Storia di Reggio di Calabria (Spanò Bolani)/Libro settimo/Capo secondo

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CAPO SECONDO

(Dall’anno 1623 al 1638.)

I. Sventure pubbliche. Voto de’ Reggini. II. Capitolazione municipale del 1638. III. Governo civile di Reggio nel secolo decimosettimo. IV. Attribuzioni speciali de’ Sindaci.


I. A Filippo III già morto sin dal 1621 era successo a re di Spagna Filippo IV. Dal 1606 al 1622 terremoti, carestie, turbini, procelle, piogge dirottissime e diluviose tribolarono, dove più dove meno, la Calabria: e Reggio n’ebbe gran parte. Ma il maggior travaglio fu dal 1636 al 1638, quando attaccatasi una strana epidemia quasi per tutto il Regno, faceva che le persone morissero di morte repentina. E tanto repentina che a niun quasi era concesso spazio di acconciarsi dell’anima, e prender l’ultimo commiato da’ suoi. Non era persona che potesse far capitale o della florida gioventù, o della corporal vigoria; perchè il passar, senza avvedersi e senza presentirlo, da vita a morte, era un punto. Molti uscivano di casa sani e robusti, e più non ritornavano; taluni che entravano in letto la sera in piena sanità, la mattina n’eran tratti cadaveri. Alle mense, a’ diporti, alle penitenze, la morte era per tutto in Reggio; per tutto era pianto, per tutto bare e mortorii. A tanta strana calamità fecero seguito i terremoti, che sgominarono in gran parte la Calabria citeriore, nè l’ulteriore risparmiarono.

Reggio sentì violentissimo, ma brevissimo, lo scuotimento, e n’ebbe un terrore da non potersi esprimere. Rimasta come per miracolo illesa in mezzo alle rovine della Calabria, votò alla Madonna della Consolazione, in rendimento di grazie, un’annua processione e festa solenne al Convento de’ Cappuccini, da celebrarsi al vigesimosesto giorno di aprile.

II. Or rimuovendoci alquanto da queste narrazioni luttuose, ci sarà gradevol cosa tornare alla storia del nostro municipio, che nel 1638 [p. 12 modifica]fece importanti modificazioni alla sua legge organica del 1473. Moltissime frodi, disordini, e sconvenienze prevalevano già da molto tempo nella elezione degli uffiziali municipali di Reggio; onde avveniva che il governo della città fosse per lo più abbandonato agl’intriganti, e tolto il debito onore e grado agli onesti; con massimo nocumento delle pubbliche faccende. Per porre riparo a tal guasto dell’amministrazione, i sindaci Dottor Giuseppe Musitano, Agostino Genoese, e Placido Milea proposero in un pubblico Parlamento del primo giorno del 1636, che tale annua elezione non dovesse più farsi, come per l’innanzi, addì ventitrè di aprile, ma bensì a’ ventiquattro di giugno; e che fosse regolata e contenuta da tali leggi che il governo della città non potesse in avvenire distrarsi dalle mani dei più probi e benemeriti cittadini. Proposero inoltre un nuovo regolamento municipale acconcio a far l’effetto desiderato; e tal regolamento, discusso dal Parlamento ed approvato del regio Collateral Consiglio e dal Vicerè, fu messo in vigore ivi a due anni, ed è conosciuto col nome di Capitolazione del 1638. Ma perchè i nostri lettori abbiano di questo intera notizia, stimiamo non disutile trascriver per disteso tal documento, come fatto abbiamo per la Legge municipale data nel 1473 dal Duca Alfonso d’Aragona.

