Scientia - Vol. VII/La filosofia positiva e la classificazione delle scienze
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LA FILOSOFIA POSITIVA
E LA CLASSIFICAZIONE DELLE SCIENZE
Introduzione.
Ci è occorso più volte in questa stessa rivista di denunziare il particolarismo scientifico che ispira soprattutto gli istituti d’insegnamento e di contrapporre alla prevalente veduta analitica una veduta sintetica del sapere. Ma questa tesi, cui non sono mancate buone accoglienze, ha avuto la sventura di non trovare contradditori; un consenso troppo apparente e troppo generale rischia di rendere vani i più serii conati che da più parti mirano a riformare le odierne condizioni della società scientifica, accreditando l’idea che non si tratti punto di cosa in contestazione, ma della necessità, chiaramente avvertita da tutti, di temperare gli effetti della divisione del lavoro promovendo la cultura generale degli studiosi.
Questo genere di opposizione è un effetto consueto del tradizionalismo in ogni classe o società ordinata in rapporto a certi interessi, che in un dato momento vengano turbati da un nuovo movimento di idee; il primo aspetto della difesa che i conservatori oppongono ai novatori, consiste infatti nel negare ciò che è posto in discussione: l’esistenza di quegl’interessi o scopi comunemente accettati e posti a base dell’ordine sociale, ai quali appunto si contrappone una volontà diversamente orientata.
Occorre pertanto proseguire la battaglia contro il particolarismo scientifico, cercando di chiarire la posizione del pensiero critico di fronte agli ordinamenti tradizionali, e di sviluppare le conseguenze che ne derivano. Importa soprattutto mostrare come la veduta sintetica del sapere non disconosca il fatto della divisione del lavoro e le esigenze positive che vi si collegano, e non pretenda in alcun modo contrapporre alla varietà delle ricerche speciali e concrete una nebulosa filosofia dell’astratto; giacchè all’opposto la nuova critica denunzia ad un tempo questa forma di vacua generalità — il concetto di un campo proprio della Filosofia distinto dalle scienze — come un particolarismo filosofico, svoltosi parallelamente e correlativamente al particolarismo scientifico, durante il secolo scorso.
La tesi che ci proponiamo di chiarire in questo scritto, può in breve riassumersi come segue: il progresso delle conoscenze e dei metodi di ricerca importa bensì una differenziazione e coordinazione del lavoro scientifico, per la quale ogni studioso è costretto a segnare scopi particolari alla propria indagine; ma i problemi che la realtà pone al nostro spirito non sono in alcun modo ordinati secondo ragioni obiettive di affinità entro schemi prefissati. Non vi sono scienze separate e distinte che si lascino disporre in una gerarchia naturale, ma una Scienza sola, entro la quale soltanto per ragioni storiche ed economiche, si sono venuti formando alcuni gruppi di conoscenze più strettamente legate.
Lo sviluppo di questa tesi ci conduce a criticare le vedute relative alla classificazione delle scienze, che si sono affermate esplicitamente nella filosofia positiva e che, in un certo senso, possono ritenersi come la formula teorica del vigente particolarismo scientifico.
Da Bacone fino all’Enciclopedia non si era sentito il bisogno di elaborare la classificazione delle scienze. Invece questo problema riappare all’ordine del giorno nel secolo decimonono, nel quale — per citare soltanto i tentativi più celebri — vediamo succedersi le classificazioni di Ampère, Comte, Cournot, Spencer.
Ma fra queste si distingue la classificazione elaborata dalla filosofia positiva, quale si trova esposta da Comte e ritrovata, con poche modificazioni, a quanto pare indipendentemente, da Cournot. L’interesse prevalente che vi si connette sta nel criterio fondamentale di partire dalle distinzioni empiricamente date, cioè dalla divisione del lavoro scientifico come si è prodotta nella storia, e di indicarne la spiegazione razionale, riconoscendo l’affinità obiettiva dei fenomeni studiati entro i quadri delle singole scienze, ed investigando poi i rapporti di similarità e di dipendenza fra i gruppi diversi di fenomeni.
