Relazione delli scavi fatti in Luni nell'autunno 1858 e 59/Scavi in Luni nel 1859

Scavi in Luni nel 1859

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Scavi in Luni nel 1858 Ripostiglio lunese 1860
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SCAVO DELL’AUTUNNO 1859



Era già lungo tempo ch’io vagheggiava l'idea di fare l'acquisto del campo che fiancheggia verso Levante quello ove trovammo l'antico Foro, e sul quale nel 1857 vennero fatti gli altri scavi. Nello scorcio dell’anno passato avendo potuto appagare quel mio desiderio, mi determinai di rivolgere tutte le mie cure a quello esplorare.

È tradizione molto antica, anche presso quei villici che in cotesto campo non siensi praticati mai degli scavi appositi, ma bensì nell’eseguire li consueti lavori per la coltivazione di quel terreno, vi si fossero trovati oggetti, e vedute traccia dì signorili pavimenti.

In quello cominciava adunque il lavoro verso la metà dell’Ottobre, aprendo una larga fossa nel limite del campo del Foro, partendomi da Levante per Occidente; e fatti pochi metri di lavoro, alla profondità di metri 1 e 50 si abbattemmo in un condotto di piombo il quale divergeva non poco dalla linea di quel fosso che si era [p. 14 modifica]tracciata. Risolsi di sospendere quel cominciato lavoro per quindi riprenderlo, e tener dietro al condotto, che mi sembrava diverso da quei tanti altri di sovente in Luni rinvenuti, essendo questo assai più grande, e portando nei suoi tubi dei marchi non mai veduti per lo innanzi: erano questi marchi assai ben rilevati, e presentavano lancie, freccie, clepsydre, tridenti. Scoperti che furono cinque circa metri di tale condotto, lo trovammo rotto, e schiantato, come lo era pure nel suo principio. Feci allora deporre sul campo quei tubi, e procurai quindi che venisse abbassato ancora sotto a quel piombo lo scavo: m’avvidi però che un tale lavoro non persuadeva di troppo quei miei cavatori e finalmente uno di questi, porgendomi ad osservare la qualità della terra ch’estraevano, parea volesse persuadermi essere noi giunti al così detto terreno vergine, e quindi superfluo il continuare quel lavoro. Per quanta buona stima io m’avessi di quei bravi e pratici lavoratori, non credetti dovere annuire di subito alle loro parole, poichè esaminata un pò attentamente quella terra, io vi scorgeva qualche leggiero segno di reniccio frammisto, nè mi era ingannato; poichè fatto continuare l’abbassamento dello scavo, trovammo ben tosto uno strato di rena quasi pura; discesi allora in quella fossa, e fatto togliere quello strato, che fu di circa un 20 cent., ebbi il piacere di primo scoprire altro condotto, assai più grande di quello soprastante; feci tenere dietro a questo il lavoro, e per quanto, in certi punti ci si presentasse più profondo, in altri meno, tuttavia, non divergendo dallo scavo di già [p. 15 modifica]tracciato, non ebbimo motivo di deviare quel nostro lavoro. Cuopriva sempre il condotto, come abbiamo accennato, uno strato di rena, e tratto tratto si trovavano delle grosse pietre, poste quasi a sostegno dei tubi, alcuni lunghi ben 5 metri; e ne assicurava le singole commessure un gran masso dello stesso piombo di forma quadrata.

Accompagnammo per 45 metri quel condotto senza incontrare alcuna divergenza di direzione al tracciamento, quando giunti al confine del campo verso occidente, e precisamente distanti un mezzo metro dal così detto macerone, che alto, serve di passo a quei vicini terreni, e divide quella mia proprietà, si trovò rotto, e per quante ricerche venissero da me fatte sotto quel macerone, e il possessore dell’attiguo campo aperta avesse, a mio intuito, una fossa lunga tutto il medesimo, dirimpetto al nostro condotto, non ci venne fatto di più rinvenirlo. Feci allora estrarre quei tubi, per continuare lo scavo. Ogni tubo portava rilevata la seguente leggenda, ripetuta in alcuni

