Ricordi delle Alpi/Parte Prima/XIV
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Parte Prima - XIII | Parte Prima - XV | ► |
XIV.
Due fanciulle.
Mentre mi perdevo in queste fantasticaggini, una voce argentina si fece sentire al di su della via: m’arrestai di colta; ed ecco i versi che potei trarre da quell’armonia rusticana:
«Morirò, morirò — che n’averai? —
Per me sia messa in ordine la croce.
E le campane suonar sentirai,
Cantare il miserere a bassa voce:
’N mezzo di chiesa portar mi vedrai
Cogli occhi chiusi e con le mani in croce:
E arriverai a dire: or me ne pento. —
Non occorr’altro, quando il fuoco è spento.»
Sedetti sopra una pietra, quasi frenando il respiro per cogliere questi fior montanini; ma la voce s’arrestò e udii questo dialogo.
— Su, non rispondi, Cecchina? è già la terza volta che mi ti fai seria, e manchi di parola: ciò non va bene, sai, non va bene.
— Ma sei tu, Rosina, che non tieni la parola: promisi di farti coro nella canzone del marinaro:
«Partirò sul bastimento,
Vedrò terre e mari nuovi...
e invece sei sempre lì col tuo Lamento della morte. E questo non mi piace, te lo ridico!
— Il maestro del Comune lo loda tanto! un giorno diceva, ch’è la più commovente elegìa (elegìa credo la chiami), che si conosca. Vedi....
— Ma allora non t’era ancor toccato la disgrazia di Carlino. — E qui la voce della Cecchina infiochì tra commossa e dispettosa. La Rosina non rispose; e io essendomi posto in modo da potere scernere le due villanelle, pur restando loro celato, scorsi che, seduta, questa tenevasi la testa nelle mani nascondendo le lagrime.
— Ecco, ripigliava la Cecchina, siamo sempre alla solita storia; oh, d’or innanzi mi saprò regolare, io!... Non ci verrò più al lavoro con te, no, non ci verrò più.
— Hai torto, Rosina; tu sai che il pianto mi alleggerisce il cuore, e che, passata l’agitazione, non ci penso più in giornata. Stamane non hai proprio un grano di compassione: non fosti mai tanto difficile e stizzinosa!
— Gli è perchè non posso soffrire di vederti crucciare per un ingrato: oh, lascia che quel buona lana si scavigli a sua posta; la troverà lui la sua ricca!
— Non ci ha colpa lui, mi disse la vecchia Mea: è suo padre che vuol unirlo con Giuditta, la primogenita del mugnajo Anselmo.
— Quel viso da pinzocchera, alta come una pertica e sottile come una canna! Oh, mi sta fresco a tôr quella roba da armadio! scommetto che ne mangerà il pan pentito. Ogni nodo viene al pettine, dice il mi’ babbo; e tu che lo vai scusando, in quella tristaccia d'una canzone, gliene dici di crude, e fai vedere che te ne consumi come una lucerna senz’olio.
— È vero; non lo posso cancellare dal cuore.
— E così lo vai cantando anche agli uccelli: ti pare?
— Ma ne provo un sollievo; e ti prego di accordarmelo, come se fosti in procinto di lasciarmi per un lungo viaggio....
— Uhm! lo sapeva io; eccoti da capo con le tue paturnie.
— Via! mi vuoi tu dunque male, Cecchina?...
— Nemmanco per sogno!
— Vieni qui pertanto, e togliamo di mezzo ogni ruga di mal umore.
E le due fanciulle si diedero il più casto bacio che l’innocenza possa scoccare su due vaghe boccuccie di quindici anni.
Dopo poco, rimesse al lavoro, la Rosina ripigliò la strofa del rispetto sopra cantato. E stavolta, senza frammettervi più parole, la Cecchina con voce mestamente limpida le rispose:
«Morirò, morirò: sarai contento,
Per me si metta in ordine la croce.
Tu nella bara mi vedrai passare,
Cinta di drappi neri e senza luce.
Allora, bello, contento sarai,
Quando nel mondo più non mi vedrai.
Quasi pigliando lena, la Rosina rispondeva pronta:
«Quando sentirai dir che sarò morta,
Ogni mattina alla messa verrai;
Arriverai a quell’oscura fossa,
E l’acqua benedetta mi darai.
E allor dirai: ecco lì quell’ossa
Di quell’amante, che tanto straziai.
Allor dirai: decco qui il mio bene;
E lui è morto, e a me morir conviene.
«Se moro, ricopritemi di fiori,
E sottoterra non mi ci mettete;
Mettetemi di là di chelle mura,
Dove più volte vista mi ci avete.
Mettetemi di là, all’acqua, al vento;
Che se moro per voi, moro contento:
Mettetemi di là, all’acqua, al sole;
Chè se moro per voi, moro d’amore.»
Qui cessarono i canti, e le due contadinelle per un istante proseguirono l’una a svellere erbe nella ripa, l’altra a sgretolare zolle col rastrello; ma tosto, come mosse da uno stesso dolcissimo istinto, amendue, lasciato inconscie il lavoro, si scontrarono nello sguardo, e si sorrisero con tale modo d’affettuosa dolcezza, che penna umana mal si porrebbe a descrivere. — E quindi racconsolate, soddisfatte, ripigliarono il lavoro. — Era la prima volta in mia vita, ch’io sentiva il pungolo della nera invidia contro un villanello che, oggetto del più puro affetto, non avea però saputo apprezzare i pregî di tanto tesoro. E, dato in un sospiro, che volea quasi significare: «Oh, fossi anch’io contadino!» mi allontanai di lassù fra il dispetto e il desio....