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Dal Diavolo Rosso — Messina 29 Maggio.

PER MARIO RAPISARDI.

Il professor Carducci ha indirizzato due lunghe epistole a Mario Rapisardi, nelle quali e’ vuol dimostrare; primo, come il Lucifero sia una torta d’arcadia e di frugonianismo e il Lucrezio e il Catullo siano degli empiastri; secondo, come il Rapisardi sia un cattivo soggetto; terzo, come una combriccola di letterati a Bologna non esista; quarto, come il Rapisardi abbia una sintassi zoppicante e dei versi sbagliati e delle frasi indecenti; quinto, come da venticinque anni egli, il professor Carducci, faccia il Don Chisciotte nell’arte italiana.

Che al prof. Carducci piaccia d’atteggiarsi a [p. 63 modifica]Don Chisciotte a noi poco importa; certo, noi abbiamo di lui più stima assai ch’e’ mostri di averne di sè stesso e degli altri, nè vogliamo davvero sopraffarlo col numero e coi bollori della nostra giovinezza. Non c’intenerisca il prof. Carducci, per amor del Cielo, non c’intenerisca! Veda il professor Carducci: noi non ci permetteremo con lui le maniere poco garbate ch’e’ si permette con gli altri; ma se il professor Carducci consente, noi discuteremo tranquilli le sue ragioni, cercando di dimostrare come il prof. Carducci abbia fabbricato dei castelli di carte poco solidi e meno onesti.

Lucifero, dunque, è un vecchio parabolano frugonesco, e via dicendo; Ebe è una pastorella arcade, e via discorrendo; il Lucrezio è un empiastro retorico, eccetera, eccetera. Così parrà forse al prof. Carducci; parve ad altri altrimenti. Nessuno ignora i giudizi del Trezza intorno i lavori del Rapisardi, e il Trezza è così poco un Rutulo del Rapisardi che giudicò pure con molta benevolenza le Odi Barbare del prof. Carducci. E Vittorio Hugo scrisse del Rapisardi che egli è «un precursore: e che tiene in mano due [p. 64 modifica]fiaccole, quella della poesia e quella della verità; e che il gran cuore italiano batte da un capo all’altro de’ suoi canti generosi.»

Si persuada il professor Carducci che tutti non pensano come lui; e il giudizio di Vittorio Hugo può valere, nevvero? a bilanciare quello del professor Carducci. Del rimanente se il Lucifero destò tanto romore, non sarà stato punto per cagione dell’arcadia e del frugonianismo. Nessuno, poi, neppure i Tedeschi dei quali il prof. Carducci pone i sacri pareri in capo ai suoi volumi, nessuno ha negato franchezza, fedeltà ed eleganza evidente alle traduzioni del Rapisardi.

Pensi come gli piace il prof. Carducci; ma non protesti, via, per la giustizia della sua causa; tanto più che certe spiritosità di cattivo gusto, oggi come oggi, fanno proprio l’effetto della birra inacetita nel bel paese dove i ventisette milioni d’italiani, compresi i lattanti, hanno tutti imparato a rimasticare i motti del Figaro e a scivolare sulle barzellette di Yorick.

Il Rapisardi è un cattivo soggetto, dice il prof. Carducci. O perchè? Perchè ha oltraggia[p. 65 modifica]to ingratamente Angelo De Gubernatis e Aleardo Aleardi; perchè mandò al prof. Carducci il Lucifero e al prof. Carducci parve di riconoscere, in certe terzine del Lucifero, il proprio ritratto; e niente altro.

Prima di tutto: perchè Mario Rapisardi doveva esser grato ad Angelo De Gubernatis e ad Aleardo Aleardi? Eppoi: Perchè, quando il Rapisardi scrisse al prof. Carducci ch’e’ non porgesse orecchio ai suggestori invidiosi, e gli spiegò francamente come in quelle terzine non accennasse ad alcuno, perchè il prof. Carducci non prestò fede? E che ha a vedere il Rapisardi se Pietro Fanfani andava leggendo nei circoli le terzine, e faceva rilevare agl’inaccorti il preciso riscontro satirico (bel riscontro, feddidio!) che c’era tra un verso del Rapisardi e il principio d’un sonetto del Carducci? Giorni sono, il Pailleron fece rappresentare a Parigi una sua commedia, Il mondo ove ci s’annoia. Qualcuno volle riconoscere il Caro nel prof. Bellac e altri in altro personaggio della commedia. Il Pailleron fece sapere, proprio come il Rapisardi, ch’e’ non faceva allusioni, e che quanto a’ suoi [p. 66 modifica]tipi, bisognava bene che li pigliasse dalla realtà, se non voleva farne delle figurine di maniera in porcellana del Giappone. Parrà incredibile; ma nessuno ha dato al Pailleron del cattivo soggetto.

