Sotto l'Austria nel Friuli/Mariuccia/VII. La Processione

VII. La Processione

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Mariuccia - VI. La Signorina Mariuccia - VIII. Gusti di campagna

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VII.

La Processione.


— È inutile, buona donna: non vedete i cavalli già pronti? Figuratevi s’egli ha tempo adesso d’ascoltare i vostri piagnistei!

— Ah! per carità, signor Franz, un solo minuto; si tratta del mio Vigi che vogliono farlo soldato. —

Queste parole si scambiavano nell’atrio del palazzo del barone tra un cameriere tutto attillato e una vecchia contadina che insisteva per essere presentata al padrone. Con lei era il figliuolo, un bel giovane bruno, che noi abbiamo veduto alla sagra di Madonna [p. 38 modifica]di Strada. Sulla porta, colla testa china e tutta chiusa nel suo ampio fazzoletto a croce, stava la Mariuccia, che nel suo dolore li aveva seguiti a Gorizia, sperando, l’ingenua, di poter salvare l’amato giovane, se non altro, a forza di lagrime.

— Ma vi ho detto e ripetuto che questo non è il momento di disturbare i padroni! Or via, capitela una volta, e andatevene in malora! — brontolava il cameriere. — Sono tre lunghe ore che si aspetta qui coi cavalli attaccati, e adesso che la signorina s’è finalmente alzata, ci vorrebbe proprio quest’altro impiccio per far perdere altro tempo! —

In quella il barone scendeva le scale. La donna corse a baciargli la mano, e tutta lacrimosa gli narrò del figliuolo.

— Oh! oh! — diss’egli — ma che cosa v’immaginate? ch’io possa farlo restare a casa quand’è l’Imperatore che lo chiama?

— Oh, signor barone! Ella che ha tante conoscenze a Vienna.... una sua parolina ce Io salverebbe di certo, come già anni fa fu salvato il figlio di Piero!...

— Erano altri tempi, buona donna allora. Adesso si tratta di servire la patria.... E poi, la vita del soldato non è mica così disgraziata come si crede. Egli, vedo, è un bel giovane robusto.... Fatti in qua — disse il barone a Vigi, che, levatosi il cappello, si avvicinò tutto rispettoso. — Perdinci! — soggiunse — ha una figura da vero granatiere. Su via, giovinotto, coraggio! —

Ma egli accorato guardava la Mariuccia che a quelle parole scoppiò in un dirotto pianto.

— Eh! non bisogna badare all’amorosa — aggiunse ancora il barone. — La fortuna va pigliata [p. 39 modifica]quando viene, e l’andar soldato in questi momenti è una vera fortuna, capite? Doppia paga, buon trattamento, carriera aperta.... E poi in una guerra d’insorti come questa, in un paese ricco come l’Italia, se saprete fare, non vi mancherà certo la vostra parte di bottino. E quando quei matti si saran finiti di quietare, ciò che non andrà in lungo, perchè le nostre armi finora sono state sempre vittoriose.... allora m’impegno io di procurarvi un congedo. Tutt’al più un paio d’anni, giovinotto, e poi tornerete a casa con le tasche piene di napoleoni, con una bella croce sul petto; e cotesta pazzerella che ora piange, se avrà tanto giudizio di aspettarvi, sarà ben contenta di diventare la vostra signora moglie! Addio, addio. Ricordatevi di me e fatemi un brindisi al primo bivacco, quando sarete al campo. — E gettò al giovine una moneta.

I tre partirono mortificati. Ma le parole del barone erano un seme che doveva dare il suo frutto. Il giovane infatti le andava ruminando continuamente, e ne’ suoi occhi avevano acceso come una fiamma sinistra che disseccò ben presto le lacrime che il pensiero della Mariuccia gli faceva versare. L’Italia, questo paradiso terrestre, questo paese dell’abbondanza e della ricchezza, ch’egli aveva tante volte sentito magnificare, ora gli stava sempre nella mente. Se incontrava un ricco, se per caso vedeva lo scintillare d’un anello, di un monile, o di qualunque altro oggetto prezioso, subito gli veniva l’idea che di questi in Italia ce ne fossero a bizzeffe, e senza scrupolo, nel segreto del suo cuore, agognava l’oro dei ribelli, come preda lecita e promessa. Insomma, egli s’andò ogni di più adattando al destino che l’attendeva, e quando venne l’ordine di partire, era già soldato [p. 40 modifica]nell’anima e disposto a dar prove non indegne dell’austriaco valore.