THALAMVS. FECI


Chiaro apparisce in questa il nome dell’antico artefice. Trovai avere un diametro di 13 centim. ne mai per lo innanzi, venne trovato di simile grandezza; lo credo uno dei principali, se non il primo, acquedotto, che l’acqua potabile dai vicini monti alla Città conduceva; meglio anco me ne convince la sua postazione, che, per quanto si può comprendere, [p. 16 modifica]passando nel mezzo della Stessa, e diretto al campo del Foro, propriamente volgeva a quel punto, ove alcuni anni fa si trovarono bagni lastricati di marmo. Molti piccioli tubi si trovarono tratto tratto innestati a quello, onde distribuir in diversi sensi quell’acqua; e più in alto, verso la di lui origine, penso, che uno di questi n’avrà deviata una parte onde somministrarla alla Piscina, che a breve distanza si vede verso ponente. Il nostro lavoro venne ripreso ove sostammo allo scoprirsi del primo condotto, e per non lasciarci addietro del terreno non investigato, feci regolarmente aprire quelle fosse che si erano in principio tralasciate. Non mi fu possibile, per quanto indefessamente si lavorasse, di poter vedere terminato lo scavo in quest’anno, e puossi calcolare a metà il campo esplorato; trovammo in questo molti oggetti e di qualche importanza taluni, quali tutti mi accingo a fedelmente descrivere.


IN ORO


Anello liscio, a cerchietto massiccio, trovato allato del maggiore condotto.

Altro anello con onice; evvi scolpito un grazioso uccellino.


IN ARGENTO


Anello sul di cui gastone sta inciso un uccello sopra un ramoscello.

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IN PIETRE DURE E PREZIOSE


Agata con cavallo marino.

Corniola con cane che corre.

Altra corniola con un cignale, bella incisione.

Calcedonia con uno struzzo.

Un piccolo rubino senza incisione.

Tre grossi pezzi di agata.

Una medaglietta d’ambra, con sua attaccaglia; è assai bene conservata, e in basso rilievo si veggono due teste con busti in riguardo; alla conciatura del capo, e fisionomie, giudicherei fossero Elena di Costanzio Cloro col figlio Costantino.


IN BRONZO


Amorino ignudo con ricciuta chioma cinta di un nastro, che viene ad annodarsi sul fronte; stende le braccia, e le aperte manine additano a sorreggere, ad attendere qual cosa: questa statuetta è alta 7 cent. soltanto.

Cornucopia che termina in una zampa di leone; sorge in alto un genietto alato; è alta 6 cent., ed è lavoro di mediocre scultura.

Cinque fibule: una a forma di cavallo, rovinata dall’ossido; altra di serpe, di bello stile; altra di testa di un cane, è di rozzo lavoro; altra di uccello, e altra di piccolo serpe, questa di miglior stile.

Un piccolo mascherone.

Il piede sinistro di statuetta.

Altro mascherone schiacciato. [p. 18 modifica]Una stupenda testa con suo collo di un cane; tiene socchiusa la bocca mostrando i suoi denti, ha basse le orecchie, e attorno al collo si scorge il folto pelo sculto con bella maestria; questa testa di ottimo stile, sembra appartenesse a qualche decorazione di porta o fregio.

Una foglia di vite lavorata finamente.

Un braccialetto elastico.

Un piccolo vasello.

Una chiave, lunga 8 cent., ed altre tre più piccole.

Una bolla per fanciullo; è una mezza luna, dal mezzo della quale, e dalle punte de’ suoi corni pendono tre cuori; la forma del cuore era la più adoperata per tali bolle in antico.

Ventiquattro anelli, decisamente senza alcun lavoro.

Tre simili, portanti il gastone quadrilungo assai, con poco ornato.

Tre altri col solito intreccio o nodo.

Uno con due serpi avviticchiati.

Altro con due globuletti.

Altro picciolo con pietruzza di cristallo.

Altro con lavoretto semplice nel contorno.

Altro con foglia incisa nel gastone.

Altro con granchio marino inciso.

Altro finalmente con cavallo marino parimente inciso.

Sei bottoni di forma diversa.

Una stella, lavorata assai finamente.

Due ruotelle, di mediocre lavoro.

Una bella grappa da cassetta, scolpita con leggiadri ornati.

[p. 19 modifica]Ami da pesca; forcelle per far reti; aghi di variate dimensioni, molli aventi ancora la loro cruna, uno di questi ha due crune; catenelle; cornici alcune lavorate, altre semplici.

Tre cucchiaj per sacrifizio.

Una grossa grappa che tuttora gira nella sua commessione.

Due spilloni con testa intagliata, dei quali uno alquanto elegante pel disegno, mirabile conservazione, e patina.

