Poesie (Fantoni)/Scherzi/XXI. In occasione di nozze

XXI. In occasione di nozze

../XX. Di Lucrezia Nani e Lorenzo... ../XXII. Alla cetra IncludiIntestazione 23 giugno 2020 75% Da definire

XXI. In occasione di nozze
Scherzi - XX. Di Lucrezia Nani e Lorenzo... Scherzi - XXII. Alla cetra
[p. 236 modifica]

XXI

In occasione di nozze

La gondola alla sposa.

     La pigra notte tacita
spiega l’amico velo
e gli astri giá biondeggiano,
piú dell’usato, in cielo.

     5— Vezzosa, adriaca vergine,
lascia il paterno tetto;
tronca gl’indugi! — mormora
lo sposo tuo diletto.

     Giá stassi pronta a fendere
10la pallida laguna,
figlia di selva illirica,
la gondoletta bruna.

     Curvi sui remi, aspettano
gli Amori impazienti,
15e, sdegnosetti, scuotono
il capo e i piè frementi.

     Sovra la prora scherzano
i Giochi ricciutelli,
sparsi di rose e d’edera,
20i lucidi capelli.

     La curva poppa gli emoli
festosi Scherzi erranti,
ritti sui piè, coronano
di gigli e di amaranti;

[p. 237 modifica]


     25e di sidonia porpora,
dell’aure agitatrici,
le pargolette inalzano
bandiere sfidatrici.

     Sveglia di face languida
30la luce moribonda,
che si raddoppia tremula
entro la timid’onda,

     la Speme, che sul margine
dell’altra sponda addita
35la tua venuta, e ingannasi
con nuovo error schernita.

     Sotto le felze spargono
di lascivette rose
il lusinghiero talamo
40le Veneri gelose;

     e i lembi erranti annodano
di bianche coltri, gravi
per l’oro e per le nobili
gesta, spiranti gli avi.

     45Aspre di vive immagini,
opra di frigie mani,
cortine la difendono
dagli occhi dei profani;

     su cui giá Psiche in Idalo,
50al patrio mare ignoti,
volle effigiare i simili
venturi tuoi nipoti.

     Parlar diresti i geni,
che a un figlio tuo guerriero
55temuto il brando cingono
dell’ottomano impero.

[p. 238 modifica]


     Dove rivolge impavido
la procellosa guerra,
ne teme il nome e incurvasi
60la rispettosa terra.

     Scuote la fertil Candia
le scitiche ritorte,
e Nicosia può schiudere
al vincitor le porte.

     65Regge il germano i veneti
impazienti legni,
l’Egeo paventa timido
i minacciosi sdegni.

     Le turche navi premono
70il contrastato mare:
le crederesti Cicladi
fra lor, divelte, urtare.

     Tuonan i bronzi, e i fulmini
spesso stridendo vanno,
75ministri irrevocabili
di paventato danno.

     Il giovin duce adriaco
su l’alta poppa siede:
l’affronta il Trace e, pavido,
80fugge, ché Marte il crede.

     Egli l’incalza, sdegnasi,
fremendo, l’onda bruna,
e giá raggiunge rapido
la fuggitiva luna.

     85Si urtano i legni: cadono
i primi duci estinti,
e incerti si confondono
i vincitor coi vinti.

[p. 239 modifica]


     Dei spessi tuoni il fremito,
90le grida dei feriti,
dei moribondi i gemiti
fanno echeggiar i liti.

     Giá i bianchi lini spiegano
le turche antenne e, invano,
95rivolto al dio di Tracia,
fugge di nuovo Osmano.

     Spessi notanti restano
preda dell’onde avare,
e di rapite spoglie
100tutto biancheggia il mare.

     Sposa, al beato talamo
erran i Vezzi intorno,
errati le Gioie, garrule
madri del nuovo giorno.

     105Sui profumati batavi
bianchi lini, felici
aleggialn le volubili
Lusinghe seduttrici.

     Siede il Piacer, che s’agita
110su la tremante sponda,
che par che mesta e querula
ai moti suoi risponda.

     Fra gli origlier purpurei
s’aggirano vivaci,
115del tuo tardar solleciti,
gl’impazienti Baci.

     Giá, fra i gelosi limiti
di sete peregrine,
imprigionar le Grazie
120del tuo consorte il crine.

[p. 240 modifica]


     Giá i bianchi lin gli sciolsero
dal collo, e giá riposo
ha nelle pelli crocee
il piede neghittoso.

     125Dalle ginocchia pendono
disciolti i cinti e, in rete
tessute, al piè gli cadono
l’anglo-francesi sete.

     L’intempestive lacrime
130tergi, Cristina, omai,
che vergognose bagnano
gli amoresetti rai.

     Fra l’inquiete braccia
corri di lui, che aspetta,
135e coi frequenti palpiti
il bel momento affretta.

     Deh! non sdegnar le placide
guerre d’amor; fecondo
il sen d’eroi magnanimi
140devi alla patria e al mondo.

     Questa del fato è l’ultima
legge prescritta all’ore;
cura quest’è di Venere,
quest’è il voler d’Amore.