Il barone, dopo avere accompagnato la nipote, se ne tornava contento dal piccolo viaggio, e tanto più perchè era riuscito a rallegrarla alquanto in quei tre o quattro giorni ch’egli si era trattenuto in quella sua romita villetta abitata da soli contadini. Ma aveva dovuto starsene affatto digiuno di notizie politiche e di notizie della guerra ed era impaziente di conoscerle, specialmente le seconde.

Nell’attraversare la strada postale, si ricordò che proprio in quel giorno alcuni graduati austriaci, tra i quali un generale suo amico ch’era alla direzione del blocco di Palma, dovevano trovarsi a pranzo in un villaggio vicino, in casa d’un conte suo congiunto per festeggiare la guarigione del nipote del maresciallo S*** che ferito sotto Udine, era stato trasportato là, e ordinò al cocchiere di dirigere a quella volta i cavalli, proponendosi di godere anch’egli di quel lieto convegno e sperando di avere da loro informazioni precise intorno agli avvenimenti degli ultimi giorni. Ma non aveva fatto due miglia, che dovette fermarsi. Una quantità di gente ordinata in lunga processione, col capo scoperto e alternando divote salmodie, gli veniva incontro proprio per la strada ch’egli doveva percorrere. Erano i superstiti, scampati all’incendio di Jalmicco, che trasportavano l’immagine della Madonna e le reliquie dei loro Santi nella chiesa del vicino villaggio, dove un buon prete aveva potuto ottenere che venissero raccolte e conservate. Appena avuta notizia di quel permesso, tutti quei profughi erano accorsi da ogni parte a ricercare tra le macerie quelle cose sacre e venerate, e nel trovarsi li riuniti sulle rovine dell’amata terra natale, nel rivedersi dopo [p. 41 modifica]tante sventure, piangevano di consolazione. Alcuni arditi s’erano arrampicati sul campanile, del quale non restavano che le nude muraglie, e avevano dato nelle campane, il cui suono aveva percosso anche le orecchie del barone. Venivano in processione, prima le croci annerite dall’incendio, poi i gonfaloni e gli stendardi, dei quali non rimaneva che qualche brandello di seta arsiccia; seguivano i preti con gli avanzi dei vasi sacri, degli arredi sacerdotali e delle reliquie; ultima veniva l’immagine mutilata della Vergine col Bambino, al quale avevano mozzate le mani e cavati gli occhi. Seguiva una turba infinita di donne, che ad ogni versetto del salmo intonato dai preti e da’ cantori alternava nel suo dialetto questi pietosi lamenti:

— Madre nostra benedetta, noi ti avevamo vestita come una regina, col manto ricamato, coll’abito di seta frangiata d’oro, e quegli empi ti hanno denudata, e ti hanno tolta la corona dal capo, i veli dal seno!...

— Madre nostra amorosa, noi ti avevamo donato gli orecchini con pietre preziose, appeso al collo e intorno al tabernacolo i nostri vezzi d’oro, riempite le dita di anelli, e quegli infami ti hanno strappate le orecchie, insozzata la faccia, tagliate le dita!...

— Noi venivamo ogni sera a recitare ai tuoi piedi il rosario; ed essi ti hanno profanata, bestemmiata e cacciata, come noi, dalla tua casa!...

— O cara nostra Madre tanto bella, tanto santa, chi più ti riconosce?...

— O povera Madre nostra, che cosa hanno fatto del vostro Divin Bambino? Dove sono i monili d’oro che gli coprivano il petto? Dove le tante rose di cui lo avevamo nei dì solenni adornato?... — [p. 42 modifica]E continuavano, continuavano, variando all’infinito cotesti loro lamenti. Quelle facce sparute e lacrimose, quei fanciulletti scalzi e macilenti che seguivano le loro madri, tutta quella turba cenciosa che con le mani giunte e in divoto raccoglimento sfilava dinanzi al barone trasportando gli avanzi venerati del suo culto, quelle preci e quei lamenti lo conturbarono profondamente e suo malgrado lo commossero. Indarno per cancellare quella dolorosa impressione egli procurò d’immergersi con tutta l’anima nella gioia del convito che lo accolse al suo arrivo. Nè la lieta accoglienza che ricevette, nè le notizie di strepitose vittorie venute proprio in quel momento dall’Italia, nè i reiterati evviva al magno Radetzki poterono in alcun modo cancellare dalla sua memoria il miserando spettacolo di cui era stato testimonio. Fra i bicchieri colmi di vino e l’allegria degli entusiasti compagni, altro ei non vedeva che la lunga e lugubre processione degli scampati all’incendio di Jalmicco.