Poesie (Fantoni)/Scherzi/XX. Di Lucrezia Nani e Lorenzo...
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XX
Di Lucrezia Nani e Lorenzo Sangiantoffetti
Epitalamio.
( 1795 )
Cultor del colle d’Elicona, biondo
figlio di Febo e di Calliope, Imene,
cura d’inquiete verginelle, scendi,
nume fecondo.
5Cinto le rosee tempie
di grat’-olente amaraco,
dolce-ridente in volto,
nel greco socco aurato
il nudo piede avvolto;
10reca propizio il croceo
velo nuzial, la picea
face, cantando, scuoti,
e il suol con piede alterno
dei carmi al suon percuoti.
15Saggia dell’Adria vergine,
saggio garzon ti chiamano:
a Peleo questo, quella
a Tetide somiglia,
ma piú di Teti è bella.
20Lascia i vocali antri di Pindo, e il lento
dell’Ippocrene mormorio giocondo,
cura d’inquiete verginelle, scendi,
nume fecondo.
Guida la vergin cupida
25del nuovo sposo al talamo,
l’alme annodando, come
vite s’annoda all’olmo
con le pampinee chiome.
Voi donzellette amabili,
30a cui, trilustre, palpita
nel colmo petto il core,
e spesso il volto inostra
un mal celato amore,
perché discenda facile
35il dio, sciogliete un cantico:
«Dal sacro orror pimpleo,
dalle materne selve
scendi, Imene imeneo.
Te d’ogni stirpe chiamano
40speme le madri e i tremuli
vecchi con voce fioca,
te il garzoncello imberbe,
te ogni donzella invoca.
O di costumi agli uomini
45dolce maestro ed arbitro,
dal sacro orror pimpleo,
dalle materne selve
scendi, Imene imeneo.
Tu ai re sdegnati e ai popoli
50pace ridoni e candida
fé di pensier concordi,
tu in amistade unisci
le famiglie discordi.
E tu soave imperio
55stendi dall’austro a borea.
Dal sacro orror pimpleo,
dalle materne selve
scendi, Imene imeneo.
Per te la zona, timide,
60l’intatte spose sciolgono
a lusinghiero invito,
e cedon lacrimando
al cupido marito.
Per te fama non temono
65casti Cupido e Venere:
dal sacro orror pimpleo,
dalle materne selve,
scendi, Imene imeneo.
Scendi, dator benefico
70di gioia e di dovizia,
protettore fecondo
delle cittá, dei campi,
animator del mondo».
Quale improvviso strepito!
75strider sui ferrei cardini
odo la porta!... Ei viene.
Sposa, ove fuggi? Ah semplice!
Non lo ravvisi? È Imene.
Eh! invan la chiamo. Pavida
80corre e la madre abbraccia,
e vergognosa e mesta
all’altrui guardo celasi,
con la pudica vesta!
Deh! non temer, non piangere,
85bella dell’Adria figlia,
quel che da te sen viene
è il dio che brami, ah semplice!
non lo ravvisi? È Imene.
Del mar su l’onda veneta
90di te piú lieta femmina
non vedrá il di nascente,
piú lieta sposa e tenera
non vedrá il sol cadente:
tal qual, dell’alba al sorgere,
95nell’orticello idalio,
di fulgid’ostro tinto,
appar tra i fior, che olezzano,
rugiadoso giacinto.
Ma giá fra gli astri l’umida
100notte dal ciel precipita,
e la bicorne luna
affretta il corso tacito,
su la cheta laguna.
Sposa, che tardi? della notte a pena
105sacra ad Imene la metá ti avanza,
tronca ogni indugio: dell’eletta stanza
varca la soglia.
Ve’ quante faci tremule
al letto intorno splendono,
110quanti Silfi immortali
destan piú viva luce
con l’agitar dell’ali!
Mira scherzar le Grazie,
gli Amori e i Giuochi garruli
115folleggiare ridendo:
sol della stanza in fondo
siede il Pudor piangendo.
Mira l’eroe di pace in mezzo all’armi,
il tuo buon padre, che ver’te s’avanza,
120Sposa, che tardi? Dell’eletta stanza
varca la soglia.
Imene, hai vinto: seguila
ed al Pudore additala,
del tuo poter trofeo.
125Viva imeneo Imene!
viva Imene imeneo!
Come si avvolge e abbarbica
del pioppo alla corteccia
ellera tortuosa:
130sposo, coi casti amplessi,
stringi cosí la sposa.
Spegnete omai le fiaccole,
l’uscio chiudete, o vergini,
piú rimirar non lice:
135sposa, ti accheta e soffri:
presto sarai felice.
Devi alla patria libera
di nuovi eroi progenie,
per cui dall’afro lido
140pace di nuovo implori
il tripolese infido.
Fra poche lune stringere
potrai leggiadro figlio
e, avventurosa madre,
145dir, baciandolo in fronte:
— Quanto somiglia al padre! —
Ei fia novel Telemaco,
tu esempio di magnanimo
candor penelopeo.
150Viva imeneo Imene,
viva Imene imeneo.
Tacete: piú non odesi
entro la stanza pronuba
rumor dall’uscio chiuso;
155ma sol fremer talvolta
un bisbiglio confuso!
Partiam: l’impone il dio: ceder conviene;
stanchi c’invita a riposar Morfeo.
Sposi, godete parcamente: Imene,
160salve imeneo!