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Lettera alla moglie

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Giornale di un miliziano Catalogna, baluardo della rivoluzione
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LETTERA ALLA MOGLIE1


Tento! di scriverti una lettera. Da quando sono partito ho avuto un’esistenza fantastica, senza un attimo di tempo per raccogliermi e riordinare le infinite impressioni e emozioni. Sono come un uomo trasportato di colpo dalla terra alla luna. Tutti i rapporti, le abitudini capovolte. Per fortuna che resto adattabile e giovanile di spirito, e — l’ho constatato con piacere — di corpo.

Dunque, partiamo da Barcellona il 18 sera, mercoledì. Angeloni aveva il comando della compagnia mitraglieri, io della fucilieri. Assieme dirigevamo il reparto italiano destinato alla Colonna Ascaso. Accoglienze straordinarie la notte nei paesi catalani traversati dal nostro treno, in particolare a Tarrasa dove tutto un popolo, all’una di notte, circondò il treno portando frutta, pane, vino, inneggiando alla rivoluzione e all’Italia. [p. 155 modifica]

La notte successiva, dopo varie vicissitudini, arrivammo in una infima località del fronte aragonese e si iniziava la fantastica vita di accampamento e poi di guerra che spero conoscerai già attraverso le corrispondenze di Calosso in «Giustizia e Libertà». Riuscimmo durante tre giorni ad organizzarci su basi militari, con istruzioni, muli, cucine. Il quarto giorno, occupammo una linea assai importante che immediatamente fortificammo.

Fu questa fortificazione concepita e realizzata con seri criteri militari che ci permise di resistere a un attacco improvviso di una colonna motorizzata, cinque o sei volte superiore e appoggiata da un’autoblindata.

Ecco la mia ferita: dato l’allarme, mi portai sulla trincea; stavo osservando alle prime luci dell’alba la zona antistante quando cominciarono a fioccare le prime pallottole. Sentii un leggerissimo colpo sulla parte destra. Nessun dolore. Scesi in trincea, vidi che perdevo un po’ di sangue, mi recai all’infermeria. Una palla straordinariamente fortunata: entrata e uscita superficiale, nessuna lesione e, straordinario, nessun dolore.

Mentre stavo al posto di medicazione la battaglia sviluppava. Ma tu sapessi come è difficile seguire una battaglia: si spezzetta in mille episodi secondari. Contegno dei nostri straordinario, meraviglioso, come non avrei supposto, nonostante che fossi molto ottimista, il più ottimista di tutti. L’attacco durò quattro ore. Le perdite avversarie furono dieci volte superiori alle nostre. Le nostre tuttavia furono alte, troppo alte. [p. 156 modifica]

(Sospensione per servizio).

L’alta percentuale delle perdite credo che in parte sia dovuta alla temerarietà di cui fecero mostra alcuni, o nuovi al fuoco o sprezzanti della vita.

Riprendo il filo del racconto. Dunque, vedendo che la lotta continuava e il fuoco avversario si stringeva, scendevo a un posto vicino a prendere rinforzi che attaccando di fianco l’avversario lo costringevano a battere in ritirata. Credo che nessun altro reparto avrebbe tenuto la posizione in condizioni simili.

Ora la posizione sul fronte è profondamente modificata a nostro favore. I nostri avanzano, noi abbiamo avuto rinforzi di uomini e materiali, tra pochi giorni la situazione sarà risolta in questa zona a nostro favore. Si porrà perciò abbastanza presto il problema del nostro ritorno.

La piccola ferita non mi dà la minima noia, tanto è vero che sono rimasto col reparto di cui ho assunto il comando, aiutato magnificamente da Tulli, Magrini, Tortora, e soprattutto da un eccezionalmente in gamba ex-ufficiale anarchico delle truppe coloniali, Bifolchi, venuto da Bruxelles, di cui credo che Calosso abbia già fatto le lodi sul giornale.

Preferisco non parlarti dei compagni caduti. Ne scriverò un giorno come meritano. Angeloni è morto come un eroe classico: «Addio, compagni», gridò sul ciglione dove si era troppo scoperto. Cantò l’Internazionale, parlò dei suoi, serbò coscienza fino alla fine [p. 157 modifica](fu trasportato all’ospedale). Agli spagnoli disse che era bello e facile morire per la libertà.

Come chiederti ora di non vivere in ansia per me? Tu penserai che anche per me sussistono grandi rischi, mentre ti assicuro formalmente che non è così, o meglio, non è più così. Siamo in posizione più tranquilla, anzi tranquillissima e attacchi di sorpresa come quelli del 28 non possono più avvenire.

Avrei pagine e pagine da scriverti sulla vita al campo, il ritorno allo stato di natura, la psicologia di questo popolo straordinario, la grandiosità di questa guerra rivoluzionaria di popolo. Ma non ho il tempo, non ho il modo. Mi lavo ogni tre o quattro giorni, dormo si e no qualche ora per notte, trotto sul giorno, bevo e mangio quando capita (per verità i rifornimenti sin qui sono stati larghi e la nostra cucina ottima), insomma vita militare da campagna pura, bella, entusiasmante.

Marion cara, quale esperienza straordinaria. Tornerò arricchito, fortificato, ringiovanito. Sento che tornerò, come sentivo, ma non te l’avevo detto, che l’onore della prima palla (intelligentissima) sarebbe stato mio.

La colonna italiana ha già scritto una pagina di storia. Penso a Rossi e alla sua frase: «A nulla servono le idee se non si è pronti a servirle con l’azione».

Note

  1. Dal libro: Oggi in Spagna, domani in Italia. 31 agosto 1936.