Moltissimi chiodi di tutte grandezze, uno, è perfettamente tondo, ed è lungo 13 cent.

Alcuni manici di acquaminario.

Due tintinnabuli differenti.

Una patera a modo di vasojo moderno.

Altra consimile, ma con suo manico.


IN MARMO


Tronco di colonna alto metri 1., e Cent. 30 di diametro, con buco profondo Cent. 40: sull’orlo vi si legge la seguente inscrizione

C. CALVIVS. C. II.

T. LVRIVS. T. F. IIVIR


In una cornice si legge

L. AVFIDius


Ivi trovammo pure parte di altra lapide non rotta, ma che in sua origine ad altra si univa, chiare veggiendosi ancora le traccia del piombo in questa parte [p. 20 modifica]che è la estrema della lapide. Indarno si fecero le più accurate ricerche per rinvenirne l’altra parte: vi si legge in bellissimi caratteri, di scultura alquanto incavata

Trin

YPT

NIA


Riferibile io penso siffatta lapide a Titinia di Petriniano, avendo ritrovate nel 57 altre lapidi, che alli stessi nomi si riferiscono.

Altro marmo rotto; ha belli caratteri alti 24 Cent., e questo pure credo sia un frammento di lapide appartenente a quei Soggetti medesimi, vi si legge

TINI


Capitellino tondo, di marmo venato, ha un contorna di ovoli.

Due capitelli più grandi, dello stesso marmo, e tre picciole basi.

Lastra in cui veggionsi due orme umane a bassorilevo.

Testa di Vertunno, barbato, coronato di foglie diverse e di rose; la corona che l’attraversa lascia cadere una ciocca nel mezzo della fronte; di ottimo stile n’è la scultura, ma il marmo alquanto guasto dal tempo.

Testa di fanciullo con lunga e ricciuta chioma [p. 21 modifica]compressa da un nastro o fascia che le circonda il capo; mediocre lavoro, e poco conservato.

Testa di Pallade di scultura questa assai rozza e guasta in più luoghi.

Otto piccole basi del marmo bianco, e del venato, alte dai 4 alli 20 Cent., destinate, io penso, a sorreggere statuette.

Leggiadro capitellino di marmo statuario, con foglie di Acanto, è alto 2 Cent. e 16 nella sua quadratura.

Altro, assai bello, di scoltura alquanto rilevata; ha doppio giro di ornati: di rose e foglie un festone nel primo, e sotto un’altro consimile di fogliami, con bella maestria lavorati; il marmo è alquanto farinaceo, epperciò guasto in alcune sue parti.

Graziosa colonnetta, alta 12 centimetri, bucata nella sommità; è fatta a spira.

Un piede destro di statua, di grandezza quasi al naturale.

Un voto ad Esculapio per ottenere, o sivvero per la concessa guarigione di un dito. Tali voti si offerivano dagli antichi al Nume istesso, dai più doviziosi in oro od argento, da altri in bronzo, e anche in marmo, come il nostro dito, raffigurando quella parte del corpo di cui s’implorava la guarigione.

Due marmi con intagli di foglie d’acanto, di bello stile; cornici e lastre, inscritte, alcune intagliate.

IN TERRA COTTA


Una quadrella assai pregievole pel basso rilevo che presenta: vi è figurato il Genio di Orfeo che suona la [p. 22 modifica]lira, e altro Genio che le sta dirimpetto dà fiato ad una tibia o corno: sta nel mezzo di queste due figure alate, ignude fino a metà del corpo, un candelabro, e il tutto contorna un bell’ornato di frutti e foglie; un grazioso fregio sta per cornice della quadrella: credo essere questa una delle interne parti di un sepolcretto. È da lamentarsi però il guasto di questo lavoro, poichè oltre ad averlo trovato rotto in molti pezzi, quali mi accinsi a riunire, non vi fu modo di poterli tutti ritrovare.

Altra quadrella più piccola, ma intiera, e ben conservata: alla destra vi si osserva la testa di Giove cinta del diadema, e con barba ricciuta; alla sinistra Giunone cinta essa pure del serto regale, dai lati della quale le scendono alcuni fiocchi e nappe; corre sotto un piccolo cordone, e quindi un fregio di ovoletti.

Altra con grappoli d’uva e foglie.

Altra con vaso di fiori nel mezzo a due collonnette, e sopra un’ordine di merli.

Gran tazza o recipiente per acqua; la terra di questa è assai dell’altre più ordinaria: ha 43 cent. di diametro.