Il disegno di Augusto Comte risponde appunto a questi criterii. Si tratta di convertire l’ordine d’esposizione storico della Scienza in un ordine d’esposizione dommatico, che rispecchi la gerarchia naturale delle conoscenze; ponendo a base l’affinità obiettiva dei fenomeni si deve determinare un ordine lineare rispondente alla complicazione crescente e alla generalità decrescente delle cognizioni scientifiche; e il valore della classificazione così ottenuta si dimostrerà quindi da quattro punti di vista:
1) conformità colla coordinazione spontanea del lavoro scientifico;
2) conformità coll’ordine effettivo di sviluppo della filosofia naturale, tenuto conto del momento in cui le varie scienze raggiungono la fase positiva;
3) la classificazione segna la perfezione relativa, il grado di precisione raggiunto dalle diverse scienze;
4) essa corrisponde ad un piano pedagogico razionale degli studii, perchè lo studio di ogni singolo ramo presuppone quello dei rami che lo precedono nella serie.
La classificazione comtiana che vuol rispondere a queste esigenze conduce — com’è noto — all’ordine: Matematiche, Astronomia, Fisica, Chimica, Fisiologia, Sociologia, che esaurisce la serie delle scienze teoriche o astratte; alla quale si contrappone la serie delle scienze concrete.
Come già abbiamo accennato, una classificazione analoga venne ricostruita dal Cournot. Questi contrappone del pari due serie di scienze: scienze teoriche e scienze storiche, meglio definendo il carattere della seconda serie. Le scienze teoriche sono poi distinte in: matematiche, fisiche, biologiche, noologiche e politiche.
La classificazione di Cournot risponde in sostanza alle medesime esigenze che danno origine a quella di Comte, ma appare sotto alcuni riguardi più perfetta: in primo luogo perchè essa riunisce in un sol gruppo tutte le conoscenze fisiche e non dà un posto speciale all’Astronomia che — come descrizione di eventi concreti — deve rientrare piuttosto nella serie storica; in secondo luogo perchè dà risalto al gruppo delle scienze noologiche o psicologiche permettendo così di colmare una vera lacuna della classificazione comtiana, e ciò quantunque Cournot dividesse in parte le vedute di Comte contro il concetto di una Psicologia propriamente detta. Ma riguardo al valore della classificazione, le idee di Cournot sembrano meno nette e significative di quelle del suo predecessore: lo spirito più critico di Cournot pone in luce alcune obiezioni alla gerarchia delle scienze, che in sostanza vengono a confutare il principio di un ordine lineare dei rami del sapere; le particolari tendenze scientifiche di Cournot — volte all’applicazione delle Matematiche, all’Economia e alla Statistica — coloriscono nella sua mente taluni rapporti di similarità fra le scienze che occupano i gradi estremi della serie, così da dare origine ad una legge di simmetria.
Queste particolari vedute hanno per noi un interesse in quanto ci mostrano che il concetto fondamentale ispiratore della classificazione comtiana, riproducendosi in Cournot, dava già origine a talune difficoltà che — approfondite — tendono ad invalidarne il principio. Ma a prescindere da ciò, riteniamo il fatto che la filosofia positiva — attraverso due menti diverse — ha disegnato uno schema di classificazione delle scienze, che vuol rispecchiare in una gerarchia nettamente caratterizzata i varii rami del sapere teorico, attribuendo un valore razionale alle distinzioni empiriche elaboratesi nello sviluppo storico; che questo schema (specialmente nella forma di Cournot) risponde alla divisione, anche oggi comunemente accettata nelle sue grandi linee, fra scienze: matematiche, fisiche, biologiche, psicologiche e sociali; che il principio di tale classificazione è esposto nel modo più puro e genuino da Comte, di cui sopra abbiamo richiamato le vedute fondamentali.
Ora si tratta di giudicare il valore del criterio che sta a base della classificazione positivistica: che cosa significa ordinare le conoscenze secondo l’affinità obiettiva dei fenomeni? è proprio vero che questa affinità presiede agli aggruppamenti delle varie scienze, quali si sono venute distinguendo nello sviluppo storico?
