Scritti politici e autobiografici/Allargare gli orizzonti
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ALLARGARE GLI ORIZZONTI1
Mentre qualcuno tra gli esuli più debole e più disperato si pone il problema di un ritorno materiale in patria a prezzo di rinunce, noi insistiamo con gli esuli per un ritorno ideale: cioè per un nuovo sforzo inteso a stabilire un rapporto sempre più vivo, di profonda mutua comprensione con gli elementi migliori, più appassionati, della generazione nuova in Italia. Che cosa pensano? Come reagiscono agli eventi che tutti viviamo?
Senza il loro concorso attivo nulla di grande farà l’antifascismo.
Dicevamo appunto nel nostro ultimo articolo che questo è il solo attuale, vero problema per un antifascismo operante e realista: far corpo coi giovani, essere la nuova generazione, abbandonando gli schemi di un antifascismo finito e l’utopia di una riforma compiuta dall’esterno, in qualità di pedagoghi infallibili.
Esprimevamo queste esigenze in forma generica, mentre nello stesso numero del giornale appariva un mirabile studio — Nuova Generazione — che forniva un’acuta quanto generosa interpretazione del dramma della nuova generazione europea. Nessuno era riuscito sinora come l’autore di questo scritto — uno spirito veramente europeo — a dissociare nei suoi componenti uno stato d’animo che riesce ai più inafferabile o ripugnante.
Ribellione antisociale, questa dei giovani d’oggi, giudica A. C., irrisione a freddo di tutti i valori prostituiti da mezzo secolo di pratica «democratica», frenesia di evasione, delirio di cimento, qualunque esso sia, spirito d’avventura, nihilismo che si accompagna, con contraddizione solo apparente, alla accettazione di discipline di inaudito rigore.
Non è solo scetticismo, non è solo carrierismo, esaltazione sportiva, volgarità. Questa ribellione che a noi appare cieca e assurda è il riflesso dello sgretolarsi di un mondo, della precarietà di tutti i destini, dell’universale corrompersi di ogni principio e misura.
La conclusione dell’A. non è pessimistica.
Stupendamente detto. E chiaramente delineato il compito di un antifascismo che non voglia ridursi al culto delle memorie.
Bisogna capire questi giovani, rendendo chiari e coerenti i motivi istintivi che li agitano e portando alle estreme conclusioni il processo che hanno iniziato. Non mezzi termini. Verità assolute e ideali integrali. Rinuncia alla propaganda vecchio stile, o rovesciamento dei suoi termini. Anziché partire dal fatto assiomatico «Lotta contro il fascismo», rivoluzione, per porre le basi di un nuovo stato, partire dalla conquista morale e intellettuale del mondo nuovo, dalla netta affermazione di valori non contaminati per portare la nuova generazione alla lotta a morte contro lo stato consacrato delle cose.
La relativa accettazione del fascismo in Italia da parte di molti giovani non significa solo addormentamento delle coscienze, rinuncia a pensare; è la riprova di un’insufficiente presa del nostro antifascismo, della bassa temperatura, della limitata vibrazione dei nostri programmi e delle nostre idee. L’errore è stato di credere che in questa fase la lotta potesse essere meramente politica e economica.
È indispensabile allargare gli orizzonti, risalire alle cause prime e affrontare i temi essenziali di fronte a cui, se si possiede un pensiero forte e puro, nessuno, e tanto meno i giovani, può restare a lungo indifferente; valore dell’uomo, della vita, nozione della libertà, della giustizia, significato della cultura, posto del lavoro, della famiglia, della patria, dello stato. Scavo in profondità, fissazione per linee massicce della fisionomia di questo mondo nuovo che la rivoluzione si incaricherà di rivelare, di fissare esteriormente.
È un’opera immane per una generazione, che giustifica una vita intera, un esilio, una prigionia e che richiede l’universale collaborazione. Il calvario del disoccupato, l’esperienza dura del proletario non sono meno importanti dell’analisi dell’intellettuale, anch’egli, se vero intellettuale, oggi quasi sempre disoccupato e sfruttato.
Sarebbe questo un passo indietro, un ritorno a un antifascismo generico? No: è un balzo avanti, su terreno vergine, oltre gli steccati convenzionali, uno spregiudicato esame di coscienza a cui tutti debbono partecipare.
Che i morti seppelliscano i morti. Lasciamo i fascisti ufficiali epilogare sulle corporazioni e l’èra imperiale, i servi prezzolati lustrare il dittatore, le borghesie anglo-francesi tentar di arrestare la valanga con l’appello a principii traditi, l’antifascismo vecchio stile disputarsi nei piccoli porti dell’esilio la purità marxista e il non plus ultra dell’estremismo. Noi ripartiamo verso l’alto mare; noi proponiamo ai giovani di associarsi a questa grande impresa. Al vecchio mondo che rovina bisogna sostituirne uno nuovo nel quale l’uomo conti come uomo, come potenza spirituale, e non come potenza animale o monetaria. Nuovo umanesimo.
Non ci lasceremo più impressionare dalle catalogazioni di moda e dalla politica pura che in regime totalitario fascista si risolve in esercizio retorico. Il fascismo ha creduto di straniarci dall’Italia bandendoci dal territorio o privandoci di ogni diritto e umanità. Ebbene, noi l’Italia la riconquisteremo lottando con la giovane generazione italiana ed europea in una congiura alla luce del sole. Quando la nuova fede si sarà propagata con forza irresistibile le idee troveranno le loro armi e i giovani delle scuole e delle officine si batteranno in massa.
Allora non noi, ma il fascismo, sarà il grande fuoruscito della storia moderna.
Il suo sarà un esilio senza ritorni.
Note
- ↑ Da «Giustizia e Libertà»: 24 agosto 1934.