Ora, veda, il prof. Carducci: posto che ’l cavar fuori calunnie e insinuazioni sia atto disonesto; posto che un gentiluomo non sia tenuto a raccogliere la disistima di un individuo riconosciuto non gentiluomo e non galantuomo; il Prof. Carducci intenderà bene per che ragione il Rapisardi lo disprezzi dopo quella tal lettera dove è presentata la disistima: e per che ragione il Rapisardi codesta disistima non l’abbia raccolta. Del rimanente il prof. Carducci non si commoșse neppure lui, quando Vittorio Imbriani scrisse nelle Fame usurpate: che un uomo onesto non pronunzierebbe senza arrossire il nome del prof. Carducci. E Vittorio Imbriani, veda il prof. Carducci, è un galantuomo e un gentiluomo. E se ’l prof. Carducci ha risposto come e’ dice alle cortesie del Rapisardi, ciò prova che il prof. Carducci sarà forte nel costruire de’ castelli di carte; ma è debole, molto debole, troppo debole, in fatto di educazione: ecco tutto. [p. 67 modifica]

Può essere che una combriccola di letterati non esista a Bologna; ma i fatti intanto son fatti. Il Guerrini stampa la Polemica, e leva a cielo il Carducci; e ’l Carducci fa una recensione sulla Polemica, e porta alle stelle il Guerrini. Il Chiarini, che per altro non è a Bologna, va strombettando in una prefazione i pregi delle Odi Barbare, e ’l Carducci, in un’altra prefazione, ha delle tenerezze per la traduzione dell’Atta Troll fatta dal Chiarini; un certo signor Lodi magnifica il Carducci; e ’l Carducci trova che codesto signor Lodi è critico fiero e ardito. Eh, via! civettare anche col signor Lodi, che ha bisogno di raccattar le frasi del prof. Carducci, per veder di cavarne qualche imbecille giudizio su cose ch’e’ non intende!

Il Rapisardi ha una sintassi zoppicante. Dove? In questa terzina, dice il prof. Carducci:

     Idrofobo cantor, vate da lupi,
Che, di fiele briaco e di Lieo,
Tien che al mio lato il miglior posto occùpi.

O perchè? il prof. Carducci non reca ragioni; noi non vediamo la sgrammaticatura: aspettiamo. [p. 68 modifica]

Il Rapisardi ha un verso sbagliato; quale? questo:

          E incipriato le chiome e torto il collo,

ch’è di dodici sillabe, afferma il prof. Carducci. Ma, veda il prof. Carducci, de’ versi di dodici sillabe a quel modo ne ha pure Dante. Per esempio (Inferno c. III. v. 69):

          Da fastidiosi vermi era ricolto.

E anche l’Ariosto. Per esempio (Orlando Furioso, IV):

                                   condannata
          Al foco fia se non trova campione.

E anche il Parini nel Giorno. Per esempio:

          Questi, o Signore, i tuoi studiati autori.

E anche l’Alfieri. Per esempio (Antigone, V):

          Fra disperate imprecazioni orrende;

E non sono i soli, veda il prof. Carducci! Eppoi parlare di versi sbagliati quando si ha avuto il coraggio di gabellar per endecasillabo il famoso:

          Venda a un lord archeologo inglese!

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Parlar di corda in casa dell’impiccato! Ohibò. Il Rapisardi ha dei versi porci. Per esempio:

          Per confettar gli stronzoli d’Apollo.

Vero. Ma Dante pure ha delle locuzioni sconvenienti, come «si graffia con le unghie merdose» e «avea del cul fatto trombetta» e «merda fa di quel che si trangugia,» e via discorrendo. E pure è Dante. E ne ha Aristofane, e lo Shakespeare, e Catullo, e ’l Goethe: tutti ne hanno!

Ecco: il prof. Carducci non sarà il cavaliere della Mancia; ma è certo ch’egli adesso combatte con assai meno fortuna del valoroso chidalgo. Decisamente i begli anni son iti. E diventi un po’ più grave il prof. Carducci: noi non abbiam voglia di scherzare con gli uomini che abbiamo appreso a riverire, anche se ineducati e, diciamo, ingiusti.

Un signore che guarda.