Poesie (Carrer)/Ballate/Desiderio Userta

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Ballate - Il Cavallo d'Estremadura Sonetti
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DESIDERIO USERTA1.


— O mia donna, un sogno tetro
     Da più notti mi travaglia;
     Parmi sempre aver addietro
     Una truppa che m’assaglia
     Di soldati e di gendarmi
     6Qua mandati a catturarmi. —

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Sì dicendo, la man stende
     Al fidato suo moschetto,
     Che alla spalla il giorno appende
     E la notte accanto il letto:
     Fedel arme! appena scatta
     12Il grilletto piaga è fatta.

E la donna gli ripiglia:
     — Ricomponi i tuoi pensieri,
     Dei percorrer molte miglia,
     Di riposo t’è mestieri;
     Mente desta e forze pronte
     18Vuol la scabra via del monte. —

Mentre l’altro s’addormia,
     Va la donna sottovoce
     Ripetendo: Ave Maria,
     Che tra il sonno a quel feroce
     Sembra il salmo susurrato
     24Nell’orecchio al giustiziato.

Pria che il lume s’intrometta
     Ne’ spiragli dell’imposte
     Della povera casetta,
     Fansi udir poco discoste
     Più pedate in suon sommesso
     30Che via via ne vengon presso.

— Buone genti già non sono
     Che si portino alla chiesa;

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     Ho dell’armi udito il suono,
     Voce a me più ch’altra intesa:
     Donna mia, giunto è l’istante,
     36Or fa d’essermi costante. —

Favellando stava ancora,
     Che il moschetto avea tra mano;
     E s’udì gridar di fuora:
     — Desiderio, opporsi è invano;
     Siam cinquanta, a noi t’arrendi,
     42O di là vivo non scendi. —

La finestra è aperta a un tratto,
     E due morti sono in terra;
     Nuovo scoppio, e un terzo è fatto
     Freddo e inetto ad ogni guerra;
     Dopo il terzo, un quarto, un quinto,
     48Nè si rende Userta vinto.

La consorte orante e mesta
     È compagna al fero gioco,
     E la carica tien presta
     Perchè mai non cessi il foco;
     Tuono e lampo, lampo e tuono
     54Dal balcone alterni sono.

Della grandine infocata
     Al colpir non interrotto
     È la furia rallentata
     Del drappello mal condotto;

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     E di loro al più già pesa
     60Di trovarsi a quell’impresa.

Ma del duce nell’orecchio
     Qualchedun mormora un detto,
     Per cui fassi altro apparecchio
     E a scalar si pensa il tetto,
     E alcun embrice levato
     66Di là coglier l’ostinato.

Come tigre, che nel cavo
     Speco aggiunta si ritrova,
     Non depon l’animo bravo,
     Ma ne fa l’estrema prova;
     Desiderio inciocca i denti
     72E borbotta questi accenti:

— Accerchiato hanno i codardi
     La magion del prode Userta,
     Cui non furo a fuggir tardi
     Tante volte all’aria aperta;
     Nuovo ardir s’è in lor trasfuso,
     78Ch’ei son molti, io solo e chiuso.

Erte rupi, donde scende
     Indomabile il torrente,
     Boschi intatti, valli orrende,
     Tra cui vissi confidente
     Nel mio core e nel mio braccio,
     84Atti a trarmi d’ogni impaccio;

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Oh una volta ancora ascolti
     Il rombar della bufera,
     E tra i larici più folti,
     Che dal sol mi fur visiera,
     Una volta possa ancora
     90Respirar prima ch’io mora!

Ch’altro mai fu il viver mio,
     Tranne incomodi e perigli?
     Di ciò vuol che paghi il fio
     Questa frotta di conigli,
     Cui lo Stato assiduo pensa
     96A fornir di letto e mensa.

Rozzo cibo a cucinarmi
     Sotto il tetto parocchiale
     M’era forza ripararmi,
     Accattando il foco e il sale,
     E guardar che a tradimento
     102Non venisse alcun là drento.

Dove più s’inaspra il monte
     E la neve eterna siede
     Letto avea la stanca fronte,
     Visto in pria, che del mio piede
     Dubbia ognor fosse la traccia
     108A chi davami la caccia.

Furon questi gli error miei....
     Ma un’antica vi si unisce

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     Fosca immago!.. Cinque!.. sei!..
     E il coltel la man brandisce:
     Non più d’oro è la partita,
     114Ci si giuoca della vita.

I miei figli... la consorte!..
     Ti rammenta!.. E perchè audace
     Cambiar detti col più forte?
     Perchè mai?.. Per sempre ei tace!
     Ma bagnati da quell’ora
     120Mano e vesti sento ancora.

Non fu colpa. Ei mi derise
     Come fan gli arditi imbelli,
     Fu il suo ardir che lo conquise!
     Oh! qualunque rinnovelli
     Quell’oltraggio, proveria
     126Nuovamente l’ira mia. —
     
Di minaccia in segno, rota
     Gli occhi orrendi... e giù una palla,
     Come sia di mano ignota,
     Il colpisce nella spalla,
     Entra indomita, traversa
     132Carni e visceri, e il riversa.

Non è a terra mezzo spento?
     Perchè ognun lungi si tiene?..
     Il più ardito inoltra lento,
     Seguon gli altri, e di catene

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     Carco il reo, su disadatto
     138Carro, al giudice è alfin tratto.

Sobbalzato pel scosceso
     Cammin, prova ognor più intenso
     Il dolor del fianco offeso,
     E ne perde spesso il senso,
     Finché il guardo intorno gira
     144Torvamente, freme e spira.

Quando è più la notte oscura
     Una donna move afflitta
     All’ignota sepoltura,
     Come cagna derelitta,
     E formar non sa lamento...
     150Ma per essa mugge il vento.

Note

  1. Fu Desiderio Userta un contrabbandiere che nei monti del Bellunese acquistò celebrità col terrore. Commise parecchi omicidi quasi tutti nell’ubbriachezza, da cui era portato al sangue presso che irresistibilmente: di questi il più compassionevole fu d’un suo amico, che lo avea dileggiato tra il giuoco, appunto mentr’era ubbriaco. Le circostanze della cattura sono storiche, come pure il cercare ch’ei fece a quando a quando ricovero nelle case dei parrochi della montagna: storica è finalmente l’affezione portatagli dalla consorte, che se gli tenne ai fianchi aiutandolo nella disperata difesa della sua casa. — Ciò tutto nei primi anni del corrente secolo.