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distinzione quinta — cap. iv. |
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mala volontà e della rea intenzione ch’ebbe. La terza circustanzia è Ubi: cioè a dire, in che luogo ha fatto il male: se fu luogo pubblico o privato; chè il peccato fatto in luogo pubblico è più grave per lo male essemplo e per lo isvergognato ardimento: se fu luogo sagrato, dov’è maggiore il peccato perla inreverenza di Dio, a cui è sagrato e diputato il luogo; onde Iesu Cristo cacciò del tempio con grande indegnazione coloro che vendeano e compravano là entro. La quarta circustanza è Per quos: cioè, con che aiuto, con quanta e quale compagnia fece il male; chè spesse volte l’uomo per fare una sua vendetta, o per venire ad alcuno suo intendimento, richiederà aiuto e compagnia che sieno con lui a mal fare, e tutti gli farà insieme seco malfattori: onde è cagione de’ loro peccati. E truovasi di quegli che, per venire ad alcuno suo intendimento, o d’acquisto o di guadagno o diletto, ricorre all’aiuto al consiglio del dimonio, o a’ malífici incantatori o indovini: che sono peccati gravissimi. La quinta circustanza si è Cur: cioè perché; che cagione ebbe l’uomo di fare il peccato: chè per la cagione molto s’aggrava il peccato. Chè maggiore e più grave peccato è furare per avarizia e per diletto di nuocere altrui, che non sarebbe a farlo per povertà: e più peccato è a ingiuriare altrui per oltraggio o per propia superbia, che non sarebbe per impazienza d’ingiuria ricevuta: e maggiore peccato è provocare la consupiscenza, e nutricare la tentazione e la mala volontà, che non è lasciarsi vincere alla forte tentazione per fragilità: e maggiore peccato è peccare in pruova o per certa malizia, che per ignoranza o per infermitade. La sesta circustanza si è Quotiens: cioè a dire quante volte ha l’uomo fatto il peccato; però che la seconda volta è più grave che la prima, e la terza che la seconda; e pare che quello cotale spregi e abbia a vil la bontà e la benignità di Dio che ’l sostiene, e spezialmente quando ricade in quello medesimo peccato del quale altra volta fu prosciolto: chè colla gravezza del peccato, ci è la ’ngratitu-