrazie giugnessero anche oggi s’ignora. Altri poi, ai quali si attribuì a delitto l’amicizia con quelli, mandò in esilio. E per vedere con che atrocità si procedesse, basterà dire il caso di un certo Teodosio, uomo dell’ordine senatorio, che stato era compagno di Fozio nella gita ad Efeso. Fu costui spogliato di ogni suo avere; poi cacciato in un ergastolo sotterraneo, ove niun raggio di luce penetrava, ed ivi attaccato ad una mangiatoia con una corda al collo sì corta, che costretto era a tenersi ritto, nè potea in nissuna guisa posare il corpo. E cibo, e quiete, ed ogni sollievo a naturali necessità dovea quel miserabile prendere sempre a quella mangiatoia legato; nè ad essere differente da un giumento altro affatto gli si lasciava che il non ragghiare. Per quattro interi mesi visse egli così: di poi caduto in furore, e fuori compiutamente di senno, tratto di quel carcere poco dopo morì.
Teodora obbligò Belisario, che pur resisteva, a ripigliare contro sua voglia nella pristina grazia Antonina. Rispetto a Fozio, ecco quello che accadde. Flagellato crudelmente come vile mancipio, gli comandò che dovesse dire ove fosse Teodosio, ove il lenone. Ma quantunque dal supplizio sfinito, ed altronde uom cagionevole e debole di forze, che uso era ad avere gran cura della salute, nè provato avea mai ingiuria e calamità di sorte veruna, stette fermo nel giuramento fatto, nè il segreto di Belisario rivelò, sebbene poi in fine tutto venisse in luce. Seppe Teodora trovar Caligono, e lo restituì ad Antonina; e in quanto a Teodosio, avendolo richiamato a Costantinopoli, lo tenne celato in corte; e il giorno dopo fatta a sè venire Antonina: O Patrizia amicissima, disse: ieri vennemi alle mani una gemma che nissun mortale credo avere veduta. Se tu hai voglia di vederla, lungi dal patirne invidia, io di tutto il cuore te la mostrerò. Non ben comprendendo Antonina il discorso, si mise ad istantemente pregare che dunque le mostrasse tal gemma; e la Imperadrice ita nella camera di uno degli eunuchi ritornò tenendo per mano Teodosio, e ad Antonina lo presentò. La somma allegrezza sull’istante Antonina istupidì: poi riavutasi immortali grazie rendè all’Augusta, lei chiamando e salvatrice, e beneficentissima, e veramente signora. La quale ritenendo Teodosio in palazzo, di ogni delizia, e di ogni sollazzo il ricreò, dichiarando che in breve sarebbe ai Romani capitano supremo. Ma la vendetta di Dio impedì quel turpe disegno, poichè attaccato da male d’intestini Teodosio uscì di vita.