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di Noè, avesse diritto ad una parte maggiore, e propriamente doppia di quelle spettanti ai suoi due fratelli Cam e Jafet1.

Tra le carte circolari una delle più curiose è il mappamondo detto di Torino e annesso ad un commento manoscritto dell’Apocalisse, il cui autore sarebbe dell’VIII secolo, poichè un motto del commentario dice: «Ab adventu Domini nostri Jesu Christi usque in presentem eram sunt anni DCCLXXXVII». Il quale asserto non è però sufficiente per assegnare alla carta la data del 787, tanto più se si badi alla forma circolare del mappamondo, non adottata dai cartografi prima del secolo X. Per altro lato, il contenuto stesso della carta dimostra che la composizione di questa è sicuramente anteriore al secolo XIII.

L’orientazione della carta è tale, che il nord si mostra alla sinistra, similmente a quanto abbiamo veduto per le due carte quadrilatere descritte nel precedente paragrafo. Quattro figure di venti, personaggi grotteschi seduti sopra otri e con dei comi in bocca, indicano i punti collaterali, cioè i luoghi in cui pare a noi che il Sole si levi e tramonti nei giorni dei solstizi. Nella parte interna si trovano l’Europa a sinistra, l’Asia in alto, l’Africa alla destra: quest’ultima è innominata, e difficilmente la si potrebbe riconoscere dalla forma detestabile che le attribuisce il cartografo. Alla estremità orientale dell’Asia, e per conseguenza nella parte superiore del disegno, si veggono disegnati Adamo ed Eva insieme col serpente tentatore che attortiglia l’albero fatale del bene e del male.

Una nota inserta nel sud della carta ci informa che, oltre alle tre parti del mondo, ve ne ha una quarta, al di là dell’Oceano, la quale è sconosciuta per causa degli ardori del sole, e sui confini della quale si pretese favolosamente che vi fossero degli abitanti antipodi: «Extra tres autem partes orbis, quarta pars trans oceanum inferior est, que solis ardore incognita nobis est, cuius finibus antipodes fabulusore inhabitare produntur».

  1. Löwenberg, Geschichte der geographischen Entdeckungsreisen, I, pag. 130.