Specchio di vera penitenza/Trattato della superbia/Capitolo sesto
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CAPITOLO SESTO.
Dove si dimostra la punizione e la pena della superbia.
Nel sesto luogo si dee dire della punizione e della pena della superbia. Dove è da sapere che, come è detto di sopra, Iddio ha sommamente in odio questo vizio; e imperò, dov’egli è è detto misericordioso e pietoso a’ peccatori, come tutta la santa Scrittura e coll’opere e colle parole suona,1 solo contro a’ superbi è aspro e duro. Onde il detto vizio gravemente punisce e danna; sì come si legge del primo Angiolo chiamato Lucifero,2 che per la superbia fu cacciato di cielo. Anche Adamo, il primo padre dell’umana natura, per questo vizio fu cacciato del3 paradiso delitiarum. La torre di Babello4 fu distrutta, le lingue confuse, e’ linguaggi divisi. Golia ne fu morto, Aman impiccato, Nicanore ucciso, Antioco umiliato, Faraone annegato, Sennacherib da’ figliuoli suoi ne fu morto, Saul isconfitto e da’ nemici suoi morto, Roboam del reame privato, Nabucodonosor gittato fuori della signoria e tra le bestie deputato, Erode mal finì e da Dio fu reprobato;5 e così di molti altri re e principi si legge nella santa Scrittura, che per la loro superbia furono da Dio abbattuti e giudicati. De’ quali dice la santa Scrittura: Sedes ducum superborum destruxit Deus: Iddio ha distrutte le sedie de’ duci e de’ rettori superbi. E in un altro luogo dice il savio Ecclesiastico: Perdidit Deus memoriam superborum: Iddio ha perduta,6 cioè distrutta, la memoria de’ superbi uomini. Non solamente nella santa Scrittura si truova gli superbi da Dio essere distrutti e giudicati, ma eziandio nelle scritture de’ secolari; come si legge nelle storie de’ Greci e de’ Romani, de’ Caldei, de’ Soriani e Indiani, e di molti altri, de’ quali raccontare sarebbe troppo lungo. I poeti scrivono di molti, che per lo vizio della superbia furono da Dio percossi e fulminati;7 come dicono spezialmente di certi giganti che, levati in superbia, vollono cacciare gl’iddii del cielo: dell’uno de’ quali, ch’ebbe nome Tifeo, iscrive Ovidio nel libro suo8 Metamorfoseos, e della sua superbia e della sua punizione, belle cose, poetando; le quali si scrivono stesamente nel nostro libro fatto in latino. Qui basti quello ch’è detto brevemente, a dare ad intendere come Iddio abbia in odio il peccato della superbia, e come gravemente lo punisce. La qual cosa si mostra chiaramente nel libro della Bibbia che si chiama Numeri, dove si scrive così: Anima quoe per superbiam aliquid commiserit, sive civis sive peregrinus, quoniam adversus Deum rebellis fuit, peribit de populo suo: L’anima, cioè l’uomo, che commetterà alcuno fallo per superbia, o cittadino o che sia forestiere, però che fu ribello contro a Dio, perirà del popolo suo; cioè sarà morto. Onde si dà a intendere la gravezza del peccato della superbia; che con ciò sia cosa che Dio comandasse che gli altri peccati si purgassono con sagrifici e con certe offerte, la superbia comandò che si punisse con pena di morte. E ciò si dimostra per uno miracolo espresso che una volta intervenne.9
Leggesi scritto da san Piero Damiano, che fu in Borgogna un cherico, il quale aveva10 acquistato uno grande benificio nella chiesa di san Maurizio, del quale era stato lungo piato tra lui e uno possente cherico del paese: ma costui, non forse perché avesse più ragione, ma perché avea avuto grande favore11 da ceti baroni della contrada, l’avea vinto, ed erane in possessione. Una mattina, essendo egli in chiesa alla messa, e cantandosi quello vangelo dove nella fine disse Iesu Cristo: Qui se humiliat exaltabitur: Chi s’aumilia sarà esaltato; volsesi costui a’ compagni, e disse: – L’altre parole del Vangelo possono essere vere, ma questa pure è falsa; chè se io mi fossi umiliato al mio avversario, non possedere’ io12 questo beneficio con tante ricchezze.13 – Detta questa parola, venne subitamente un tuono grandissimo, e una saetta14 gli entrò per la bocca, colla quale avea detta quella abominevole parola15 e lasciòllo in quello medesimo luogo morto, la lingua e la strozza tutta arsa e fattone carbone.16 Onde santo Iob, considerando la grave offesa de’ superbi, diceva a Dio: Disperge superbos in furore tuo; e più oltre: Respice cunctos superbos, et confunde eos. Ragguarda tutti gli uomini superbi, e confóndigli e spérgigli nel tuo furore, sì che non si trovi l’uno dove l’altro.
Note
- ↑ Sarebbe stato qui da seguir piuttosto l'apografo (giacchè il traslato suona non si confà troppo bene con opere) e la stampa del quattrocento, i quali hanno come tutta la santa scrittura manifesta e coll'opere, se in ambedue non fosse stato omesso di soggiungere e colle parole.
- ↑ Nel Testo: Lucibello; ch'è voce usata oggi pure tra il popolo, in ispecie delle campagne.
- ↑ Di, men bene, nel Codice e nella stampa del 25.
- ↑ Il Manoscritto: di Babilonia.
- ↑ Manca nel Codice la maggior parte di questa allegazione di esempi; e del rimanente, continua: E così di molti altri principi si legge nella Iscrittura: Sedes ect.
- ↑ Esempio, per chi compila vocabolarii, da non dimenticarsi. Le stampe del 95 e dell'85 hanno: perduta e distrutta.
- ↑ É giunta oziosa del Testo a penna: cioè da saetta.
- ↑ Segue qui il Codice, abbreviando: della quale punizione belle cose poetando disse, le quali ec.
- ↑ Il Testo, che in questi capitoli ha varietà degli altri assai più frequenti del solito, stringe qui le parole: per uno miracolo che intervenne.
- ↑ Aveva è nella sola edizione del Salviati. Il Manoscritto ci offre: conquistato ch'ebbe un beneficio; e la stampa del 95: acquistato un gran benefitio; con lunghezza soverchia e rinvoltura del periodo che appena verrebbe a risolversi colle sì lontane parole: volsesi... e disse. Chi tuttavia, dopo noi, stimasse preferibile questa lezione, che più piacque agli Accademici del 25, potrà, con addattarvi le pause e le parentesi, concederle luogo nel testo.
- ↑ Nel Testo: ma perchè ebbe aiuto.
- ↑ Ediz. 95 e 85: non harei (o avrei) io a tenere.
- ↑ Manca con tante ricchezze nel Codice.
- ↑ Ediz. 25 tramette: folgore; 95 e 85: focosa.
- ↑ Nelle stampe: bestemmia.
- ↑ Così le stampe; ed il Testo, non con maggiore eleganza: la lingue e la gola tutta gli arse e fecene carboni.