Storia della geografia e delle scoperte geografiche (parte seconda)/Capitolo XII/Le carte circolari

Le carte circolari

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[p. 219 modifica]73. Le carte circolari. — Alla forma quadrilatera della Terra abitabile tenne dietro la circolare. Al quale sistema i cartografi furono condotti e dalla forma circolare dell’orizzonte e dall’autorità di rinomati scrittori, come Isidoro di Siviglia e Marciano Capella, e, specialmente, dal concetto, che il mondo dovesse estendersi uniformemente per ogni lato intorno ad un punto centrale, il quale non poteva essere altro che Gerusalemme, il luogo santo per eccellenza.

In queste carte a ruota1 la Terra è rappresentata da un cerchio, e l’Oceano esterno o mondiale da una cintura o zona circolare concentrica, il tutto diviso in tre parti da un diametro e da un raggio perpendicolare a questo. Tale forma è così descritta da Leonardo Dati nel suo trattato Della spera, scritto nell’anno 1422:

Un T dentro a un O mostra il disegno

Come in tre parti fu diviso il mondo
E la superiore è il maggior regno
Asia chiamata: il gambo ritto è segno
Che parte il terzo nome dal secondo:
Africa, dico, da Europa: il mare
Mediterran tra esse in mezzo appare.

Nelle più antiche carte di questa specie il Tanai (Don), diretto da settentrione a mezzodì, divide l’Europa dall’Asia; il Nilo, scorrente dal sud al nord, segna la divisione tra l’Asia e l’Africa. Questo sistema conosciuto col nome di Divisio trifaria o Distìnctio trifaria, si trova già espresso in Sant’Agostino: «Unde videntur orbem dimidium duae tenere, Europa [p. 220 modifica]et Africa, alium vero dimidìum sola Asia… Quapropter si in duas partes orbem dìvidas, Orientis et Occidentis, Asia erit in una, in altera vero Europa et Africa»2. La medesima divisione è ammessa da Sant’Isidoro3. L’abate di Fulda e vescovo di Magonza Rabano Mauro ammetteva bensì che la Terra fosse quadrangolare4, ma nello stesso tempo opinava che il detto, di cui nel cap. XXIV, v. 31 dell’Evangelio di S. Matteo, alludesse a ciò che i Greci chiamavano orizzonte5.

Conformemente allo spirito cristiano di quei tempi, la città di Gerusalemme era posta nel centro dell’orbe. E così Isidoro di Siviglia dice: «In medio autem Judaee civitas Hierosolyma est, quasi umbilicus regionis terrae»6, come pure Rabano Mauro: «In media Judaea civitas Hierosolyma est quasi umbilicus regionis et totius terrae»7. Gli Ebrei e gli antichi cristiani erano sicuramente condotti a ritenere che Gerusalemme fosse nel mezzo della Terra da due luoghi dì Ezechiele, l’uno dei quali nel cap. 5: «Ista est Hierusalem, in medio gentium posui eam et in circuitu eius terrae», l’altro nel cap. 38: «Et super populum, qui est congregatus ex Gentibus, qui possidere coepit, et esse habitator in medio terrae». Davide Kimchi, rabbino del secolo XIII, dice che la Terra abitabile si divide in sette parti, e che Gerusalemme è situata nel mezzo di quella parte che tra queste è la media8. Anche Fra Mauro ammetteva la posizione centrale della Santa Città9.

La ragione per cui nelle carte a ruota si attribuiva all’Asia la metà dell’orbe, e solo un quarto di esso a ciascuna delle altre due parti pare fosse questa, che Sem, come primogenito [p. 221 modifica]di Noè, avesse diritto ad una parte maggiore, e propriamente doppia di quelle spettanti ai suoi due fratelli Cam e Jafet10.