Pezzi di vasi da fiori, con la loro grappa, a guisa di croce, anco impiombata; di tali grappe parecchie se ne rinvennero, svelte da quei pezzi.

Piatto di terra finissima rossigna; ha 21 cent, di diametro. Presso a questi si rinvennero infiniti frantumi di consimili, ma che non ci fu dato potergli riunire: questo, tuttochè rotto in più pezzi, pure con non poca cura e pazienza praticatavi, mi riuscì riunirlo per [p. 23 modifica]intiero: è il primo che io abbia veduto nei miei scavi: svelta e leggiadra ne è la sua forma.

Una lucerna con giro di ovoletti, e nel mezzo un ramo di frutto con sopra un uccellino.

Altra lucerna con bella maschera scenica nel mezzo, dietro, il marchio FORTIS.

Altra con cinghiale al dissopra, con marchio corroso.

Altra semplice, dietro mezza luna con stella.

Altra con Giove sedente su l’Aquila; tiene nella sinistra il fulmine, e dei fulmini pure veggonsi sotto l’aquila.

Altra semplice e senza ornati: ha per marchio SEXTI.

Altra con la Fortuna; sostiene con la destra il timone, e un cornucopio nella sinistra.

Varj pezzi di tondi, vasi, cornici, anche con ornati, alcuni belli assai.


IN OSSO ED AVORIO


Quasi la metà di una tibia o flauto avente due buchi.

Tre tavolette, una larga c. 4 lunga 8, le altre due c. 2 larghe, e lunghe 9; una di queste ultime è rotta; pare che nella loro origine fossero state intonacate di cera. Nulla si distingue nelle più strette ad eccezione di alcuni strisci fattivi con lo stilo. Nella prima, intiera tuttora, frammiste alle molte graffiature che vi si osservano per tutti i lati, vi ho potuto discernere le lettere TRAA, e queste pure rozzamente incise con lo stilo. Come gli antichi usavano queste tavolette per dare il loro voto, e ordinariamente se ne servivano [p. 24 modifica]nei Comizi Romani per stabilire nuove leggi o rifiutarle, come per condannare, od assolvere alcuno, penso che queste nostre ancora abbiano servito per identiche cose, onde esprimere cioè un loro voto, a seconda delle speciali usanze in vigore in quell’antica nostra Città.

Diversi punteruoli ed aghi, alcuni dei quali hanno la testa come a tirso, uno assai leggiadro, ha la sua punta, e superiormente una piccola zampa di cavallo.

Un mescolino, per uso domestico.

Quattro ruotelle, due delle altre più grandi, e rilevate da un lato, hanno un buco nel mezzo, le altre due sono piatte dalle parti, e una di queste porta un labarro rozzamente incisovi.

Due pezzi di pettine, avente l’uno anco i suoi denti, dell’altro la sola piastra con incisione non spregevole.


VETRO E PASTA VETRIFICATA


Molti pezzi di coquinari, o stoviglie; altri con fiorelli a colori svariati, altri con disegni, ed ornati; la parte superiore di un anfora col suo manico, a righe scannellate; moltissimi globuletti e pietruzze, bianchi, gialli, rossi, verdi, e di varj altri colori, tanto in vetro, come di pastiglia; la maggior parte sono bucati; e per essersene trovati di questi sempre gran quantità, penso li avessero infilati con qualche ordine, e formate delle collane od armille; me ne avvalora l’idea di avere per lo innanzi trovate alcune pietre dure infilate ancora fra loro, come si accennò.

[p. 25 modifica]Sei piccioli cilindri di vetro colorato, e fatti a spira.

Alcuni pezzi di vetro dorati.

Più di venti rotelle di pastiglia a colori variati; una fra queste con una stella bianca sù fondo nero.


MEDAGLIE


Mai, nelli scavi anteriori, si trovarono medaglie in tanta abbondanza come in questo, sommando a meglio di mille e duecento; un giorno, in un ora, se ne rinvennero, sparse a brevissima distanza, 500 e più; di guisa che lo stesso mio figlio, giovanetto undicenne, me ne porgeva ad ogni istante una buona manata; pochissime però in quel dì quelle d’argento: erano la maggior parte i soliti Costanzi Costantini e Costanti, moltissime anco di Graziano e Valente, Claudio Gotico e Gallieno, di picciolo bronzo tutte. Non così li altri giorni, avendo in quella gran quantità, trovate medaglie pregievoli, tanto d’argento come in bronzo, e le quali mi accingo a qui ora descrivere.


