Saul (Alfieri, 1946)/Atto secondo

Atto secondo

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ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Saul, Abner.

Saul Bell’alba è questa. In sanguinoso ammanto

oggi non sorge il sole; un dí felice
prometter parmi. — Oh miei trascorsi tempi
Deh! dove sete or voi? Mai non si alzava
Saúl nel campo da’ tappeti suoi,
che vincitor la sera ricorcarsi
certo non fosse.
Abner   Ed or, perché diffidi,
o re? Tu forse non fiaccasti or dianzi
la filistea baldanza? A questa pugna
quanto piú tardi viensi, Abner tel dice,
tanto ne avrai piú intera, e nobil palma.
Saul Abner, oh! quanto in rimirar le umane
cose, diverso ha giovinezza il guardo,
dalla canuta etá! Quand’io con fermo
braccio la salda noderosa antenna,
ch’or reggo appena, palleggiava; io pure
mal dubitar sapea... Ma, non ho sola
perduta omai la giovinezza... Ah! meco
fosse pur anco la invincibil destra
d’iddio possente!... o meco fosse almeno
David, mio prode!...

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Abner   E chi siam noi? Senz’esso

piú non si vince or forse? Ah! non piú mai
snudar vorrei, s’io ciò credessi, il brando,
che per trafigger me. David, ch’è prima,
sola cagion d’ogni sventura tua...
Saul Ah! no: deriva ogni sventura mia
da piú terribil fonte... E che? celarmi
l’orror vorresti del mio stato? Ah! s’io
padre non fossi, come il son, pur troppo!
di cari figli,... or la vittoria, e il regno,
e la vita vorrei? Precipitoso
giá mi sarei fra gl’inimici ferri
scagliato io, da gran tempo: avrei giá tronca
cosí la vita orribile, ch’io vivo.
Quanti anni or son, che sul mio labro il riso
non fu visto spuntare? I figli miei,
ch’amo pur tanto, le piú volte all’ira
muovonmi il cor, se mi accarezzan... Fero,
impazíente, torbido, adirato
sempre; a me stesso incresco ognora, e altrui;
bramo in pace far guerra, in guerra pace:
entro ogni nappo, ascoso tosco io bevo;
scorgo un nemico, in ogni amico; i molli
tappeti assirj, ispidi dumi al fianco
mi sono; angoscia il breve sonno; i sogni
terror. Che piú? chi ’l crederia? spavento
m’è la tromba di guerra; alto spavento
è la tromba a Saúl. Vedi, se è fatta
vedova omai di suo splendor la casa
di Saúl; vedi, se omai Dio sta meco.
E tu, tu stesso, (ah! ben lo sai) talora
a me, qual sei, caldo verace amico,
guerrier, congiunto, e forte duce, e usbergo
di mia gloria tu sembri; e talor, vile
uom menzogner di corte, invido, astuto
nemico, traditore...

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Abner   Or, che in te stesso

appien tu sei, Saulle, al tuo pensiero,
deh, tu richiama ogni passata cosa!
Ogni tumulto del tuo cor (nol vedi?)
dalla magion di que’ profeti tanti,
di Rama egli esce. A te chi ardiva primo
dir, che diviso eri da Dio? l’audace,
torbido, accorto, ambizíoso vecchio,
Samuél sacerdote; a cui fean eco
le sue ipocrite turbe. A te sul capo
ei lampeggiar vedea con livid’occhio
il regal serto, ch’ei credea giá suo.
Giá sul bianco suo crin posato quasi
ei sel tenea; quand’ecco, alto concorde
voler del popol d’Israello al vento
spersi ha suoi voti, e un re guerriero ha scelto.
Questo, sol questo, è il tuo delitto. Ei quindi
d’appellarti cessò d’iddio l’eletto,
tosto ch’esser tu ligio a lui cessasti.
Da pria ciò solo a te sturbava il senno:
coll’inspirato suo parlar compieva
David poi l’opra. In armi egli era prode,
nol niego io, no; ma servo appieno ei sempre
di Samuello; e piú all’altar, che al campo
propenso assai: guerrier di braccio egli era,
ma di cor, sacerdote. Il ver dispoglia
d’ogni mentito fregio; il ver conosci.
Io del tuo sangue nasco; ogni tuo lustro
è d’Abner lustro: ma non può innalzarsi
David, no mai, s’ei pria Saúl non calca.
Saul David?... Io l’odio... Ma, la propria figlia
gli ho pur data in consorte... Ah! tu non sai. —
La voce stessa, la sovrana voce,
che giovanetto mi chiamò piú notti,
quand’io, privato, oscuro, e lungi tanto
stava dal trono e da ogni suo pensiero;