Tra le carte circolari una delle più curiose è il mappamondo detto di Torino e annesso ad un commento manoscritto dell’Apocalisse, il cui autore sarebbe dell’VIII secolo, poichè un motto del commentario dice: «Ab adventu Domini nostri Jesu Christi usque in presentem eram sunt anni DCCLXXXVII». Il quale asserto non è però sufficiente per assegnare alla carta la data del 787, tanto più se si badi alla forma circolare del mappamondo, non adottata dai cartografi prima del secolo X. Per altro lato, il contenuto stesso della carta dimostra che la composizione di questa è sicuramente anteriore al secolo XIII.

L’orientazione della carta è tale, che il nord si mostra alla sinistra, similmente a quanto abbiamo veduto per le due carte quadrilatere descritte nel precedente paragrafo. Quattro figure di venti, personaggi grotteschi seduti sopra otri e con dei comi in bocca, indicano i punti collaterali, cioè i luoghi in cui pare a noi che il Sole si levi e tramonti nei giorni dei solstizi. Nella parte interna si trovano l’Europa a sinistra, l’Asia in alto, l’Africa alla destra: quest’ultima è innominata, e difficilmente la si potrebbe riconoscere dalla forma detestabile che le attribuisce il cartografo. Alla estremità orientale dell’Asia, e per conseguenza nella parte superiore del disegno, si veggono disegnati Adamo ed Eva insieme col serpente tentatore che attortiglia l’albero fatale del bene e del male.

Una nota inserta nel sud della carta ci informa che, oltre alle tre parti del mondo, ve ne ha una quarta, al di là dell’Oceano, la quale è sconosciuta per causa degli ardori del sole, e sui confini della quale si pretese favolosamente che vi fossero degli abitanti antipodi: «Extra tres autem partes orbis, quarta pars trans oceanum inferior est, que solis ardore incognita nobis est, cuius finibus antipodes fabulusore inhabitare produntur». [p. 222 modifica]

Delle moltissime carte circolari dei secoli XIV e XV sono specialmente degne di menzione il mappamondo dell’anno 1314, composto da Riccardo di Haldingham, e conservato nella chiesa di sant’Etelberto della città di Hereford; il mappamondo di Marino Sanudo dell’anno 1320; il planisfero di Andrea Bianco dell’anno 1436; i mappamondi vicentino e veneziano di Giovanni Leardo, i quali portano le date rispettive del 1448 e del 1452; il planisfero di Bartolomeo Pareto dell’anno 1455.

Il veneziano Marino Sanudo, viaggiatore instancabile, cartografo insigne, forse uomo di Stato, certamente precursore degli statistici e degli economisti d’oggidì, ricorda uno dei tratti caratteristici dell’indole veneziana, poichè la crociata che egli propone e predica in quel memorabile libro dei Secreta fidelium Crucis11, è una vera impresa politica o meglio politico-commerciale, il cui primo e forse solo vero obiettivo era demolire la potenza mercantile dell’Egitto, rivolgendo alla strada dell’Armenia, fin allora poco battuta, i traffici fra ponente e levante12.

Parecchie carte accompagnano il libro del Sanudo, tra cui il Planisfero circolare, col suo centro nella città di Gerusalemme, colla indicazione di 16 rombi di vento, tra cui l’Oriens nell’alto, l’Occidens nel basso, l’Auster a sinistra e l’Aquilo alla destra, e i quattro punti intermedi Grecus, Syxcus, Africus, Magister. Il Mediterraneo coi suoi diversi bacini secondari, i paesi ad esso adiacenti ed i litorali occidentali dell’Europa sono bene delineati, e dimostrano la superiorità di questo planisfero sugli altri di quei tempi13. Anche le parti interne sono meglio figurate che nei precedenti planisferi; così pure vi [p. 223 modifica]si veggono disegnati i principali sollevamenti montagnosi ed i corsi dei fiumi maggiori, il che prima non era guari usato.