Affinità obiettiva vorrebbe dire rapporto dei fenomeni in re, cioè inerenza ad un medesimo oggetto o classe di oggetti. Ma a questo titolo i confini comunemente segnati delle nostre scienze si perdono; invero le relazioni geometriche, fisiche, chimiche ineriscono inseparabilmente agli stessi oggetti e possono essere distinte soltanto per astrazione. Un oggetto qualsiasi, p. es., un corpo come l’oro, non appartiene piuttosto ad una scienza che ad un’altra: in quanto si tratta delle sue possibili combinazioni e reazioni, p. es., coll’acqua regia ecc., il suo studio rientra nella Chimica; ma per ciò che concerne i rapporti commerciali di scambio è di pertinenza dell’Economia; eppure a nessuno viene in mente di ravvicinare questi due ordini di rapporti attinenti all’oro e di formarne una scienza dell’oro contrapposta ad una scienza del rame o dell’argento.
Ora non soltanto gli oggetti d’esperienza, ma anche le stesse esperienze fondamentali, appartengono non di rado, contemporaneamente, a diversi rami della Scienza. Così ad es. la spettroscopia, che ha anzitutto il suo posto nell’Ottica, serve — come mezzo — ai progressi dell’Astronomia e della Chimica, le quali si danno qui un reciproco aiuto: il confronto cogli elementi separati nei laboratorii permette l’analisi dei corpi celesti, e viceversa dall’analisi spettroscopica di questi scaturisce talvolta la scoperta di elementi non ancora riconosciuti, come è avvenuto per l’elio.
Una differenza più obiettiva si trova veramente nel confronto fra le scienze fisiche e le biologiche: si può sostenere che gli esseri viventi formano una classe a sè, realmente distinta da quella dei corpi non viventi. Ma quando si esamina più da vicino il contenuto delle ricerche concernenti la vita, si deve riconoscere anche qui che la divisione del lavoro scientifico non si stabilisce in base a criterii obiettivi: imperocchè un gran numero di fenomeni che si osservano nei viventi restano nondimeno al di fuori della Fisiologia propriamente detta, nel campo di studio del fisico o del chimico. E reciprocamente lo studio di certi processi chimici — specialmente la sintesi dei composti del carbonio — si appoggia spesso a quello dei processi organici, nei quali p. es. si svela l’importanza delle azioni catalitiche dei fermenti, e l’ufficio della luce.
Spingendosi avanti nel campo delle scienze della vita, la classificazione dei viventi appare certo, non interamente, artificiale, e così — per fermarsi alla prima divisione — la distinzione fra animali e vegetali dà luogo ad una naturale distinzione fra Zoologia e Botanica. Ma coloro che perseguono la soluzione di certi problemi generali, sono tratti spesso a ravvicinare dal loro punto di vista esseri assai lontani sotto l’aspetto anatomico: appunto la Biologia o Fisiologia generale forma un campo di studio che, in un certo senso, si separa dalla Morfologia, dando origine ad una distinzione sovrapposta a quella tradizionale fra Zoologia e Botanica.
Pertanto l’idea comtiana, che vi sia un’affinità obiettiva tra i fenomeni di cui si occupano le singole scienze, si rivela ad un esame critico radicalmente falsa. Il criterio che presiede agli aggruppamenti e alle distinzioni scientifiche empiricamente date, non è un criterio obiettivo ma subiettivo: così p. es., le relazioni spaziali o geometriche vengono separate idealmente dalla realtà fìsica di cui fan parte, per opera di un processo d’astrazione; ed un processo simile dà origine alla distinzione fra proprietà meccaniche ed elettriche, o fra proprietà fisiche e chimiche, ecc.
Ciò non vuol dire, che queste astrazioni sieno prive di significato per riguardo alla realtà: quando i fenomeni vengono concepiti secondo un certo ordine o aggruppati in certe classi, le relazioni geometriche, meccaniche, fìsiche ecc. si distinguono rispettivamente come comuni a codeste classi; ma il criterio d’ordinamento è relativo e relativa quindi la generalità maggiore o minore di quei rapporti astratti. Sono più generali i fenomeni meccanici o gli elettrici? Rispetto alla considerazione comune, macroscopica, ogni fenomeno elettrico è di solito accompagnato da fenomeni meccanici ma non viceversa, quindi i rapporti meccanici sono più generali; invece la rappresentazione microscopica — secondo le recenti teorie — porrebbe il fenomeno elettrico alla base della struttura della materia e del moto, conferendogli quindi una maggiore generalità.
Comunque si tolga la gerarchia comtiana il suo fondamento obiettivo, resta ad ogni modo la domanda se le successive astrazioni onde hanno origine i concetti scientifici appariscano necessariamente determinate come gradi di un processo psicologico, saliente dalla realtà concreta della vita sociale ai rapporti generali ed astratti delle Matematiche.