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or, da piú notti, quella voce istessa

fatta è tremenda, e mi respinge, e tuona
in suon di tempestosa onda mugghiante:
«Esci Saúl; esci Saulle...» Il sacro
venerabile aspetto del profeta,
che in sogno io vidi giá, pria ch’ei mi avesse
manifestato che voleami Dio
re d’Israél; quel Samuéle, in sogno,
ora in tutt’altro aspetto io lo riveggo.
Io, da profonda cupa orribil valle,
lui su un raggiante monte assiso miro:
sta genuflesso Davide a’ suoi piedi:
il santo veglio sul capo gli spande
l’unguento del Signor; con l’altra mano,
che lunga lunga ben cento gran cubiti
fino al mio capo estendesi, ei mi strappa
la corona dal crine; e al crin di David
cingerla vuol: ma, il crederesti? David
pietoso in atto a lui si prostra, e niega
riceverla; ed accenna, e piange, e grida,
che a me sul capo ei la riponga... — Oh vista
oh David mio! tu dunque obbedíente
ancor mi sei? genero ancora? e figlio?
e mio suddito fido? e amico?... Oh rabbia!
Tormi dal capo la corona mia?
Tu che tant’osi, iniquo vecchio, trema...
Chi sei?... Chi n’ebbe anco il pensiero, pera... —
Ahi lasso me! ch’io giá vaneggio!...
Abner   Pera,
David sol pera: e svaniran con esso,
sogni, sventure, visíon, terrori.

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SCENA SECONDA

Gionata, Micol, Saul, Abner.

Gion. Col re sia pace.

Micol   E sia col padre Iddio.
Saul ... Meco è sempre il dolore. — Io men sorgea
oggi, pria dell’usato, in lieta speme...
Ma, giá sparí, qual del deserto nebbia,
ogni mia speme. — Omai che giova, o figlio,
protrar la pugna? Il paventar la rotta,
peggio è che averla; ed abbiasi una volta.
Oggi si pugni, io ’l voglio.
Gion.   Oggi si vinca.
Speme, o padre, ripiglia: in te non scese
speranza mai con piú ragione. Il volto
deh! rasserena: io la vittoria ho in core.
Di nemici cadaveri coperto
fia questo campo; ai predatori alati
noi lasceremo orribil esca...
Micol   A stanza
piú queta, o padre, entro tua reggia, in breve,
noi torneremo. Infra tue palme assiso,
lieto tu allor, tua desolata figlia
tornare a vita anco vorrai, lo sposo
rendendole...
Saul   ...Ma che? tu mai dal pianto
non cessi? Or questi i dolci oggetti sono
che rinverdir denno a Saúl la stanca
mente appassita? Al mio dolor sollievo
sei tu cosí? Figlia del pianto, vanne;
esci; lasciami, scostati.
Micol   Me lassa!...
Tu non vorresti, o padre, ch’io piangessi?...
Padre, e chi l’alma in lagrime sepolta
mi tiene or, se non tu?...

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Gion.   Deh! taci; al padre

increscer vuoi? — Saúl, letizia accogli:
aura di guerra, e di vittoria, in campo
sta: con quest’alba uno spirto guerriero,
che per tutto Israél de’ spandersi oggi,
dal ciel discese. Anco in tuo cor, ben tosto,
verrá certezza di vittoria.
Saul   Or, forse
me tu vorresti di tua stolta gioja
a parte? me? — Che vincere? che spirto?...
Piangete tutti. Oggi, la quercia antica,
dove spandea giá rami alteri all’aura,
innalzerá sue squallide radici.
Tutto è pianto, e tempesta, e sangue, e morte:
i vestimenti squarcinsi; le chiome
di cener vil si aspergano. Sí, questo
giorno, è finale; a noi l’estremo, è questo.
Abner Giá piú volte vel dissi: in lui l’aspetto
vostro importuno ognor sue fere angosce
raddoppia.
Micol   E che? lascierem noi l’amato
genitor nostro?...
Gion.   Al fianco suo, tu solo
starti pretendi? e che in tua man...?
Saul   Che fia?
Sdegno sta sulla faccia de’ miei figli?
Chi, chi gli oltraggia? Abner, tu forse? Questi
son sangue mio; nol sai?... Taci: rimembra...
Gion. Ah! sí; noi siam tuo sangue; e per te tutto
il nostro sangue a dar siam presti...
Micol   O padre,
ascolto io forse i miei privati affetti,
quand’io lo sposo a te richieggo? Il prode
tuo difensore, d’Israél la forza,
l’alto terror de’ Filistei ti chieggo.
Nell’ore tue fantastiche di noja,

