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suno, e tanto meno i giovani, può restare a lungo indifferente; valore dell’uomo, della vita, nozione della libertà, della giustizia, significato della cultura, posto del lavoro, della famiglia, della patria, dello stato. Scavo in profondità, fissazione per linee massicce della fisionomia di questo mondo nuovo che la rivoluzione si incaricherà di rivelare, di fissare esteriormente.
È un’opera immane per una generazione, che giustifica una vita intera, un esilio, una prigionia e che richiede l’universale collaborazione. Il calvario del disoccupato, l’esperienza dura del proletario non sono meno importanti dell’analisi dell’intellettuale, anch’egli, se vero intellettuale, oggi quasi sempre disoccupato e sfruttato.
Sarebbe questo un passo indietro, un ritorno a un antifascismo generico? No: è un balzo avanti, su terreno vergine, oltre gli steccati convenzionali, uno spregiudicato esame di coscienza a cui tutti debbono partecipare.
Che i morti seppelliscano i morti. Lasciamo i fascisti ufficiali epilogare sulle corporazioni e l’èra imperiale, i servi prezzolati lustrare il dittatore, le borghesie anglo-francesi tentar di arrestare la valanga con l’appello a principii traditi, l’antifascismo vecchio stile disputarsi nei piccoli porti dell’esilio la purità marxista e il non plus ultra dell’estremismo. Noi ripartiamo verso l’alto mare; noi proponiamo ai giovani di associarsi a questa grande impresa. Al vec-
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