Per rispondere occorre approfondire il valore della classificazione positivistica in rapporto alla storia.
Quando Comte enuncia la celebre legge dei tre stati, il passaggio delle conoscenza dalla fase teologica alla fase metafisica e quindi alla positiva, egli intende di formulare al tempo stesso una legge di sviluppo del pensiero ed una teoria idealistica del progresso umano. Ora — per quanto si possa discutere il valore della legge nell’uno e nell’altro suo aspetto — si deve almeno riconoscere che la legge stessa esprime qualcosa di vero per riguardo allo sviluppo delle idee che ha dato origine alla costruzione comtiana. È certo che questo sistema positivistico implica una metafisica preesistente, alla quale per una parte si contrappone, e di cui d’altra parte può ritenersi come continuazione. Su questo punto lo storico della filosofia non deve lasciarsi trarre in inganno dall’apparenza che Comte rompa la tradizione filosofica: ciò che egli rompe in realtà è soltanto la corrente più visibile del pensiero rappresentata dal romanticismo; ma perciò appunto riprende la tradizione antecedente della filosofia connessa alla Scienza, che giunge a lui nella forma viva degli sviluppi scientifici.
Come matematico Comte era direttamente a contatto colla Fisica matematica francese, la quale gli appariva appunto tutta piena delle grandi idee metafisiche che si riattaccano a Cartesio. Nell’ambiente scientifico familiare il filosofo aveva vissuto per così dire l’intuizione meccanica del mondo, che è alla base di quegli sviluppi; e a chi riguardi con attenzione il «Cours de philosophie positive» la cosa si rende facilmente palese: ad ogni passo s’incontrano osservazioni ed obiezioni rivolte ad un avversario innominato, che è poi il concetto cartesiano della Scienza quale si è svolto, fuori della tradizione filosofica idealistica, nella metafisica materialistica e nel meccanicismo dei fisici matematici.
Quel concetto muove da alcuni dati primitivi: la materia, priva di qualità, nello spazio, a cui si aggiungono — secondo i casi — taluni semplici rapporti, p. es. le forze; e su questi dati edifica una rappresentazione matematica dei fenomeni: un determinismo meccanico universale che si traduce nelle equazioni dell’universo, le quali ad un lettore istruito rivelerebbero successivamente tutti i fenomeni, disposti in una serie graduata.
La classificazione positivistica delle scienze corrisponde all’ordine di esse per riguardo all’anzidetta rappresentazione meccanica del mondo; e perfino alcune imperfezioni della classificazione comtiana sono a questo proposito rivelatrici. Il posto attribuito da Comte all’Astronomia, come prima fra le scienze naturali, sta in rapporto col fatto che l’Astronomia appunto offre la prima e più diretta applicazione della Meccanica. La Fisica, colle sue teorie, (fra cui in primo luogo l’ottica di Fresnel ecc.) dà luogo alla seconda applicazione, subordinata ad ipotesi, come l’etere o l’atomo, che appaiono meno giustificate da un punto di vista positivo; e Comte rifiuterà queste ipotesi e si atteggerà ad avversario della Fisica matematica tradizionale, ma darà alla Fisica il posto successivo all’Astronomia, e vagheggerà per essa una diversa trattazione matematica sul modello della teoria del calore di Fourier. Ne distaccherà invece, e porrà al terzo posto (o quarto cominciando dalle Matematiche) la Chimica, che pure sotto l’aspetto della rappresentazione meccanica sembra dar origine ad un problema più elevato, e fa pensare a fenomeni più intimi della materia, dove entrino in giuoco elementi infinitesimi d’ordine superiore per riguardo ai dati della Fisica.
E così via andando innanzi: la serie comtiana è la serie delle scienze considerate nell’ordine della trattazione matematica per riguardo alla metafisica del meccanicismo; e ciò sebbene l’autore rifiuti questa rappresentazione per attenersi al puro dato obiettivo. La serie comtiana diventa quindi la serie degli hiatus che s’incontrano nella trattazione meccanica delle scienze; sicché il contingentismo francese, che si impersona nel nome di Emilio Boutroux, potrà elevare sulla base del positivismo una nuova metafisica, che ci rappresenta la realtà come una serie discontinua di dati.
