Specchio di vera penitenza/Distinzione quinta/Capitolo quarto/Qui si dimostra di quali peccati il confessoro dee domandare il peccatore; e quante sono le circostanze de' peccati delle quali il confessoro dee domandare

Distinzione quinta - Capitolo quarto - Qui si dimostra di quali peccati il confessoro dee domandare il peccatore; e quante sono le circostanze de’ peccati delle quali il confessoro dee domandare

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Distinzione quinta - Capitolo quarto - Qui si dimostra di quali peccati il confessoro dee domandare il peccatore; e quante sono le circostanze de’ peccati delle quali il confessoro dee domandare
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Qui si dimostra di quali peccati il confessoro dee domandare il peccatore; e quante sono le circostanze de'peccati delle quali il confessoro dee domandare.


Quelle cose di che il confessoro dee domandare la persona che si confessa, se vede il bisogno che non sappia o non ardisca a dire, sono gli otto vizii principali e capitali; cioè superbia, vanagloria, avarizia, ira, invidia, accidia, gola, lussuria: e de’ vizi e de’ peccati che nascono da loro; de’ quali e di ciascuno si dirà per sé distintamente più innanzi nel capitolo dove si tratterà di quali1 peccati e come la persona si dee confessare. E non solamente dee il confessoro domandare de’ peccati, ma delle circustanze che aggravano i peccati; le quali dicono i savii che sono otto, che i contengono in uno verso:

Quis, quid, ubi, per quos, quotiens, cur, quomodo, quando.

[p. 141 modifica]E seguita l’altro verso che si dice al confessoro:

