Scritti editi ed inediti di Giuseppe Mazzini - Volume LXIX/II. Italia e Germania
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II.
ITALIA E GERMANIA.
ITALIA E GERMANIA.
3 febbraio 1861.
. . . . . . . . . . . . Gli insegnamenti del 1848 sono essi dunque perduti per noi? Non intenderemo noi mai che la grande, la prima, l’unica missione per tutti noi combattenti le battaglie del Diritto e della Giustizia, è oggi quella di costituire in Nazioni libere i Popoli dell’Europa?
Nel 1848, noi eravamo padroni del campo. I popoli avevano, come sempre, risposto alla chiamata degli uomini della Libertá. I despoti, come sempre, avevano ceduto al primo urto. Noi potevamo iniziare l’Epoca nuova e fondare sulle rovine del vecchio mondo, gli Stati Uniti d’Europa, l’Alleanza delle Patrie, sostituita ai patti ingannevoli delle dinastie. Perché cademmo? Perché i re fuggitivi o tremanti riconquistarono, palmo a palmo, il terreno perduto?
Fratelli di Blura e Messenhauser, di Trützschler e di Tiedemauan, non lo ricordate?
I vecchi padroni accarezzavano in noi l’ire antiche di razza, i sospetti ch’essi medesimi avevano seminato e nudrito fra noi, quando la comune servitú ci vietava l’intenderci e principii non erano, ma solamente interessi di poche famiglie dominatrici. Noi non intendemmo che la libertà d’un popolo non può vincere e durare se non nella fede che dichiara il diritto di tutti alla libertà: e che liberi tutti ci saremmo facilmente intesi, nello spirito d’amore della vita nuova, intorno alle poche questioni territoriali che pendono dubbie tuttora. Scegliemmo il nostro punto di mossa per giudicarle non nell’avvenire, ma nel passato. Mutammo in gretto nazionalismo il sacro principio della Nazionalità. Smembrammo le forze. Ci isolammo nella battaglia. I padroni collegati poterono combatterci ad uno ad uno: e vinsero — e ci derisero.
Oggi minacciati dagli stessi pericoli, ritentano la stessa via. Ricadremo noi negli stessi errori?
Quale è in oggi, sommariamente, la condizione d’Europa?
Da un lato stiam noi, uomini della Libertà e dell’Associazione, convinti per lunga esperienza che né libertà né associazione possono impiantarsi e mantenersi durevoli in uno o in altro angolo dell’Europa se non fortificate e protette all’intorno da popoli viventi di vita omogenea, convinti che nessuna evoluzione continua e pacifica delle facoltà e delle forze dell’Umanità sulla via del progresso comune può aver luogo se prima il lavoro non è diviso e ripartito a seconda delle naturali capacità: se alla distribuzione arbitraria dei popoli in virtú della conquista o del preteso diritto delle famiglie regie non sottentra un nuovo riparto fondato sulle condizioni geografiche, sulla lingua, sulle tradizioni. Per Nazionalità noi non intendiamo — e non dovrei ripeterlo ad uomini di pensiero come sono i vostri fratelli di Patria — se non l’organizzazione del lavoro dell’Umanità, della quale i Popoli sono gli individui.
Dall’altro stanno gli uomini che non curano d’Umanità né di Progresso né di cosa alcuna, fuorché del loro potere e dei conforti materiali che ne derivano; gli uomini della legittimità e della conquista; i fautori dell’Autorità non consentita dalla coscienza vivente dei popoli, ma derivata esclusivamente dalla morta tradizione delle età passate: i politici del materialismo che vedono il diritto nel fatto, e la norma della società nella forza, non nella vita spontanea, progressiva delle nazioni. Son gli nomini che s’affaccendano a puntellare contro gli assalti della libertà le due aggregazioni artificiali e tiranniche che si chiamano l’Impero d’Austria e l’Impero Russo in Europa, e sottraggono al moto dell’Umanità le generazioni del centro e dell’oriente europeo.
Tra questi due campi armeggia, senza principio, senza affetto di simpatia per l’uno o per l’altro, senza fine fuorché il proprio ingrandimento e la propria potenza, l’imperialismo Francese. Simulatore e dissimulatore, profondo conoscitore dell’altrui debolezza, rapido a giovarsi d’ogni errore commesso dai popoli o dai padroni dei popoli, speculatore avveduto sui vizi degli uomini, Luigi Napoleone ha inteso che noi siamo la forza dell’avvenire e invece di stolidamente negarla, s’adopra a sviar quella forza e giovarsene. Isolarli, accarezzando a vicenda i Governi; impadronirsi del moto delle Nazionalità, sostituendo la questione di territorio alla questione di libertà, gli interessi materiali di ciascuno al principio che dovrebb’essere dominatore di tutti: è questo il doppio concetto politico che lo governa.