Il carattere arbitrario e convenzionale della classificazione positivistica si può mettere meglio in luce se, al posto della metafisica meccanica soggiacente ad essa, si pone un’altra rappresentazione rispeetto a cui le scienze vengano ordinate.
Qui ha luogo l’osservazione che ognuna delle grandi scienze fondamentali, distinte nella gerarchia positivistica, può essere presa come principio di coordinamento dello scibile.
Anzitutto — come già abbiamo accennato — la subordinazione della Fisica alla Meccanica è stata invertita ai nostri giorni colla teoria elettro-magnetica dell’universo, che assume come dato primitivo il fenomeno elettrico e vuol dedurre tra l’altre anche le proprietà del movimento dei corpi, in ispecie l’inerzia.
In modo affatto simile si può pensare che un giorno sorga una metafisica chimica, che prenda come fatti primitivi le azioni e reazioni, o certe azioni o reazioni fra i corpi, e tenti di dedurne la costruzione del mondo.
Ma siffatte rappresentazioni non perturbano ancora gravemente il concetto positivistico dell’ordine delle scienze, ed invero esse sono semplici varianti della metafisica materialistica.
Ben diverso è il caso per riguardo ad una metafisica, opposta al materialismo, come è l’idealismo assoluto. Se si pone come dato primitivo il pensiero, e con questo si tenta di ricostruire la realtà, tutte le connessioni fra i rami del sapere appaiono radicalmente mutate.
Per ben comprendere il valore di questa veduta, relativamente alla classificazione delle scienze, giova prescindere dalle esigenze etico-religiose dei sistemi idealistici, e considerare in essi soltanto la tendenza a contemplare il sapere, nella sua genesi, come prodotto del pensiero. Resta allora semplicemente il criterio che la classificazione delle scienze risponda alla distinzione delle facoltà dello spirito umano, come si vede nel quadro enciclopedico di Diderot, oppure ai diversi aspetti secondo cui il pensiero può considerare gli oggetti del sapere, come nella classificazione di Ampère ecc. Resta insomma, non un ordine determinato delle scienze, ma un principio di ordinamento sulla base della Psicologia.
Ed interessa soprattutto rilevare che alcuni rami del sapere, affatto lontani per riguardo alla veduta meccanica, appaiono qui ravvicinati e strettamente congiunti; così dicasi ad esempio della Matematica, della Logica e della Grammatica, pertinenti ai prodotti e alle forme del pensiero esatto.
Ma la veduta psicologica, che contempla la Scienza come prodotto del pensiero, è suscettibile di ricevere diversi sviluppi secondo il concetto che ci si formi della Psicologia; il quale importa diversi modi di ordinare le operazioni e i dati del pensiero. In particolare se si considera la psiche stessa come un prodotto della vita organica, o come un prodotto della società, si dà origine a due diverse modificazioni della classificazione psicologica: ad una classificazione biologica e ad una classificazione sociale. La prima non è stata mai nettamente formulata, sebbene alcuni criterii biologici si sieno insinuati nel modo comune di riguardare i rapporti delle scienze. La seconda appartiene in sostanza a quei pensatori che pongono a base di ogni sapere la Storia, e si trova in qualche modo potenzialmente disegnata, sotto un particolare aspetto, nei filosofi del materialismo storico; i quali — facendo sorgere le scienze dai bisogni della Tecnica e dell’Economia — pongono in tal modo i principii fondamentali di una classificazione che subordina il teorico al pratico.
Ciò che si deve ritenere delle osservazioni precedenti è che ogni classificazione delle scienze, in tanto assume un valore razionale, in quanto si leghi ad una rappresentazione della realtà, cioè ad una costruzione, che — presa in senso universale — può costituire una vera metafisica.
Questa metafisica soggiacente dà origine ad un ordine naturale delle conoscenze che ad essa vengono subordinate, ed al tempo stesso (soprattutto se si tratta d’un sistema monistico) mette in luce, secondo il suo punto di vista proprio, i rapporti di solidarietà fra le varie parti dello scibile.
Quando poi un atteggiamento positivo del pensiero rifiuti la rappresentazione metafisica come tale, negandone l’universalità, l’ordine delle scienze rimane ancora come un dato residuo, quasi solidificandosi in una classificazione che pone in luce degli hiatus, corrispondenti alle lacune della teoria parziale arbitrariamente assunta come metafisica.