Il mar Caspio porta nella carta il nome di Mare de Sara (Sarai), ed è giustamente indicato come un bacino chiuso e indipendente dall’Oceano; il suo grande asse è però diretto da occidente ad oriente. Un altro bacino lacustre, ad oriente del mare di Sara, è pure detto Caspium mare: forse il cartografo allude, con esso, al lago di Aral.

La stessa carta è la prima nella quale trovisi inscritto il nome di Cathay (Sycia sive regnum Cathay) a denotare il paese situato ad oriente del secondo dei predetti bacini lacustri14. Ma le sue nozioni intorno all’Asia orientale, il Sanudo non le attinse nè all’opera di Marco Polo, nè alle relazioni degli inviati Francescani, sibbene dalla relazione del viaggio di Haitho di Armenia. Ciò è provato, tra le altre cose, da che il Sanudo dà al paese degli Uiguri il nome di Regnum Tarsae, solo usato, prima di quei tempi, dal viaggiatore armeno; come pure dalla circostanza che la steppa a mezzogiorno del Cur (Caspio) è accennata nel planisfero colle parole: «Planities Mongan in qua Tartari hyemant», prese letteralmente dalla relazione di Haitho.

Alcune false opinioni comuni in quei tempi sono seguite dall’autore, tra cui quelle che due sieno le regioni inabitabili, la prima a cagione del freddo, la seconda per i calori cocenti. Cosi lungo le rive dell’Oceano boreale, che il Sanudo chiama Oceanus Sarmaticum, e a settentrione dell’esteso sollevamento dei Monti Rifei si trova scritto: «Regio inhabitabilis propter algorem», e nella parte meridionale dell’Africa, al sud del bacino superiore del Nilo, si legge: «Eegio inhabitabilis propter calorem».

L’Africa è rappresentata come una grande penisola, la cui estremità non è a mezzogiorno, bensì ad oriente, di guisa che il mare Indiano è solo aperto nella direzione del mezzodì per [p. 224 modifica]mezzo di un grande canale chiuso tra l’estremità orientale dell’Africa e la penisola (India posteriore) colla quale il continente asiatico termina nella direzione del sud-est. La costa dell’India anteriore si estende uniformemente dall’ovest all’est, e non vi ha segno alcuno della importante penisola del Dekhan. Molte isole giacciono sparse qua e là nell’Oceano Indiano, tra le quali è notabile l’Insula piperis, dirimpetto alla estremità orientale dell’Africa (forse l’isola Madagascar?).

La costa meridionale dello stesso continente si sviluppa sotto forma di un grande arco circolare concavo verso settentrione, la cui uniformità è solo interrotta, nella parte occidentale, da un considerabile addentramento dell’Atlantico. Le coste settentrionali, bagnate dal Mediterraneo, sono delineate invece con una grande esattezza.

Il Nilo è formato dalla unione di due rami che hanno le loro sorgenti in una medesima catena di monti diretta da occidente ad oriente ed appartenente, nella sua sezione orientale, ad una regione detta dal Sanudo: Habesse terra nigrorum (Abissinia?). Ciascuno dei due rami è l’emissario di un lago alimentato da quattro fiumi, per cui, nel suo complesso, il sistema idrografico del Nilo superiore ricorda quello, già accennato, più sopra, a proposito della Geografia presso gli Arabi15. Poco lungi dalla confluenza dei due rami sbocca nel Nilo, e sulla riva destra, un fiume importante emissario di un lago dalla forma quasi circolare, sulla cui riva meridionale leggesi il nome Kush (paese di Kush, dei Cussiti, Etiopia). Nel fiume principale si riconosce il Bahr-el-Ahbiad, nell’afffluente di destra il Bahr-el-Azrek, e nel lago, cui quest’ultimo serve di emissario, il lago Tana o Tzana (Coloe della Geografia di Tolomeo).