Arbitro della Francia, ei tende a fare la Francia arbitra dell’Europa. Minare la forza dei Governi avversi coi moti dei popoli; minare la forza dei popoli colle federazioni, inevitabilmente deboli di fronte all’Unità concentrata dell’Impero di Francia: iniziare, ogni qualvolta ei preveda impossibile l’impedirla, una impresa di popolo per impadronirsene, sottrarla alla direzione della Democrazia, mutarne l’intento, e ottenuto un compenso all’aiuto, troncarla a mezzo; indebolire materialmente e moralmente i governi, prima colla guerra, poi salvandoli dall’estrema rovina; affascinare la Francia colla riconquista della frontiera del vecchio Impero; creare sulle codarde esitazioni altrui una opinione d’onnipotenza pel nuovo Impero in Europa: son questi i suoi mezzi. Le sue forze stanno nell’esercito, nella corruzione diffusa da una stampa assoldata, e in quell’elemento intermedio per ogni dove tra il popolo e l’intento nazionale che s’intitola moderato, che non ha l’energia del bene né il coraggio del male, e che diseredato d’iniziativa propria e tremante dei sagrifici che quella del popolo gli imporrebbe, accoglie volentieri quella d’ogni potente, soggiacendo a suoi patti.
Là sta il vero pericolo per noi. per voi, per l’Ungheria, per la Polonia, per tutti i popoli. Le forze del campo retrogrado si smembrano piú sempre di giorno in giorno: vincerle in buona leale battaglia non è se non questione di tempo e non lungo. L’imperialismo Francese che s’insinua nel nostro campo, combatte con noi, divide le spoglie della vittoria, innesta la sua corruttela sopra ogni nascente libertà di popolo, è piú tremendo nemico. I frutti d’ogni vittoria vanno a ciascun popolo combattente: ogni parte che l’Impero v’ottiene si concentra a un solo paese. E quando un giorno le nostre conquiste isolate e troncate a mezzo c’illuderanno a crederci vincitori, noi ci troveremo innanzi l’Imperialismo ingigantito, onnipotente d’influenze, forte della memoria dei semi-beneficii largiti, forte del prestigio della riuscita, forte anzi tutto delle paure e della fiacchezza dell’elemento moderato, che il suo intervento nella nostra guerra avrà naturalmente costituito dominatore del moto.
Quel giorno, basterà all’Imperialismo dire allo Tsarismo — abbiate Costantinopoli — per essere padrone assoluto dell’occidente e del mezzogiorno d’Europa.
Quale è il rimedio al pericolo?
Isolare l’Impero, limitare l’azione del Bonapartismo: riordinare l’Europa in giovani e forti Unità, a seconda delle tendenze nazionali, in nome e coll’opera dei popoli.
E per questo, togliere ogni opportunità d’aiuti e di cooperazione nell’impresa alla Francia Imperiale, creando tanta reciproca fiducia nei popoli da toglier loro ogni desiderio d’appoggio straniero: — sopprimere risolutamente le cagioni che spingono le nazioni ad accogliere la iniziativa del moto da qualunque parte venga e somministrano pretesto perenne all’intervento usurpatore Bonapartista; — intendersi perché da un punto all’altro d’Europa trionfi la libertà e la direzione del moto sia nelle mani dei popoli, salvo ad intendersi poi, quando la libertà e la coscienza della vittoria spegneranno i sospetti e le gelosie, sulle questioni d’ordine secondario.
Servite al principio, dimenticando gli apparenti interessi locali. La vittoria d’un grande e santo principio è il piú alto pegno possibile ad ogni giusto interesse.
E in una parola, seguite le norme dell’eterna moralità, non i calcoli d’una opportunità menzognera o tjl’impulsi d’un orgoglio educato dalle dinastie e che non frutta se non ad esse.
Aiutate a fondare l’Unitá dell’Italia. Avrete il Mediterraneo lago europeo, non francese; avrete una barriera piú assai forte al Sud. che non la linea del Mincio. Voi non potete di certo temere che l’Italia varchi mai l’Alpi per assalirvi. Voi temete la Francia. E dovreste temerla, fluiahé avrete una Italia debole, aperta essa medesima all’invasione o alle seduzioni delle profferte d’aiuto. Una Italia forte di forza propria è la vostra migliore difesa. Aiutate da un lato a ricostituir la Polonia, dall’altro a fondare sulle rovine dell’Impero Turco una confederazione Sia vo-Rumeno-EUenica.Xon avrete piú da temere d’ interventi e di preponderanti influenze della Russia.