Questa è soprattutto la storia della più celebre classificazione delle scienze, costruita dalla filosofia positiva; la cui importanza si riconosce segnatamente in rapporto con due motivi:
1) il valore prevalente della metafisica meccanica sopra ogni altra rappresentazione, per riguardo allo sviluppo della Scienza moderna; valore che le deriva dal fatto di aver promosso la più larga applicazione delle matematiche ai varii rami del sapere;
2) il significato conservatore che la suddetta classificazione assume nel sistema positivistico, poichè viene a consolidare nelle sue grandi linee la divisione del lavoro come si è effettuata o almeno come è pensata dalle menti matematiche più illuminate ecc., e al tempo stesso sancisce come irriducibili le differenze che gli sforzi del passato non sono riusciti a superare; tende insomma a fissare in un momento del loro sviluppo le distinzioni fra i campi di studio occupati da lavoratori diversi, e a consacrare in tal guisa il particolarismo scientifico del secolo decimonono.
Tuttavia la classificazione comtiana non risponde effettivamente alla divisione del lavoro, come si è storicamente disegnata nell’ambiente, che la vede sorgere, e — per così dire — soddisfa soltanto alla conservazione di certi interessi prevalenti.
Oomte stesso ha osservato che le distinzioni empiricamente date si discostano dal suo ordinamento; così accade ad es. per riguardo alle scienze naturali, ancor dominate dal concetto arcaico dei tre regni della natura, in virtù del quale la Mineralogia si trova artificiosamente congiunta colla Botanica e la Zoologia piuttosto che colla Chimica. E, se dai tempi di Comte si viene ai nostri, altre differenze appaiono in luce ogni giorno: valgano come esempio i recenti studii sul radio che pongono in nuova luce i rapporti fra la Fisica e la Chimica.
In modo generale si può dire che le divergenze fra la effettiva divisione del lavoro nella società scientifica e il concetto della classificazione positivistica, si rivelano tanto più quando questo concetto si voglia svolgere nei particolari.
La parziale concordanza e la discordanza, si spiegano al tempo stesso mercè un esame veramente positivo delle ragioni che governano quella divisione di lavoro, dando origine agli aggruppamenti di scienze che si osservano negli istituti scientifici e didattici (Accademie, Università, Laboratorii, Biblioteche ecc.).
Fino da quando la società ha riconosciuto un valore alla Scienza, la produzione scientifica ha cominciato ad essere sottomessa alle generali leggi economiche che governano tutte le forme di produzione; non nel senso esclusivo che lo sviluppo del sapere teorico venga condizionato alle applicazioni pratiche (poichè molti istituti hanno appunto come scopo di dar valore alla conoscenza teorica per sè stessa), ma nel senso di rendere massimo l’effetto utile degli sforzi individuali mercè una conveniente collaborazione. E per quanto la coordinazione del lavoro incontri ancora ostacoli speciali ignoti all’industria, certi aggruppamenti, ravvicinamenti e distinzioni, rispondono infatti, entro una certa misura, all’ anzidetto scopo economico.
Per indagare più da vicino le condizioni che presiedono di fatto alla divisione del lavoro scientifico giova dunque tener presente l’analogia col fenomeno che ci presentano le industrie e i commerci.
Se si chiede precisamente in qual forma tenda a realizzarsi l’economia della produzione colla divisione del lavoro industriale o commerciale, si è tratti ad esaminare due ordini di motivi:
1) Lo scopo economico si raggiunge razionalmente col riunire le mansioni che esigono attitudini simili commettendole agli stessi uomini o gruppi di uomini, col concentrare in dati luoghi le industrie o i commerci che richiedono opportune condizioni locali — come p. es. l’impiego di certe energie naturali — , o col ravvicinare la produzione di oggetti che si costruiscono colle stesse macchine ecc.
Il significato sociale, l’uso a cui sono destinati gli oggetti prodotti, non entra di regola a determinare la divisione del lavoro, così ad es. i pezzi di una bicicletta vengono forniti da industrie ben distinte: le ruote da fabbriche che forniscono insieme il materiale delle macchine da cucire, le gomme da altre fabbriche che provvedono pure ai cavi telegrafici sottomarini ecc.
