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trava, ed ivi attaccato ad una mangiatoia con una corda al collo sì corta, che costretto era a tenersi ritto, nè potea in nissuna guisa posare il corpo. E cibo, e quiete, ed ogni sollievo a naturali necessità dovea quel miserabile prendere sempre a quella mangiatoia legato; nè ad essere differente da un giumento altro affatto gli si lasciava che il non ragghiare. Per quattro interi mesi visse egli così: di poi caduto in furore, e fuori compiutamente di senno, tratto di quel carcere poco dopo morì.

Teodora obbligò Belisario, che pur resisteva, a ripigliare contro sua voglia nella pristina grazia Antonina. Rispetto a Fozio, ecco quello che accadde. Flagellato crudelmente come vile mancipio, gli comandò che dovesse dire ove fosse Teodosio, ove il lenone. Ma quantunque dal supplizio sfinito, ed altronde uom cagionevole e debole di forze, che uso era ad avere gran cura della salute, nè provato avea mai ingiuria e calamità di sorte veruna, stette fermo nel giuramento fatto, nè il segreto di Belisario rivelò, sebbene poi in fine tutto venisse in luce. Seppe Teodora trovar Caligono, e lo restituì ad Antonina; e in quanto a Teodosio, avendolo richiamato a Costantinopoli, lo tenne celato in corte; e il giorno dopo fatta a sè venire Antonina: O Patrizia amicissima, disse: ieri vennemi alle mani una gemma che nissun mortale credo avere veduta. Se tu hai voglia di vederla, lungi dal patirne invidia, io di tutto il cuore te la mostrerò. Non ben comprendendo Antonina il discorso, si mise ad istantemente pregare che dunque le mostrasse tal gemma; e la Imperadrice ita nella camera di uno degli eunuchi ritornò tenendo