Lasciate alla condanna che Dio e gli uomini hanno pronunziata contr’esso, l’Impero d’Austria: avrete sul Danubio alleati, non, com’ ora, nemici. Cancellate dalla fronte, della (Termania la macchia che l’Austria v’ha messo, mostrando all’Europa i figli d’ Hermann e di Lutero in sembianza di soldati del dispotismo: e i popoli vi circonderanno di concordia e d’amore. E sopratatto, adoperatevi a fondare popolarmente la vostra Unitá Nazionale. Date una Patria all’ossa di Schiller. Ogni passo che voi farete su quella via, aiuterá il nostro moto a liberarsi dalle bieche influenze che voi giustamente temete. Xoi offriamo ai popoli col nostro moto una base d’operazione: dipende in gran parte da voi che la sua linea segua una direzione obliqua o diritta. Fate che il nostro popolo acquisti, per l’opere vostre, coscienza di forza; spegnerete a un tempo i vostri e i nostri pericoli. Voi non avete, e a buon dritto, fiducia ne^li uomini ch’oggi maneggiano, non dirigono, il nostro moto. Xoi non possiamo intenderci coi vostri treiitacinque o trentasei principi e colle vostre frazioni di moderati. Siate un Popolo e c’intenderemo. L’idea Germanica e l’idea Italiana s’affratelleranno sull’Ali)i libere. Per ogni altia via. farete piú deboli voi e noi: e aprite al nemico comune il varco, che importa chiudergli. Propugnate il principio che ogni Patria appartiene al suo popolo: chiedete con noi e coi liberi Inglesi l’allontanamento dei Francesi da Koma: avrete tutelato piú assai la vostra Indipendenza, che non combattendo una battaglia in aiuto della tirannide sulle rive del Mincio o ai passi dell’Alpi. La minaccia per voi vive, finché l’Impero vi domina, in Parigi, non in Venezia. Se vi sviare per questa, nessuno vi salverá dal perdere le provinole Renane. I dieci membri della commissione per l’indirizzo al re di Prussia che votarono contro la proposta di Wincke, non intendono V Italia, né Bonaparte; l’Italia una sará essenzialmente ostile alle usurpazioni dell’Imperialismo. E per questo Bonaparte l’avversa. Gli uomini che tra voi "scrivono manifesti a negare lá nazionalitá, mentre in nome di quelle promovono guerra Germanica alla Danimarca — che non arrossiscono di dare, nel XIX secolo, per" base alle relazioni internazionali U fatto brutale della conquista — che per combattere, senza pure osaie di nominarlo, Bonaparte. si dichiarano sostenitori della casa d’Absburgo — rinnegano, inconscii senz’altro. Geimania, Democrazia. Moralitá e Progresso ad un tempo. Amo e stimo troppo la vostra Germania per temere ch’essi trovino molti sostenitori. Ma duolmi d’uno dei tre che firmarono, uomo ch’io conosco ouestissimo e desioso del bene, bensí traviato dall’indole scettica dell’intelletto e da un terrore poco avveduto delle intenzioni di Bonaparte.
Voi non siete scettico sulla potenza del popolo e guardate, senza terrore, ai disegui dell’Imperialismo. A voi dunque e a quanti vi somigliano spetta di dire e ridire ai vostri fratelli di Patria che s’ essi seguissero \íí via segnata dagli oppositori della nostra unitá, nuocerebbero a noi e a se stessi e non gioverebbero se non al Bonapartismo ch’essi combattono. Io vado predicando a’ miei compatrioti: s< Badate: combattete soli per la vostra Unitá: perché, se avrete Bonaparte con voi. avrete nemica l’intera Germania e forse l’Europa: e a buon dritto.» Ma ogni voce che dalla Germania viene a negarci anzi tratto le nostre Alpi e a minacciarci d’ aiutar l’Austria sulla linea del Mincio, combatte l’efficacia del mio linguaggio e somministra il piú potente fra gli argomenti a Cavour: «Voi avete tutti nemici: tutti vi contendono ciò ch’è vostro. Non basterete soli al conflitto. V’è indispensabile un alleato, e noi l’abbiamo in Luigi Napoleone.» Dite queste cose ai vostri compatrioti per noi. Noi. Partito Nazionale d’ Italia, abbiamo dato pegni sufficienti della nostra fede per essere creduti. Noi non parteggiamo per l’Impero. Noi respingemmo le insinuazioni che tendevano a impiantare nel Centro una dinastia napoleonica. Noi emancipammo il Sud in onta ai divieti che ci venivano da Parigi. Non badate ad articoli dei giornali venduti e sprezzati: noi non saremo parte mai a invasioni delle vostre provinole. Noi invochiamo per noi e per tutti il libero spontaneo voto dei popoli. Secondateci su questa via. ISTon incitate con minacce ingiuste e imprudenti le nostre moltitudini a cercare appoggio nello straniero. Non distruggete in noi la santa speranza che il nostro sorgere sará occasione ad altri d’emanciparsi. Sia lega, non guerra fratricida fra noi. Non convertite in lotta civile la crociata Europea per la libertá e l’alleanza delle nazioni. I casi ci hanno dato l’iniziativa: ma essa non può compirsi senza l’opera vostra. Lasciate compire la nostra Unitá e fondate la vostra. A noi bisognano per essere Nazione Roma e Venezia: aiutateci coll’espressione unanime dell’opinione a emancipare la prima: separatevi dall’Austria nella contesa inevitabile tra noi ed essa per la seconda. A voi bisogna, per conquistare la vostra Unitá, liberarvi dal dualismo rappresentato dalle monarchie d’Austria e di Prussia e ricorrere al popolo, solo elemento unitario e veramente Germanico. Noi v’aiuteremo a liberarvi dalla prima: liberateci dalle minacce, liberateci dall’arti della seconda. Abbiamo un nemico comune: combattiamolo uniti.
Credeteiiíi vostro Gius. Mazzini.