Capitolazione del 1638. I Sindaci e Deputati della città di Reggio dicono che l’elezione del governo di essa città è stato solito ultimamente farsi nel mese di maggio; e per togliere gl’inconvenienti, e le frodi che nascevano, e per il buon governo del pubblico, hanno preso espediente di far nuova forma, e nuovi Capitoli, conseguente a’ quali da oggi avante si abbia da fare detta elezione a’ ventiquatlro di giugno del presente anno, e di tutti gli anni da venire. E fra gli altri inconvenienti che risultavano, era che nel tempo predetto di maggio non intervenivano tutti li cittadini in quella, ma molti pochi, per trovarsi tutti quanti impediti nelli nutricati delle sete. Che perciò nell’elezione che si faceva, alle volte non venivano elette le migliori persone della città per la loro assenza, e per tal causa la stessa ne veniva a sentir danno, non essendo governata da tali persone, che colla loro presenza sarebbero state elette al governo di quella. E più, che facendosi detta elezione nel mese di maggio, quelli del governo non ponno prontamente fare la provista dei grani per grascia di essa città e suoi cittadini, non essendo tempo di raccolta; ma solo si provvedevano per quelli due o tre mesi sino al tempo della raccolta, e li grani li compravano a prezzi alti; e poi in tempo della raccolta non si facea provvisione per tutto l’anno, ma solamente per lo tempo che avevano essi da governare, che erano [p. 13 modifica]nove o dieci mesi; il che sempre ha apportato gran danno ed interesse alla città predetta e suoi poveri cittadini, come per esperienza s’è visto e praticato. Il che si eviterà, con grazia di Nostro Signore Iddio, facendosi il governo nel detto mese di giugno, perchè vien detto governo in tempo della raccolta delle vettovaglie, e di facile, e con comodità e meno dispendio si può provvedere alla grascia di essa città per tutto l’anno, e si viene ad evitare l’interesse che si cagionava prima in comprare i grani in fine dell’annata. E perciò presentando a Vostra Eccellenza (al Vicerè) gl’infrascritti capi, la supplicano sia servita interporvi decreto di sua autorità, e regio assenso, e comandare che così si osservi; e l’avranno a grazia ut Deus.

In primis siam di parere che l’elezione delli Sindaci s’avesse da fare in questo modo: — Che si facciano due casciarizzi separati, uno delli nobili, l’altro delli onorati cittadini che concorreranno al sindacato; facendosi in ciascheduno tanti cascioni quante saranno le persone che si avranno da bussolare per sindaci, per descriversi anco li numeri, incominciando dal primo a finire per quante saranno per ragion d’età; ed ogni cascione abbia da essere con la sua chiave, quale si tenerà per la persona che sarà scritta in detto cascione; ognuna delle quali tenerà la sua. I quali casciarizzi debbono stare in una camera separata, nella quale debbano stare due religiosi delli più venerandi che si potranno avere, e timorosi di Dio, eligendi da differente ordine religioso, e che sieno persone forestiere, e non di questa città, per non tener passione, nell’istesso giorno della nuova elezione de’ Sindaci.

Item per la prima volta s’abbia da pubblicare banno dodici giorni avanti che si averà da fare l’elezione dei sindaci, che tutte quelle persone abili di essere sindaci, di anni venticinque in su, conforme la regia Prammatica, che si vorranno scrivere al concorso de’ sindaci, vengano in detto termine a scriversi in presenza del regio Governatore e Sindaci. Con questo però che quelli che saranno descritti di concorrere al sindacato non possano concorrere più ad altri uffizii della città, eccetto che a detto uffizio di sindaco, e di sindacatori degli uffiziali e razionali di visione de’ conti. Ma agli altri uffizii concorreranno quelle persone, che non sono descritte al concorso del sindacato predetto. E li nomi delle persone che si vorranno descrivere per sindaci, si debbano scrivere per il Segretario di essa città, ed in presenza del regio Governatore e Sindaci, li quali debbano firmare dette scritture per non potersi commettere fraude. [p. 14 modifica]

Item che il giorno stabilito all’elezione de’ sindaci si scrivessero tutti li cittadini delle quattro classi; conforme all’antico solito si ponessero le cartelle con li nomi loro in quattro pignatte; quali sigillate, incominciandosi conforme al solito a cavarle per mano di un fanciullo, e quella sarà pigliata e letta da uno delli due religiosi che doveranno assistere nella bussola. E chiamato il nome, che in detta cartella si troverà scritto, per tre voci intermissive dal Trombetta, per quanto si potrà dire un’avemaria per voce, non comparendo subito il chiamato, si debba stracciare la detta cartella, e se ne caccerà un’altra, e si osservi dello stesso modo. E quello che sarà chiamato, non abbia da parlare con alcuno, ma subito debba entrare nella camera del casciarizzo; e parlando con alcuna persona sia subito privato del dar della voce, ed in suo luogo se ne cavi un’altra per dar detta voce. E non si possa cavar altra cartella, se prima non sarà uscito il chiamato, e dato la voce; il quale subito si avrà di appartare da detto luogo, e così continuare in tutte le altre in sino che si finirà detta elezione, e sempre in futuro si osserverà di questo modo.