2) Lo scopo economico si raggiunge in virtù delle condizioni storiche preesistenti ogni qualvolta c’è adattamento di certi impianti o locali a nuovi fini industriali, utilizzazione di macchine o di operai già impegnati per un lavoro che cessa di essere rimunerativo ecc.
La divisione effettiva del lavoro nell’industria e nel commercio risulta ad ogni momento dal sovrapporsi di questi due fattori, parzialmente contrastanti fra loro. In modo analogo la divisione del lavoro scientifico appare determinata da un doppio ordine di ragioni:
1) affinità delle condizioni di produzione;
2) e rapporti inerenti alla tradizione storica.
Il primo ordine di ragioni dà luogo ad una distinzione più analitica. Ciò che crea l’affinità produttiva è anzitutto:
a) la somiglianza delle attitudini di ricerca e quindi dei metodi considerati per riguardo alla mente, alla capacità logica, o intuitiva o sperimentale dei ricercatori. A questo titolo intervengono massimamente le rappresentazioni della realtà, soggiacenti al lavoro scientifico; le quali appaiono suscettibili di una varietà quasi infinita secondo le menti. Così ad es. il mio amico Vacca, che si rappresenta la Scienza come espressione attraverso il simbolismo, ha trovato da questo punto di vista un legame fra lo studio della matematica e della lingua cinese, servendogli come ponte la Logica matematica.
b) Ma in secondo luogo interviene l’affinità dei mezzi d’indagine, per riguardo alla tecnica dei laboratorii o alla distribuzione dei libri nelle biblioteche: considerazioni di tal genere hanno un significato economico, non solo in ordine al sacrificio materiale per provvedere codesti mezzi, ma anche per riguardo al tempo e allo sforzo che viene richiesto dalla preparazione tecnica o filologica degli studiosi.
Infine la tradizione storica opera nel senso di mantenere certi rapporti o certe distinzioni fra le scienze e i loro cultori: in primo luogo per mezzo dell’insegnamento a cui si legano insieme ragioni affettive e abitudini che tendono a rendere più facili o diffìcili certe associazioni; in secondo luogo perchè ogni coordinazione di lavoratori del pensiero entro gl’istituti scientifici e didattici crea degl’interessi di classe, talora veri interessi economici in senso stretto, ma più spesso interessi morali non meno potenti, che vertono infine su tutte le forme di compenso che la società moderna corrisponde al lavoro scientifico.
Condizioni del progresso scientifico.
Se ora cerchiamo di spingere più innanzi il confronto fra la produzione scientifica e la produzione industriale, siamo condotti a rilevare alcune differenze notevoli.
Il regime dell’industria — nel sistema liberistico — lascia sussistere una infinita varietà di associazioni, che secondo le circostanze possono dar luogo ad un resultato economico; lo sviluppo libero riesce a ridurre continuamente il peso delle ragioni storiche e a promuovere il progresso; l’economia che si riferisce all’avvenire tende a prevalere in ogni momento sopra l’economia che consiste nella migliore utilizzazione del passato.
Invece il sistema della produzione scientifica, nella maggior parte dei paesi che hanno una tradizione di cultura, è subordinato ad organizzazioni statali o quasi statali, che tendono a favorire una distribuzione più conforme del lavoro e ad accrescere il peso dei legami tradizionali.
Eppure le condizioni del mercato industriale — che si vanno generalmente livellando da luogo a luogo e diventano ognor più governate da esigenze tecniche uniformi — consentirebbero qui una assai maggiore uniformità di criterii nella divisione del lavoro, in confronto alle condizioni dell’ambiente scientifico.
Il progresso della Scienza esige infatti la più grande libertà d’iniziative e varietà di coordinazioni; non soltanto la libertà negativa che lascia teoricamente a ciascun ricercatore di percorrere una propria via, ma la libertà positiva che gli assicura i mezzi della ricerca e non ricambia l’atteggiamento originale colla prospettiva di un danno qualsiasi.