Quilibet observet, animoe medicamina dando,

Voglionsi sporre in questo luogo le dette circustanzie per ammaestramento de’ confessori. La prima circustanzia della quale dee domandare il confessoro, si è, se ’l peccatore non la dice da sé medesimo. Quis: cioè a dire, che colui che si confessa, dica s’egli è prelato o suddito, cherico o laico, letterato o no, vecchio o giovane, legato in matrimonio o sciolto; però che, come dice santo Agostino, uno medesimo peccato s’aggrava e alleggiera2 secondo lo stato, l’oficio e la condizione della persona. La seconda circustanzia si è Quid: cioè, che cosa, e che peccato fu quello che commise; chè non basta dirlo in genere: – Io ho peccato in gola o in lussuria: ho detta o fatta ingiuria al prossimo; – ma conviene che la persona che si confessa, dica spressamente e specifichi in che spezie di peccato ha offeso: se ha peccato nella gola, in mangiare o in bere troppo, o in volere cose troppo dilicate, o non aspettando l’ora del mangiare: nella lussuria, se in fornicazione, o in adulterio, o in peccato contro a natura, o in qualunche altro: in dire o in fare ingiuria altrui, che ingiuria fu quella; se in parole, che parole; di minacce, di rimprovero, d’infamia: se in fatti, che fatti furono; nelle cose sue, nell’avere o nella persona: se percosse,3 con che; con ferro, mazza, pietra o pugno: e chi fu la persona che’egli offese; padre o madre, prelati o altri; e se di ciò ne seguitò danno, pericolo, o scandalo, o vergogna. Dee ancora domandare che volle o che intese di fare; chè spesse volte si pone l’uomo in quore di fare un grande malificio, com’è omicidio, tradimento o simili cose, e non viene altrui fatto: onde si dee confessare della [p. 142 modifica]mala volontà e della rea intenzione ch’ebbe. La terza circustanzia è Ubi: cioè a dire, in che luogo ha fatto il male: se fu luogo pubblico o privato; chè il peccato fatto in luogo pubblico è più grave per lo male essemplo e per lo isvergognato ardimento: se fu luogo sagrato, dov’è maggiore il peccato perla inreverenza di Dio, a cui è sagrato e diputato il luogo; onde Iesu Cristo cacciò del tempio con grande indegnazione coloro che vendeano e compravano là entro. La quarta circustanza è Per quos: cioè, con che aiuto, con quanta e quale compagnia fece il male; chè spesse volte l’uomo per fare una sua vendetta, o per venire ad alcuno suo intendimento, richiederà aiuto e compagnia che sieno con lui a mal fare, e tutti gli farà insieme seco malfattori: onde è cagione de’ loro peccati. E truovasi di quegli che, per venire ad alcuno suo intendimento, o d’acquisto o di guadagno o diletto, ricorre all’aiuto al consiglio del dimonio, o a’ malífici incantatori o indovini: che sono peccati gravissimi. La quinta circustanza si è Cur: cioè perché; che cagione ebbe l’uomo di fare il peccato: chè per la cagione molto s’aggrava il peccato. Chè maggiore e più grave peccato è furare per avarizia e per diletto di nuocere altrui, che non sarebbe a farlo per povertà: e più peccato è a ingiuriare altrui per oltraggio o per propia superbia, che non sarebbe per impazienza d’ingiuria ricevuta: e maggiore peccato è provocare la consupiscenza, e nutricare la tentazione e la mala volontà, che non è lasciarsi vincere alla forte tentazione per fragilità: e maggiore peccato è peccare in pruova o per certa malizia, che per ignoranza o per infermitade. La sesta circustanza si è Quotiens: cioè a dire quante volte ha l’uomo fatto il peccato; però che la seconda volta è più grave che la prima, e la terza che la seconda; e pare che quello cotale spregi e abbia a vil la bontà e la benignità di Dio che ’l sostiene, e spezialmente quando ricade in quello medesimo peccato del quale altra volta fu prosciolto: chè colla gravezza del peccato, ci è la [p. 143 modifica]'ngratitudine della grazia ricevuta; ed ècci il rompere della pace e del patto fatto con Dio di non offenderlo. Onde, a dimostrare come è grave il ricadere nel peccato, Iesu Cristo sempre dicea a coloro i quali egli assolvea: Vade in pace, et amplius noli peccare: Va, e nol fare mai più. E la ’nfermitade nella quale si ricade, è più pericolosa che non fu in prima, e richiede maggiore diligenzia dal medico a curarla. Così il confessoro, ch’è medico dell’anime, dee sapere se ’l peccatore è ricaduto in uno medesimo peccato, e quante volte; acciò ch’egli sappia meglio dare la medicina della penitenzia, e consigliarlo della guardia per innanzi. La settima circustanzia si è Quomodo: ciò a dire, in che modo l’uomo peccò: chè se dice che ha dell’altrui, domandi in che modo; per usura, per furto o per rapina, per giuoco o per avere ritenuta la mercede della fatica altrui: se dice che battè altrui, domandi se fu piano o forte, e se fu a mano vôta,4 o come; e se ’l fece a tradimento,5 o per fare vendetta. E così in questi e in tutti gli altri peccati domandi e esamini il peccatore de’ modi che aggravano il peccato: tuttavia, come detto è di sopra, cautamente e discretamente, sì che la persona dica il peccato e ’l modo, se l’ha fatto; e se non l’ha fatto, non l’appari, siccome detto è di sopra. L’ottava circustanzia del peccato della quale el confessoro dee domandare, si è Quando: cioè, in che tempo: se fu quando era giovane, o se ’l peccato è antico o novello; o se fu in dì di festa, o in tempo di penitenzia, come è la quaresima e le quattro tempora; o se fu quando si dicea la messa, o quando si predicava, o quando si tengono l’ordinazioni de’ cherici,6 o quando vanno le [p. 144 modifica]procissioni, o quando si debbono dispensare e ricevere i sagramenti della Chiesa, o quando altri fosse per entrare in mare o in battaglia; chè tanto è maggiore il peccato, e tanto mostra piggiore disposizione, quanto altri doverebbe allora essere meglio disposto. L’altro verso che si dice al confessoro, si è: Quilibet observet; cioè ciascuno osservi le cose dette di sopra: Animoe medicamina dando, dando le medicine all’anima;7 la qual cosa fa il confessoro, il quale, come detto è di sopra, è medico dell’anime.

Note

  1. Ivi, e nella stampa del quattrocento: di quelli (quegli.)
  2. Ediz. 95: allevia; 85: si raggrava e rallieva; 25: s'aggrava et alleggia. Il verbo, non molto bello, alleggiera è anche in altro Testo veduto dagli Accademici.
  3. Gli editori del primo secolo: se sono state percosse.
  4. Nel Testo: se fu man vota.
  5. Così in tutte le stampe; ma nel Codice delle Murate: arcadamente; che certo non è giojello da mettersi in mostra, ma nemmeno parola da cancellarsi come incredibile, chi ricordi che arcadore e arcare si usarono in antico per ingannatore e ingannara.
  6. Queste parole: o quando si tengono ec., sono soltanto nell'edizione del 25.
  7. Tra le aggiunte della sopraddetta edizione del 25, è ancora questa che qui ricorreva: o dell'anima.