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![]() La prima idea del romanzo risale al 24 aprile 1821, quando Manzoni cominciò la stesura del Fermo e Lucia: compose circa in un mese e mezzo i primi due capitoli e l'Introduzione; interruppe però il lavoro per dedicarsi al compimento dell'Adelchi e al progetto, poi accantonato, di un'altra tragedia, Spartaco. Dall'aprile del 1822 il Fermo fu ripreso con maggiore lena e portato a termine il 17 settembre 1823 (fu pubblicato postumo nel 1916 da Giuseppe Lesca col titolo "Gli sposi promessi"). In questa prima redazione i personaggi appaiono meno edulcorati e forse più pittoreschi di quella che sarà la versione definitiva. Sullo sfondo la Lombardia del XVII secolo è dipinta come scenario non pacificato, il cui potere politico coincide con l'arbitrio del più forte, la cui ragione (come insegna Jean de La Fontaine) è sempre la migliore. Di fronte alle storture del potere spagnolo, l'autore stende la luminosa esperienza della Repubblica di Venezia, cui Fermo, e successivamente Renzo, giunge dopo la fallimentare esperienza della rivolta del pane. La prima edizione de I promessi sposi fu pubblicata nel 1827; Manzoni non era, tuttavia, soddisfatto del risultato ottenuto, poiché ancora il linguaggio dell'opera era troppo legato alle sue origini lombarde. Nello stesso 1827 egli si recò, perciò, a Firenze, per risciacquare - come disse - i cenci in Arno, e sottoporre il suo romanzo ad una revisione linguistica ispirata al modello fiorentino. Tra il 1840 e il 1842 pubblicò quindi la seconda e definitiva edizione, cui oggi si fa normalmente riferimento. L'opera comprende una introduzione in cui compare l'inizio della trascrizione di un presunto manoscritto del '600 contenente il resoconto della storia di Renzo e Lucia, infine, in appendice fu pubblicata la Storia della colonna infame, il resoconto di un processo agli untori durante la peste del 1630.
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Nel 1878 la società per lo studio delle lingue romanze di Montpellier promosse un concorso di poesia a cui Vasile Alexandri partecipò con i 32 versi del Cântecul gintei latine, pubblicato a Roma e provvisto di autotraduzione francese e italiana. In esso il Felibrismo di matrice provenzale si unisce all'orgoglio patriottico dell'autore.
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