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E continuavano, continuavano, variando all’infinito cotesti loro lamenti. Quelle facce sparute e lacrimose, quei fanciulletti scalzi e macilenti che seguivano le loro madri, tutta quella turba cenciosa che con le mani giunte e in divoto raccoglimento sfilava dinanzi al barone trasportando gli avanzi venerati del suo culto, quelle preci e quei lamenti lo conturbarono profondamente e suo malgrado lo commossero. Indarno per cancellare quella dolorosa impressione egli procurò d’immergersi con tutta l’anima nella gioia del convito che lo accolse al suo arrivo. Nè la lieta accoglienza che ricevette, nè le notizie di strepitose vittorie venute proprio in quel momento dall’Italia, nè i reiterati evviva al magno Radetzki poterono in alcun modo cancellare dalla sua memoria il miserando spettacolo di cui era stato testimonio. Fra i bicchieri colmi di vino e l’allegria degli entusiasti compagni, altro ei non vedeva che la lunga e lugubre processione degli scampati all’incendio di Jalmicco.
VIII.
Gusti di campagna.
La signorina Cati cominciava a risentire il benefico influsso dell’aria libera dei campi, ch’ella aveva tanto desiderato. Partito il barone, s’era data a godere pienamente la vita campestre, e avendo rinunziato ad ogni etichetta, pranzava in compagnia della fattoressa e di suo marito. Usciva a far delle lunghe passeggiate con la Rosina loro figlia, una ragazzetta di quindici anni che le si era affezionata