Poco lungi dalla sinistra del Nilo superiore sorge un fiume non meno importante, il quale, sviluppandosi quasi da oriente ad occidente, si getta nell’Atlantico a settentrione del golfo che frastaglia la costa occidentale del continente. Esso pare [p. 225 modifica]corrispondere al Nilo di Ghana (Niger) del mappamondo di Edrisi, col quale la carta di Marino Sanudo presenta non pochi tratti di somiglianza.

Dei lavori cartografici di Andrea Bianco pervenne a noi un atlante di dieci carte con la data del 1436. La nona carta di questo atlante è il famoso planisfero, nel quale, seguendo l’esempio di Marin Sanudo e di altri antichi cartografi, il Bianco rappresentò la Terra secondo la volgare credenza, collegandovi la tradizione classica con le leggende cristiane e con i meravigliosi racconti contemporanei16.

Il planisfero, circolare, è ricinto da una fascia azzurra stellata: la Terra è circondata dal mare colorato in verde, come i mari interni, ad eccezione del mar Rosso dipinto in colore minio. Esso è orientato come il planisfero del Sanudo, e porta la rosa di otto venti, Tramontana, Greco, Levante, Scirocco, Ostro, Garbino, Ponente e Maestro. Il Mediterraneo e l’Oceano Indiano, pieno di isole, si avanzano l’uno dirimpetto all’altro con larghezza quasi uguale, e dividono la Terra in due parti, l’una settentrionale, l’altra meridionale. L’Africa si estende da oriente ad occidente quanto l’Europa e l’Asia riunite. A mezzogiorno e a settentrione sono segnate le due regioni inabitabili pel caldo e pel freddo eccessivi.

Appena accennata è la penisola Arabica, e nessuna traccia si vede nè della penisola del Dekhan e dell’India posteriore, nè del mare Arabico e del golfo del Bengala. Alla sua estremità orientale l’Asia si scompone in due penisole l’una dall’altra separate per mezzo di un grandissimo golfo: nella penisola meridionale è il Paradiso terrestre; nella settentrionale il paese mitico di Gog e Magog. Dei quattro fiumi del Paradiso terrestre, che prima scorrono paralleli nella direzione di occidente, e quindi divergono sempre più l’uno dall’altro, il primo gettasi nell’Oceano indiano, il secondo nel Mediterraneo [p. 226 modifica]orientale, il terzo e il quarto nel Caspio raffigurato come un bacino chiuso.

Il Nilo sorge nella parte orientale dell’Africa, scorre, per un lunghissimo tratto, verso occidente, quindi si volge a settentrione per gettarsi, con un solo ramo, nel Mediterraneo. A circa metà cammino dal punto di deviazione alla foce si distacca dal Nilo un gran fiume, il quale si sviluppa verso occidente e termina nell’Atlantico dopo avere, nel suo corso inferiore, percorso l’impero del Marocco.

Estremamente difettosa è, nella carta del Bianco, la idrografia fluviale non solo dell’Africa e dell’Asia, ma eziandio della stessa Europa. Il Volga, formato da due rami che si riuniscono ad angolo piatto — uno dei quali pare che si possa identificare colla Kama — si sviluppa da settentrione a mezzodì e si getta, per due bocche, nel Caspio. Il Tanai, affluente del mare di Azov, sorge da una grande catena di montagne (Monti Rifei) che divide la Rossia (Russia) dalla Norvega (Norvegia). Il Danubio ha le sue sorgenti in un lago al nord dell’Adriatico, scorre prima a settentrione, quindi ad oriente per gettarsi nel mar Nero. Un altro lago, ad occidente del primo, dà origine a due fiumi che riunendosi formano il Reno, il quale tributa per un ramo al mare del Nord, per un altro ramo al Baltico di cui è solo malamente indicata la sezione occidentale. Ma la singolarità maggiore sta in ciò, che dall’orientale dei due fiumi sorgentiferi del Reno si distacca un ramo che va più lungi a confluire al Danubio, mentre dall’occidentale si distacca un altro corso d’acqua che sbocca nel mare del Nord.

