Sotto l'Austria nel Friuli/Mariuccia/IV. I Ribelli

IV. I Ribelli

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IV.

I Ribelli.


— Lela! su, Lela, cammina! Come va che stasera tu non puoi tenerci dietro?

— La colpa è di Tinetto, mamma, che va come una lumaca.

— Ho perduto uno zoccolo io — piagnucolava zoppicando il piccino — e sento male al piede scalzo. Io non posso camminare così, io!

— Butta via anche l’altro zoccolo — gli diceva la sorella. — Tanto è tutto sciupato; e si va meglio scalzi. — Ma il fanciullo continuava a piagnucolare mentre si udiva un po’ distante il passo della madre e dell’altro bambino ch’ella si trascinava dietro.

— Mamma, Tinetto non ne può più: me lo devo prendere in braccio?

— Ma ti pare? Per rompervi il collo tutt’e due! — E fermatasi: — Santa Vergine! — esclamava — [p. 16 modifica]che pena con queste creature! Se non fosse stato quel cattivo signore, che con le sue acerbe parole ci ha inimicata la gente, quell’uomo della sbarra ci dava da dormire. Ora bisogna arrivare all’altro villaggio; ma quando arriveremo, saranno già tutti a letto, e ci toccherà a serenare sulla strada. Lela, vai tu con Giacomino, e io prenderò in collo Tinetto. — Così fece la donna, ma dopo pochi passi il suo stato interessante l’obbligò a posare il fanciullo e a sedersi sull’orlo di un fosso per riposare.

— Mamma, ce lo darai il pane stasera? — chiedevano i bambini.

— Povere le mie viscere! E non avete veduto come ci hanno maltrattati? Oh Dio! Dio!... Ahi! che lampo d’inferno! Vogliono proprio incendiarla quella povera fortezza! — diss’ella abbarbagliata dal vicino splendore d’una delle tante bombe, che in quella notte venivano lanciate contro Palma. Si alzò, come per fuggire il fracasso che la rintronava tutta, e si trascinò alla meglio fino al villaggio che giace a destra della strada postale.

Non lungi dalla chiesa, nel cortile di una casa colonica si vedeva un focherello, intorno al quale si agitavano alcune persone, ed ella si diresse a quella volta. Erano contadini che avendo la cucina ingombra dalle stoie dei bachi da seta, preparavano la cena lì all’aperto.

— O di casa! — disse la donna — potreste darci ricovero per questa notte? — La fecero entrare subito, la fecero sedere con loro lì vicino al fuoco, e aggiunsero un po’ d’acqua nel paiolo. Parlavano della guerra, e la poveretta, rinfrancata da quell’accoglienza ospitale, osò dire ch’era di Jalmicco. [p. 17 modifica]

— Oh disgraziata! — esclamò la padrona di casa, lasciandosi cader di mano la mestola, con cui gettava nel paiolo la farina. Tutti gli altri cangiarono subito aspetto, e si dettero a sogguardare sospettosi la forestiera e i suoi piccini.

— Voialtri Italiani — disse un vecchio, che dal rispetto con cui veniva trattato pareva il capoccia della famiglia — foste severamente puniti. Io non sono stato a Jalmicco; ma mi dicono che è una vera desolazione.

— È uno spettacolo da fare inorridire! — rispose la poveretta. — Là non c’è più una sola casa in piedi. Da per tutto mucchi di sassi anneriti dal fuoco, e calcinacci che ingombrano la piazza e le strade. La nostra bella chiesa è tutta rovinata; le pietre dei sepolcri spezzate, le reliquie e le immagini dei santi disperse, mutilato, insozzate.... Oh! mio Dio!... E in mezzo a quella distruzione sono acquartierati i soldati che deridono, insultano i meschini che osano rovistare tra quelle macerie....

— Eravate in casa quando diedero fuoco?

— Mio marito era nei campi. Io, meschina, a casa colle creature. Mia suocera spaventata corse ad avvisarmi che i soldati erano vicini, ed io pensai di fuggire. Avevo al collo la collana d’oro, e pensando che avrebbero potuto rubarmela, lasciai i bambini sulla via, tornai in casa e la nascosi nella cassa.... Oh! io avevo una bella cassa, piena zeppa di biancheria e avevo tanti vestiti da far invidia a una regina. Mi tolsi perfino la pezzuola di seta, e, stupida che sono! la riposi con le altre robe per prendermi questo straccio. Poi, via per i campi! Dietro di me udivo le fucilate e lo scalpitare dei cavalli e il vociare pauroso dei miseri paesani. Oh Dio! Non avevo fatto un miglio, quando [p. 18 modifica]un gran fumo cominciò ad alzarsi sopra il nostro villaggio, poi in diversi punti divampò il fuoco ed altri villaggi ardevano qua e là. Che notte d’orrore! E non saper niente di mio marito!... Di tratto in tratto ci raggiungevano turbe di fuggenti: mamme coi bambini in collo, vecchi e ammalati che si trascinavano a stento o che venivano trasportati pietosamente. E chi raccontava che il tale lo avevano fucilato, che il tal altro era morto calpestato dalla cavalleria. Tre giorni andai vagando come pazza con le mie creature e appiattandomi nei fossi. Finalmente mio marito venne, e mi disse che di tutta la nostra roba non ci rimaneva più nulla.

— Poveretta! poveretta! — esclamavano singhiozzando le donne commosse da quel racconto, dimentiche che si trattava di ribelli. — E la casa? era vostra la casa?

— Era nostra — rispose la donna — e avevamo speso a restaurarla, proprio l’anno scorso, duecento ducati: tutti i nostri risparmi.

— Non avete nessun parente che possa soccorrervi?

— Due miei fratelli coltivano un buon podere ed hanno polenta quanto basta, ma tanto l’uno che l’altro hanno un branco di figlioli; una mia sorella è moglie del fattore del conte B***; le altre due maritate lì nel villaggio ora non hanno più nulla esse e i loro figlioli. E mio padre? e mia madre? Non hanno che gli occhi per piangere.... O mio Dio, ci vuol altro per soccorrerci tutti!... Dev’esserci in questi dintorni una mia cugina — aggiunse ella dopo un momento di pausa, nel quale si era asciugato col dorso della mano le lagrime che le scorrevano lungo le guance macilente. — Tre anni fa seppi ch’ella era a servire in una [p. 19 modifica]buona casa di contadini; e siccome quand’eravamo fanciullette e vivevamo insieme, ella mi voleva un gran bene, così, come potevo, cercai allora sempre di aiutarla.... Ma forse ella adesso è maritata....

— Volete scommettere, mamma, che parla della Mariuccia?... — esclamò una ragazza.

— Già, si chiama proprio così.

— Sta per garzona proprio nella casa qui dirimpetto....

— Oh, la vedrei pur volentieri! — disse la poveretta.

— Anzi, quest’anno va a marito — aggiunse la ragazza — e in una casa di benestanti. Ha proprio avuto fortuna. —

E così continuarono tutta la sera a discorrere di lei, del suo fidanzato e della sua famiglia, e della famiglia dov’ella stava a servire, finche venne l’ora d’andare a letto. La massaia condusse la povera donna coi bambini a dormire nel fienile dov’ella fece un lungo sonno, nel quale, com’ebbe poi a raccontare, le parve d’esser tornata nella sua casuccia insieme col marito e coi figli e d’aver ritrovato intatti tutti gli oggetti che aveva tanto pianti distrutti dal fuoco.