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che pena con queste creature! Se non fosse stato quel cattivo signore, che con le sue acerbe parole ci ha inimicata la gente, quell’uomo della sbarra ci dava da dormire. Ora bisogna arrivare all’altro villaggio; ma quando arriveremo, saranno già tutti a letto, e ci toccherà a serenare sulla strada. Lela, vai tu con Giacomino, e io prenderò in collo Tinetto. — Così fece la donna, ma dopo pochi passi il suo stato interessante l’obbligò a posare il fanciullo e a sedersi sull’orlo di un fosso per riposare.

— Mamma, ce lo darai il pane stasera? — chiedevano i bambini.

— Povere le mie viscere! E non avete veduto come ci hanno maltrattati? Oh Dio! Dio!... Ahi! che lampo d’inferno! Vogliono proprio incendiarla quella povera fortezza! — diss’ella abbarbagliata dal vicino splendore d’una delle tante bombe, che in quella notte venivano lanciate contro Palma. Si alzò, come per fuggire il fracasso che la rintronava tutta, e si trascinò alla meglio fino al villaggio che giace a destra della strada postale.

Non lungi dalla chiesa, nel cortile di una casa colonica si vedeva un focherello, intorno al quale si agitavano alcune persone, ed ella si diresse a quella volta. Erano contadini che avendo la cucina ingombra dalle stoie dei bachi da seta, preparavano la cena lì all’aperto.

— O di casa! — disse la donna — potreste darci ricovero per questa notte? — La fecero entrare subito, la fecero sedere con loro lì vicino al fuoco, e aggiunsero un po’ d’acqua nel paiolo. Parlavano della guerra, e la poveretta, rinfrancata da quell’accoglienza ospitale, osò dire ch’era di Jalmicco.