Il mappamondo di Giovanni Leardo (anno 1448) presenta, nel suo complesso, la medesima architettura, le stesse linee generali del mappamondo di Andrea Bianco: in alcuni punti però non possiamo a meno di riconoscere che esso deriva sia dalla scuola Catalana, come dalla scuola Araba17, particolarmente per quanto riguarda i due continenti asiatico ed africano. [p. 227 modifica]

Il Planisfero di Bartolomeo Pareto (a. 1455) abbraccia pure tutto il mondo conosciuto ai suoi tempi; vi domina però l’intento di descrivere a preferenza le costiere marittime ed i contorni delle isole. Per ciò le parti interne di queste e dei continenti sono trascurate, ed appena vi si notano le città più importanti con qualche leggenda o con la figura dei sovrani delle principali regioni18, come sarebbero dell’imperatore di Alemagna, del Gran Turco, del Gran Tartaro, del Soldano di Babilonia: Genova si presenta con superiore grandiosità, quasi regina del mondo: delle altre città sono designate solo Venezia e Boma. Nella Francia primeggiano Parigi ed Avignone: nella Spagna Siviglia e Granata. Il Cairo è detto Civitas magna Carii: nella Siria sono indicate Gerusalemme, centro del mondo allora conosciuto, Damasco, il mare di Galilea, il lago di Pentapoli mar Morto. Del mar Bosso è detto che si chiama con tal nome non perchè l’acqua, ma il fondo è di colore rosso; come pure che per suo mezzo le navi dei mercanti indiani portano le spezierie che depongono in Babilonia (Cairo) e di là in Alessandria. Così pure di Basora o Bassorah si legge che colà approdano le navi dell’India cariche di spezierie, poscia di là per terra coi cammelli le trasportano a Damasco e per tutta la Siria.

Sulle coste occidentali d’Africa il mappamondo del cartografo genovese si arresta al capo Bojador. A fianco dell’isola Lancellotta o Lanzarotta si vede l’insegna della croce di Genova colla scritta: Lanzarotto Maroxallo Januensi.


Note

  1. Isid., Orig., lib. XIV, cap. 2: «Orbis a rotunditate circuii dictus, quia sicut rota est».
  2. De Civitate Dei, lib. XVI, 17.
  3. Orig., lib. XIV, cap. I.
  4. V. più sopra, pag. 27.
  5. Rabanus Maurus, De Universo, lib. XII, cap. 2.
  6. Orig., lib. XIV, cap. 3.
  7. De Universo, lib. XIV, 2.
  8. Leopardi, op. cit., pag. 207 e 208.
  9. Zurla, Il mappamondo di fra Mauro, pag. 47 e 48.
  10. Löwenberg, Geschichte der geographischen Entdeckungsreisen, I, pag. 130.
  11. Il titolo del libro è il seguente: «Liber secretorum fidelum crucis, qui est tam pro conservatione fidelium, quam pro conversione et consumptione infidelium, quamquam etiam propter acquirendam et tenendam Terram Sanctam et alias nostras terras in bono statu pacifico et quieto».
  12. Marinelli, Venezia nella storia della geografia cartografica ed esploratrice, pag. 28-29.}}
  13. Fiorini, Le proiezioni delle carte geografiche, pag. 661.
  14. Il Regnum Cathay continua anche, nella carta del Sanudo, a settentrione di un gran fiume (Amudaria, Syrdaria?) affluente al mare di Sara.
  15. V. pag. 65.
  16. Pietro Amat, Nota illustrativa del planisferio di Andrea Bianco, in Bollettino della Società geografica italiana, 1879, pag. 560 e seg.
  17. Durazzo, Il mappamondo di Giovanni Leardo, pag. 59.
  18. Pietro Amat, in Memorie della Soc. geogr. italiana, I, pag. 55; Canale, Storia del commercio dei viaggi, ecc., p. 459.