Item che la persona, che sarà uscita nella sudetta cartella, abbia da entrare diretto tramite, senza parlare nemmeno colli Sindaci, o Governatore, o qualsivoglia altra persona, in detta camera delli casciarizzi, dove assisteranno li due predetti religiosi, li quali pigliate tante palle quanti saranno gl’imbussolati per sindaci, faranno il giuramento con il crocifisso in mano, all’eletto che averà da dar la voce, che la desse alla persona che gli parrà abile e meritevole; con che tutte le palle che se li consegneranno ad una ad una per dare detta voce, le abbia da porre ognuna per cassetterio così affermativa come negativa, per essere in detto cascione tanto il sì quanto il no. Ed a quelle persone, che non sapranno leggere li nomi in detti cascioni, li debbano leggere li predetti Religiosi, senza dire altre parole; e dato che avrà l’eletto la sua voce, se ne debba uscire subito per quanto più segreto potrà.

Item che li Sindaci, Governatore, o altro uffiziale in luogo del detto Governatore e Secretario della città, debbe stare in un’altra stanza, o appartamento separato da quello del casciarizzo, in modo che l’eletto che anderà a dar la voce non possa esser visto, e la porta della camera dove sta il casciarizzo sia serrata; e nella scala dove va sagliendo l’eletto non stia persona veruna, nè il Governatore ponga sargente maggiore, nè altro uffiziale o persona, ma stia libero detto luogo, e vacuo di persone.

Item finita che sarà detta bussola per tutti li diciotto eletti, cioè [p. 15 modifica]cinque della classe de’ nobili, quattro detti cittadini onorati, cinque delli mastri, e quattro delli massari o foresi, si debbano chiamare prima li nobili imbussolati a vedere le loro voci, incominciandosi dal primo che prima colla sua chiave aprirà il suo cassone in presenza delli due detti Religiosi, Sindaci, e Governatore; e per ogni cassone che si aprirà, si debbano annotare e scrivere per mano del sopradetto Segretario tutte le voci che ognuno avrà avuto. E li quattro nobili e li due onorati, che avranno le maggiori voci, restino sindaci da imballottarsi la seguente mattina nella messa dello Spirito Santo conforme al solito; ed essendo alcuni appattati se li facciano con palle scritte a sorte, e così anche si osservi per gli onorati. Delli quali ballottati ne restino due delli nobili per sindaci, ed uno delli detti onorati.

Item che ritrovandosi nel ballottare del cascione di qualsivoglia persona palla data di più, o per errore, o per malizia, quella s’abbia da levare alla persona data affermativa al sì in danno della persona imbussolata che si ebbe di più.

Item che si debbano approbare li mastri e massari, con eliggersi dal Reggimento otto delli mastri, e otto delli massari; quale approbazìone si debba tenere otto giorni prima della creazione delli sindaci, approbandosi le persone più anziane, come intelligenti, zelanti del bene pubblico, e timorosi di Dio. La quale approbazione fatta si descriva nel libro della città per il Secretario: de’ quali mastri e massari approbati ponendosi in due pignatte una di detti mastri, e l’altra di detti massari, di quelli se ne cavino cinque della pignatta di detti mastri, e quattro di quelli di detti massari, li quali sono per il complimento di detti diciotto, che avranno da governare e dar la voce ut supra; e questo il primo giorno che pigeranno il possesso li Sindaci, avanti che fossero fatti gli altri uffiziali e così si avrà da osservare in futuro.

Item che ogni quattro anni si debba tenere approbazione tanto delli nobili, quanto delli onorati, maestri, e massari, con eliggersi dal Reggimento annuale otto persone delli nobili, otto degli onorati, otto delli mastri, e otto delli massari, e che siano di differenti famiglie, a bussola serrata; con ballottare tutte quelle persone che si vorranno approbare, e sieno delli primi di qualsivoglia classe; li quali otto giorni prima di farsi l’elezione de’ Sindaci abbiano da tenere detta approbazione ogni classe da per se, separatamente, e non unite tutte le classi, ed approbare quelle persone che parranno abili al sindacato così de’ nobili come degli onorati, e quelli delli mastri e massari che parranno abili al Reggimento, con fare la detta [p. 16 modifica]abilitazione a bussola serrata per non causar odio; e gli abilitati scriversi nel libro della città per il sopradetto Segretario. Ed avendo gl’imbussolandi a detta abilitazione meno delle due parti delle voci, non s’intendano per approbati, nè per abilitati. Ed in futuro non si possano scrivere ed aggregare, tanto delli nobili quanto degli onorati, mastri, e massari all’elezione delli Sindaci e Reggimento della città più delle persone di quelli che nella prima volta sono stati scritti ed ammessi al detto libro come di sopra, se prima non saranno approbati ed abilitati conforme sta scritto nel presente Capitolo. Nella quale abilitazione, ogni volta che si farà, si debbano sottoscrivere li Sindaci e Deputati che faranno detta abilitazione.