Ora questa libertà positiva viene a mancare quando il giovane che si affaccia agli studii trova dinnanzi a sè segnate alcune strade dalle quali non può allontanarsi sotto pena di vedersi precluso l’adito alle professioni, o perfino ad una laurea; e similmente questa libertà diventa illusoria quando colui cbe vuol profittare dei mezzi di studio provvisti dalla società nei laboratorii scientifici o vuole aspirare ad un qualsiasi compenso delle sue fatiche, viene legato ad una rigida classificazione del sapere, che si traduce in certi aggruppamenti di prove innanzi a giudici distinti. Perfino colui che ha superato tutte le prove e guadagnato alfine l’agognata libertà di pensare all’infuori di limiti prefissati, vede ferita la sua indipendenza dal peso dell’opinione intollerante che gli rimprovera di sprecare tempo e fatica in lavori non produttivi!
Eppure se vi è lavoro massimamente produttivo alla Scienza è quello appunto che mira a colmare le lacune della classificazione comune, quello che cerca rapporti nuovi fra rami del sapere generalmente divisi, e promuove l’associazione di certe attitudini per aprire vie originali alla ricerca del vero. Il progresso scientifico richiede infatti due condizioni correlative in rapporto ai metodi e ai resultati: questi debbono svestirsi quanto è possibile di ogni carattere individuale per diventare al massimo grado comunicabili; quelli debbono atteggiarsi nel modo più vario, conformemente alla diversità degli spiriti umani. La collaborazione nel prodotto esige l’individualità della ricerca, la quale in ultima analisi inerisce alla costruzione libera delle immagini, che ciascun ricercatore coordina attorno alla propria rappresentazione metafisica del mondo. La libertà del pensiero — così intesa — è la fiamma interiore che innalza il valore della persona e vivifica l’albero della Scienza.
L’unità della Scienza e l’intuizione filosofica.
Dalle considerazioni che precedono la classificazione delle scienze viene illuminata nel suo aspetto pratico, secondo una veduta sociale. La pretesa giustificazione razionale della gerarchia positivistica appare così, non soltanto errata come concetto, ma anche dannosa alla produzione scientifica, in quanto tende a raffermare i legami storici che inceppano il libero associarsi delle attitudini mentali nella libera ricerca. Ma sopra a questi motivi d’economia, deve essere rilevato infine tutto il valore ideale dell’unità, che implica il rifiuto di ogni distinzione del sapere entro quadri prefissati.
La Scienza non mira soltanto agii acquisti positivi che si traducono in immediate utilità sociali; essa, secondo l’ideale della filosofia positiva, vuole anche porgere una intuizione che tutti gli uomini possano assorbire nella propria individuale visione della vita e del mondo, e che fra tutti crei come legame di solidarietà lo stesso criterio del vero. Ebbene questa intuizione filosofica, che deve costituire la base della società a venire, non può formarsi fino a che il sapere venga spezzato entro categorie irriducibili che allontanano i cultori di scienze diverse. Giacche un uomo solo non può cogliere ormai la totalità degli acquisti fatti, occorre almeno che i campi d’azione dei lavoratori del pensiero si sovrappongano e s’intreccino in tutte le guise; che ciascuno proseguendo un particolare oggetto di ricerca sia indotto ad esaminarlo nella maggior varietà dei suoi rapporti, e senza subire legami necessairi con altri possibili oggetti; che insomma la divisione del lavoro — in forza del suo stesso sviluppo — distrugga il concetto della classificazione delle scienze che è l’attuale espressione del particolarismo; e così la società scientifica ritrovi — in una forma superiore — quella unità che fu la condizione primitiva dell’umano pensiero.
Qui vi è luogo ad osservare che il recente movimento antiscientifico di certe filosofìe è generato in parte come reazione al sistema particolaristico. Le rigide distinzioni a cui corrispondono ricerche analitiche entro campi troppo chiusi, provocano il sentimento ostile di menti ribelli, che si allontanano da ogni ricerca positiva, inseguendo il sogno liberatore di una speculazione contrapposta alla Scienza. Ma la lotta così ingaggiata tra filosofi e scienziati è lotta sterile che rafforza insieme il particolarismo scientifico e il vacuo particolarismo filosofico: bisogna superarla con una nuova posizione del pensiero che contempli la realtà in tutta la sua pienezza.
L’eterno e necessario contrasto fra lo spirito sintetico e lo spirito analitico deve riportarsi nel seno della Scienza stessa, attraendo i giovani con una visione più libera della ricerca del vero; deve essere la lotta nella Scienza e per la Scienza, dalla quale sorga progressivamente una intuizione filosofica che possa stare a base della solidarietà sociale.
- Bologna, Università.
Federigo Enriques