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ne’ tuoi funesti pensieri di morte,

David fors’ei non ti porgea sollievo
col celeste suo canto? or di’: non era
ei, quasi raggio alle tenébre tue?
Gion. Ed io; tu il sai, se un brando al fianco io cinga;
ma; ov’è il mio brando, se i sonanti passi
del guerrier dei guerrier norma non danno
ai passi miei? Si parleria di pugna,
se David quí? vinta saria la guerra.
Saul Oh scorsa etade?... Oh di vittoria lieti
miei gloríosi giorni!... Ecco, schierati
mi si appresentan gli alti miei trionfi.
Dal campo io riedo, d’onorata polve
cosperso tutto, e di sudor sanguigno:
infra l’estinto orgoglio, ecco, io passeggio;
e al Signor laudi... Al Signor, io?... Che parlo?...
Ferro ha gli orecchi alla mia voce Iddio;
muto è il mio labro... Ov’è mia gloria? dove,
dov’è de’ miei nemici estinti il sangue?...
Gion. Tutto avresti in David...
Micol   Ma, non è teco
quel David, no: dal tuo cospetto in bando
tu il cacciavi, tu spento lo volevi...
David, tuo figlio; l’opra tua piú bella;
docil, modesto; piú che lampo ratto
nell’obbedirti; ed in amarti caldo,
piú che i proprj tuoi figli. Ah! padre, lascia...
Saul Il pianto (oimè!) su gli occhi stammi? al pianto
inusitato, or chi mi sforza?... Asciutto
lasciate il ciglio mio.
Abner   Meglio sarebbe
ritrarti, o re, nel padiglione. In breve
presta a pugnar la tua schierata possa
io mostrerotti. Or vieni; e te convinci,
che nulla è in David...

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SCENA TERZA

David, Saul, Abner, Gionata, Micol.

David   La innocenza tranne.

Saul Che veggio?
Micol   Oh ciel!
Gion.   Che festi?
Abner   Audace...
Gion.   Ah! padre...
Micol Padre, ei m’è sposo; e tu mel desti.
Saul   Oh vista!
David Saúl, mio re; tu questo capo chiedi;
giá da gran tempo il cerchi; ecco, io tel reco;
troncalo, è tuo.
Saul   Che ascolto?... Oh David,... David!
Un Iddio parla in te: quí mi t’adduce
oggi un Iddio...
David   Sí, re; quei, ch’è sol Dio;
quei, che giá in Ela me timido ancora
inesperto garzon spingeva a fronte
di quel superbo gigantesco orgoglio
del fier Goliatte tutto aspro di ferro:
quel Dio, che poi su l’armi tue tremende
a vittoria vittoria accumulava:
e che, in sue mire imperscrutabil sempre,
dell’oscuro mio braccio a lucid’opre
valer si volle: or sí, quel Dio mi adduce
a te, con la vittoria. Or, qual piú vuoi,
guerriero, o duce, se son io da tanto,
abbimi. A terra pria cada il nemico:
sfumino al soffio aquilonar le nubi,
che al soglio tuo si ammassano dintorno:
men pagherai poscia, o Saúl, con morte.
Né un passo allora, né un pensier costarti
il mio morir dovrá. Tu, re, dirai:

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David sia spento: e ucciderammi tosto

Abner. — Non brando io cingerò né scudo;
nella reggia del mio pieno signore
a me disdice ogni arme, ove non sia
pazíenza, umiltade, amor, preghiere,
ed innocenza. Io deggio, se il vuol Dio,
perir qual figlio tuo, non qual nemico.
Anco il figliuol di quel primiero padre
del popol nostro, in sul gran monte il sangue
era presto a donar; né un motto, o un cenno
fea, che non fosse obbedíenza: in alto
giá l’una man pendea per trucidarlo,
mentre ei del padre l’altra man baciava. —
Diemmi l’esser Saúl; Saúl mel toglie:
per lui s’udia il mio nome, ei lo disperde:
ei mi fea grande, ei mi fa nulla.
Saul   Oh! quale
dagli occhi antichi miei caligin folta
quel dir mi squarcia! Oh qual nel cor mi suona!... —
David, tu prode parli, e prode fosti;
ma, di superbia cieco, osasti poscia
me dispregiar; sovra di me innalzarti;
furar mie laudi, e ti vestir mia luce.
E s’anco io re non t’era, in guerrier nuovo,
spregio conviensi di guerrier canuto?
Tu, magnanimo in tutto, in ciò non l’eri.
Di te cantavan d’Israél le figlie:
«Davidde, il forte, che i suoi mille abbatte;
Saúl, suoi cento». Ah! mi offendesti, o David,
nel piú vivo del cor. Che non dicevi?
«Saúl, ne’ suoi verdi anni, altro che i mille,
le migliaja abbatteva: egli è il guerriero;
ei mi creò».
David   Ben io ’l dicea; ma questi,
che del tuo orecchio giá tenea le chiavi,
dicea piú forte: «Egli è possente troppo

