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Terminati gli studi classici nella sua città natale, sotto il dominio straniero, si trasferi a Firenze per laurearsi con una tesi su Ibsen. Lo stesso anno pubblicava il suo capolavoro, Il mio Carso, sperimentale diario autobiografico, in cui si trovano sapientemente mescolati stili narrativi sospesi tra prosa e poesia. Fervente sostenitore dell'intervento contro l'Austria, durante la prima guerra mondiale, prese parte volontario insieme al fratello alle campagne alpine, trovando la morte a soli 27 anni.
Silvio Pellico, non solo scrittore ma anche poeta, ricorda in una lunga cantica in ottave il rapporto fraterno con Ugo Foscolo, per il quale scrive una commemorazione vibrante. In essa filtrando le idee foscoliane alla luce della sua profonda fede cattolica, Pellico auspica la salvezza dell'anima del grande poeta.
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Ugo conobbi, e qual fratel l'amai,
Chè l'alma avea per me piena d'amore:
Dolcissimi al suo fianco anni passai,
E ad alti sensi ei m'elevava il core.
Scender nol vidi ad artifizi mai,
E viltà gli mettea cruccio ed orrore:
Vate era sommo, ed avea cinto l'armi,
E alteri come il brando eran suoi carmi.
(...)
Memor di tanto, io spero, e spero assai,
Che, sebben conscio non ne andasse il mondo,
Sul letto almen della tua morte avrai
Sentito del Signor desìo profondo:
Spero che l'Angiol degli eterni guai,
Già di predar tua grande alma giocondo,
L’avrà fremendo vista all’ultim’ora,
Spiccato un volo al ciel, fuggirgli ancora.
E mia speranza addoppiasi pensando
Che alla tua madre fusti figlio amante:
Quella vedova pia vivea pregando
Che tu riedessi alle dottrine sante:
Di buoni genitor sacro è il dimando,
E sul cuor dell'Eterno è trionfante,
Nè da parenti assunti in Paradiso
Figlio che amolli, no, non fia diviso...
...Alessandro Manzoni, spinto da un'attenzione maniacale, giunse a correggere le bozze dell'ultima edizione del suo capolavoro, fino a poche ore prima della pubblicazione, intervenendo anche dopo la stampa? Celebri le aggiunte o le soppressioni della punteggiatura, all'ultimo minuto.
Il Giardino degli Ariosto, olio di Anselm Feuerbach (1863). In quest'opera Ludovico Ariosto è rappresentato mentre legge i suoi poemi cavallereschi tra il corteggio di amici presso al sua villa a Ferrara
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Ha visto Roma, ha visto Firenze, è stato in Lombardia, ma il suo mondo non si è ingrandito; il suo centro è rimasto Ferrara; e le sue cure domestiche, i suoi umori con la corte, i suoi piccoli fastidi, i suoi amori, le sue relazioni letterarie, i suoi interessi privati sono tutta la sua preoccupazione allora appunto che l'Italia era corsa da' barbari e si dibatteva nella sua agonia. Il borghese colto, spensierato, pigro, tranquillo, ritirato nella famiglia o tra le allegre brigate, è tutto qui con la sua quiete e il suo «fuge rumores».
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