Item tutte quelle persone che saranno per l’avvenire abilitate al sindacato debbano scrivere ratione aetatis appresso alli cascioni delli primi abilitati; e mancandone li detti primi, o per morte o per altro, debbono li loro nomi salire coll’istesso ordine che si ritrovano, ed annotati gli altri nel cassone, e così in futuro s’abbia da osservare.

Item che tutte le persone, che usciranno dalle pignatte per dar la voce di qualsisia classe, possano concorrere a darsi la voce a se stesse nel cascione per Sindaci; non ostante che fossero usciti per eletti a dar la voce, che possano concorrere per Sindaci.

Item che degli altri uffizii della città di tutte quattro le classi si debba eliggere il governo annale conforme al presente capitolo nel giorno che prenderanno il possesso i Sindaci. Ed oltre di questo n’è parso più comodo per servizio di essa città, che l’elezione de’ nuovi sindaci ed altri uffiziali, che si fa nelli ventitrè del mese di aprile, giorno di San Giorgio, sia trasferita alli ventiquattro di giugno, giorno di San Giovanni Battista, con pigliare il possesso alli ventinove di giugno, giorno di San Pietro e Paolo.

Item che tutte le sopradette scritture, faciende come di sopra, per il sopradetto Segretario di essa città, di quelle se ne debba far altre consimili per pubblico Notaro, per tenersi acciò ognuno le possa vedere a volontà propria. Die 18 mensis Junii 1638.

III. Non si creda però che con tutte le restrizioni e le previdenze recate all’elezione municipale dalla Capitolazione del 1638 sia rimasta sempre chiusa la via alle brighe, ed a’ disordini. E ciò sarà manifesto dalla narrazione, che faremo a suo luogo, delle vicende dell’abilitazione degli Otto.

Amministravano giustizia nella città cinque Curie, o Corti, e queste erano: Curia Arcivescovile, Capitaniale, Sindacaria, Portula[p. 17 modifica]naria, e Bajulare. L’arcivescovile conosceva delle cause ecclesiastiche, appartenenti a’ chierici ed alla diocesi. Erano diocesane le terre di Pentidattilo, S. Lorenzo, Montebello, Motta, Calanna, Fiumara di Muro, Ioppoli, le città di S. Agata e di Scilla, le contrade di S. Roberto superiore ed inferiore, S. Stefano, S. Alessi, Cardeto, e diciassette villaggi. Ma l’Arcivescovo di Reggio, come Conte di Bova e d’Africo e Barone di Castellace, esercitava in questi paesi anche la giurisdizione temporale per mezzo di suoi Viceconti e Capitanii. Costringeva perciò colle multe pecuniarie al culto de’ giorni festivi, ed all’osservanza di tutte le altre pratiche religiose; ed i suoi servitori stavano armati.

Era attribuzione del Capitanio correggere con moderata potestà ogni pubblico disordine, fare osservare le regie costituzioni ed i privilegi locali, e prendere nelle gravi faccende le misure convenienti, dopo inteso il parere del Giudice Assessore.

Il Sindaco aveva autorità su tutto ciò che riguardasse la pubblica amministrazione dell’Università, come governar le gabelle, destinare i custodi e ripartitori delle acque, giudicare le contenzioni sulle cose urbane de’ cittadini, designare i Vicesindaci della città e suoi borghi, e cose simili.

Il Maestro Portulano conosceva delle cause dei traffichi, de’ dazii da esigersi su’ frumenti, legna, merci di qualunque genere che si esportavano dalla città, o in essa s’immettevano; e di tutto ciò in somma che competeva alla Regia Camera.

Il Bajulo o Baglivo verificava i danni che s’inferivano a’ fondi rustici ed urbani o dalla mano dell’uomo o dalle bestie; e v’imponeva le multe proporzionate. Imprigionava i debitori; aveva cura dell’esazione dei crediti, rendeva ragione sopra ogni causa, tranne se criminale. Aveva il suo Mastro d’Atti, e con lui si consigliava per diffinir le controversie.

IV. Vi erano i Sindaci, i Vicesindaci, il Prosindaco. I Vicesindaci venivan nominati dagli stessi Sindaci per l’amministrazione de’ borghi e sobborghi; il Prosindaco era nominato dal Capitanio a tenere il luogo del Sindaco, qualora questi fosse impedito per qualunque cagione, o sospeso o dimesso. Ne’ luoghi pubblici ed in ogni altra parte della città, dopo il Capitanio o Governatore, il primo onore era de’ Sindaci. Nell’annuo Parlamento (o Consiglio o Reggimento che il dicessero) il Sindaco proponeva quel che reputava più utile a farsi; e qualora le sue proposte ottenevano la pluralità de’ suffragi, metteva in esecuzione le cose approvate. Radunava il Consiglio ad sonum tubae, ogni volta ch’erano necessarie delle convocazio[p. 18 modifica]ni straordinarie. Le ordinarie riunioni erano fatte ad sonum campanae.