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David: di tutti in bocca, in cor di molti;

se non l’uccidi tu, Saúl, chi ’l frena?». —
Con minor arte, e veritá piú assai,
Abner, al re che non dicevi? «Ah! David
troppo è miglior di me; quindi io lo abborro;
quindi lo invidio, e temo; e spento io ’l voglio».
Abner Fellone; e il dí, che di soppiatto andavi
co’ tuoi profeti a susurrar consigli;
quando al tuo re segreti lacci infami
tendevi; e quando a’ Filistei nel grembo
ti ricovravi; e fra nemici impuri
profani dí traendo, ascose a un tempo
pratiche ognor fra noi serbavi: or questo,
il dissi io forse? o il festi tu? Da prima,
chi piú di me del signor nostro in core
ti pose? A farti genero, chi ’l mosse?
Abner fu solo...
Micol   Io fui: Davide in sposo,
io dal padre l’ottenni; io il volli; io, presa
di sue virtudi. Egli il sospir mio primo,
il mio pensier nascoso; ei la mia speme
era; ei sol, la mia vita. In basso stato
anco travolto, in povertá ridotto,
sempre al mio cor giovato avria piú David,
ch’ogni alto re, cui l’oriente adori.
Saul Ma tu, David, negar, combatter puoi
d’Abner le accuse? Or, di’: non ricovrasti
tra’ Filistei? nel popol mio d’iniqua
ribellíone i semi non spandesti?
La vita stessa del tuo re, del tuo
secondo padre, insidíata forse
non l’hai piú volte?
David   Ecco; or per me risponda
questo, giá lembo del regal tuo manto.
Conoscil tu? Prendi; il raffronta.
Saul   Dammi.

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Che vegg’io? è mio; nol niego... Onde l’hai tolto?...

David Di dosso a te, dal manto tuo, con questo
mio brando, io stesso, io lo spiccai. — Sovvienti
d’Engadda? Lá, dove tu me proscritto
barbaramente perseguivi a morte;
lá, trafugato senza alcun compagno
nella caverna, che dal fonte ha nome,
io m’era: ivi, tu solo, ogni tuo prode
lasciato in guardia alla scoscesa porta,
su molli coltri in placida quíete
chiudevi al sonno gli occhi... Oh ciel! tu, pieno
l’alma di sangue e di rancor, dormivi?
Vedi, se Iddio possente a scherno prende
disegni umani! ucciderti, a mia posta,
e me salvar potea, per altra uscita:
io il potea; quel tuo lembo assai tel prova.
Tu re, tu grande, tu superbo, in mezzo
a stuol d’armati; eccoti in man del vile
giovin proscritto... Abner, il prode, ov’era,
dov’era allor? Cosí tua vita ei guarda?
Serve al suo re cosí? Vedi, in cui posto
hai tua fidanza; e in chi rivolto hai l’ira. —
Or, sei tu pago? Or l’evidente segno
non hai, Saúl, del cor, della innocenza,
e della fede mia? non l’evidente
segno del poco amor, della maligna
invida rabbia, e della guardia infida
di questo Abner?...
Saul   Mio figlio, hai vinto;... hai vinto.
Abner, tu mira; ed ammutisci.
Micol   Oh gioja!
David Oh padre!...
Gion.   Oh dí felice!
Micol   Oh sposo!...
Saul   Il giorno,
sí, di letizia, e di vittoria, è questo.

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Te duce io voglio oggi alla pugna: il soffra

Abner; ch’io ’l vo’. Gara fra voi non altra,
che in piú nemici esterminare, insorga.
Gionata, al fianco al tuo fratel d’amore
combatterai: mallevador mi è David
della tua vita; e della sua tu il sei.
Gion. Duce David, mallevadore è Iddio.
Micol Dio mi ti rende; ei salveratti...
Saul   Or, basta.
Nel padiglion, pria della pugna, o figlio,
vieni un tal poco a ristorarti. Il lungo
duol dell’assenza la tua sposa amata
rattempreratti: intanto di sua mano
ella ti mesca, e ti ministri a mensa.
Deh! figlia, (il puoi tu sola) ammenda in parte
del genitor gli involontarj errori.