Fra le Consolari


ANTIA D. Testa barbata e RESTIO.

Rovescio. Ercole ignudo con clava, trofeo e pelle di leone. C. ANTIUS C. F.

ANTONIA Legione XX di M. Antonio.

DECIMIA L’unica.

IVNIA D. Testa della Libertà.

R. Due mani giunte sostengono un caduceo.

ABVRIA D. Testa di Ercole con pelle di leone a dritta. [p. 26 modifica]R. Prora di nave, con M. ABURI. M. F. GEM, in mon: sotto ROMA; B. Quadrante.

ASINIA D. C. ASINIUS. GALLUS. III. VIR. A. A. A. FF., e nel mezzo S. C.

R. OB. CIVIS. SERVATOS in corona di lauro. G. B.

SAUFEIA. D. Testa di Giano bifronte, sopra I.

R. L. SAVF. in mon: mez. br.

TITVRIA. D. Testa di Giano bifronte.

R. Prora di nave, sopra L. TITURI. LF. nell’esergo SABINVS, in mon. mez. br. semiunciale.


Imperiali e in Argento


AUGUSTO. D. La Pace in quadriga lenta, tiene con la sinistra le redini, e con la destra un ramo d’olivo sotto IMP. CÆSAR.

R. Vittoria alata sù prora di nave, tiene colla destra una corona, colla sinistra la palma.

TITO VESPASIANO. D. Sua testa e leggenda.

R. Figura stante sù di una colonna.

GALBA. D. Testa di Galba e leggenda.

R.° S. P. O. R. OB. C. S. in una corona.

VESPASIANO D. Testa e sua leggenda.

R. Aquila su di una base, e COS. III.

PLAUTILLA. D. Testa e leggenda di Plautilla.

R. Uomo che stringe la mano ad una femmina. PROPAGO IMPERI.

MACRINO. Con PONTIF. MAX. TR. P. COS. PP. e figura in piedi che s’appoggia ad una colonna, sor[p. 27 modifica]reggendo con la destra il manto, e colla sinistra lo scodiscio.

TRAIANO DECIO. D. Testa etc.

R. L’abbondanza stante; tiene nella destra una borsa, nella sinistra il cornucopio; all’intorno VERITAS AVG.


IN BRONZO


NERONE con DECVRSIO, due cavalieri che corrono. Gran Bronzo.

NERONE con l’Arco senza epigrafe, S.C. nel mezzo; sopra l’arco quadriga, e vittoriola. Gr. br.

ANT. CARACALLA. D. Testa nuda, a all’intorno sua leggenda.

R. La Speranza in piedi, ha un fiore nella destra, e sollevasi il manto con la sinistra.

GETA. D. Testa nuda e leggenda etc.

R. Tre figure sedenti, ed altra stante.

ELENA DI COSTANZO. Con SÆCVRITAS REIPVBLICÆ pic. br.

ROMULO. Con Tempietto e ROMÆ ÆTERNÆ pic br.

FAUSTA DI COSTANTINO M. Con donna in piedi e li due bambini in braccio, pic. br.

DELMAZIO. Con GLORIA EXERCITVS. p. b.

FLACILLA. Con la Fortuna sedente che gira una ruota su di una colonnetta, pic. br.

TEODATO. Con THEODAHATVS REX in corona, pic. br.

Giova qui osservare, come in Luni, oltre alle medaglie Consolari ed Imperiali, non di rado rinvengonsi [p. 28 modifica]monete del medio-evo, come molte di Milano, Pavia, Lucca, Parma, Firenze, Verona, Cremona, Brescia etc. e in questo nostro scavo trovammo di Parma il Filippo re, e quella più rara ancora di Ottone, oltre poi ad un bellisimo grosso di Treviso con Lodovico Pio.

Questo è il risultato delli scavi fatti in Luni nelli autunni 1858 e 59. I minori condotti innestati, come si accennò, a quello grande, e dei quali taluno volgendo a Ponente s’incamina verso quella porzione di terreno da investigarsi ancora, gli indizi di leggiadri pavimenti già veduti, e l’attiguità infine a quell'antico Foro; tutto fa presagire, e lusingarsi, come entrando probabilmente in caseggiati di riguardo, i lavori che saremo per eseguire, a Dio piacendo, nel vegniente autunno, ci somministreranno materia di qualche importanza.