Tenevano i Sindaci tribunale, reggevano corte, conoscevano e Giudicavano le cause censuali, di salarii, di servizii personali, di locazioni di case, di strade, di pesi e misure. In tali giudizii, quando niuno de’ Sindaci aveva il grado di dottor di legge, si pigliavano per Consultore un legista a loro scelta. Nella piazza davano la meta a’ commestibili che si ponevano in vendita, e questo facevano a vicenda una settimana per uno, o personalmente, o dandone delegazione ad un Vicesindaco.

Al Sindaco di settimana spettavano tutte le lingue de’ buoi macellati, e di ogni tre otri di olio ch’entrava in città gli era dovuto un quartuccio di trenta once, ed un rotolo sopra ogni partita di frutti, o di altri generi a peso, ed un quartuccio di once quaranta sopra ogni salma di vino. Il Captianio di ogni casale era nominato da’ Sindaci, al quale dovevano obbedir tutti colle armi in mano e colle rispettive insegne, qualora ciò fosse richiesto o per la conservazione dell’ordine interno, o per la difesa contro gli esterni pericoli. Questi Capitanii speciali dipendevano tutti dal Capitano a guerra di Reggio.

I Sindaci dovevano invigilare ancora perchè i luoghi della città fossero ben presidiati, sorvegliavano le sentinelle, e prevedevano i casi in cui la città ed il comune poteva patir pericolo d’interno tumulto, e di esterne concitazioni. Nelle sacre cerimonie che avean luogo nella Cattedrale i Sindaci sedevano in un luogo alto con tre scalini coperto di panno verde, e con spalliera di seta del color medesimo, dove figuravano elegantemente ricamate le armi della città. Quando erano presenti a’ divini uffizii, dopo del Prelato toccava loro l’incenso, ed il loro entrare ed uscir di chiesa, con in mezzo il Prelato ed il Governatore, era annunziato dal suono dell’organo.

Il Consiglio generale nominava il Giudice assessore; il quale ordinariamente non era reggino, e nell’entrar in offizio doveva recar seco un probo cittadino che gli facesse garenzia, e dopo terminata la sua annuale gestione doveva stare a sindacato.

Erano ancora eletti da esso Consiglio il Capitano della compagnia de’ cavalli, ed i Capitani delle cinque compagnie a piedi della città; dei quali Capitani, tre dovevano esser nobili, e due onorati. Eleggeva altresì il Mastro d’atti o Attuario, il Segretario, l’Erario, o Cassiere, i Rettori del Monte della Pietà, i Razionali per la revisione de’ conti annuali, ed i Sindacatori.

Nelle cause, in cui i Sindaci dovevano elevarsi a giudici, sce[p. 19 modifica]glievano tra loro il Commissario, che facesse relazione della controversia, e gli assegnavano un dottor di legge per consultore. Per le legazioni a personaggi eminenti, o alla regia Corte di Napoli deputavano sempre due o tre cittadini patrizii de’ più ragguardevoli per esperienza, prudenza e dottrina.

Come si deduce da’ pubblici atti i Sindaci nel 1500 si chiamarono anche Consoli ed ebbero il titolo di Eccellenti, nel 1600 d’Illustrissimi; e troviamo che dalla metà del 1600 a quasi tutto il 1700 facevano chiamarsi anche Senatori; e tali si qualificavano nelle lapidi e nelle pubbliche scritture. In mancanza del Capitanio o Governatore faceva le veci il Sindaco nobile più anziano. I Sindaci davano possesso al nuovo Governatore, ed il Governatore ai nuovi sindaci nella Cappella di Santa Maria del popolo dentro la Cattedrale.

Era ancora di attribuzione de’ sindaci la proposta del Protopapa. Ognuno di essi nominava un soggetto, e su questa terna votava il Parlamento generale. Chi de’ tre proposti raccoglieva due terzi di voti rimaneva eletto Protopapa, e se ne provocava la superiore approvazione di Napoli.

Non era disdicevole a’ nobili la professione di notajo e di medico a tutta la metà del seicento, ed agli onorati tale professione, come pur quella di dottor di legge, e di capitano nella milizia, dava agevolezza di nobiltà personale, che li faceva abili al sindacato dei nobili.