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tante sventure, piangevano di consolazione. Alcuni arditi s’erano arrampicati sul campanile, del quale non restavano che le nude muraglie, e avevano dato nelle campane, il cui suono aveva percosso anche le orecchie del barone. Venivano in processione, prima le croci annerite dall’incendio, poi i gonfaloni e gli stendardi, dei quali non rimaneva che qualche brandello di seta arsiccia; seguivano i preti con gli avanzi dei vasi sacri, degli arredi sacerdotali e delle reliquie; ultima veniva l’immagine mutilata della Vergine col Bambino, al quale avevano mozzate le mani e cavati gli occhi. Seguiva una turba infinita di donne, che ad ogni versetto del salmo intonato dai preti e da’ cantori alternava nel suo dialetto questi pietosi lamenti:
— Madre nostra benedetta, noi ti avevamo vestita come una regina, col manto ricamato, coll’abito di seta frangiata d’oro, e quegli empi ti hanno denudata, e ti hanno tolta la corona dal capo, i veli dal seno!...
— Madre nostra amorosa, noi ti avevamo donato gli orecchini con pietre preziose, appeso al collo e intorno al tabernacolo i nostri vezzi d’oro, riempite le dita di anelli, e quegli infami ti hanno strappate le orecchie, insozzata la faccia, tagliate le dita!...
— Noi venivamo ogni sera a recitare ai tuoi piedi il rosario; ed essi ti hanno profanata, bestemmiata e cacciata, come noi, dalla tua casa!...
— O cara nostra Madre tanto bella, tanto santa, chi più ti riconosce?...
— O povera Madre nostra, che cosa hanno fatto del vostro Divin Bambino? Dove sono i monili d’oro che gli coprivano il petto? Dove le tante rose di cui lo avevamo nei dì solenni adornato?... —