IV

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IV.


E il martirio e la parola di Cristo non avversano a [p. 11 modifica]questi nostri principii. Non ci disse Gesù fratelli tutti e figli di Dio? Non venne egli a distruggere le caste e le ineguaglianze di natura ammesse dal paganesimo? Non disse ch’ei moriva per riscattar noi tutti dalle conseguenze della colpa prima? Non predicò che dovevamo tutti costituire una santa unità in Dio e nell’amore qui sulla terra? Non annunziò che l’umana famiglia non formerebbe se non un solo ovile, e non avrebbe se non un pastore, la legge interpretata di Dio? Non sancì il principio di trasmessione secondo lo spirito, secondo l’opere, opposto alla trasmessione secondo la carne, secondo il privilegio di casta e di nascita? Non volle che, posta fra gli uomini un’unica gara d’opere fraternamente amorevoli, quegli solamente fosse primo tra noi che sapesse esser ultimo e consecrarsi con zelo ardente, incessante di sacrificio al nostro miglioramento? Non respira in ogni sillaba del Vangelo lo spirito di libertà, d’eguaglianza, di guerra al male, all’ingiusto ed alla menzogna, che informa l’opere nostre?

Libertà, eguaglianza, voi dite, nel cielo e non sulla terra.

No; questa assurda distinzione non è nel Vangelo; e il disprezzo della terra non cominciò ad insegnarsi ai credenti se non da quando la Chiesa si diede a Cesare, e il suo capo visibile, fatto principe anch’egli, innamorò della terra tanto da volerne parte, e serbarla anche a prezzo di sangue de’ suoi fratelli. Terra e cielo s’avvicendano continuamente nel santo Libro, e la terra v’è guardata sempre come soggiorno, non d’espiazione, ma di preparazione al cielo, e campo di guerra per l’educazione della umanità contro alle potenze del male e dell’egoismo che la inceppano o la traviano. Lasciamo la discussione di pochi passi isolati e fraintesi appunto perché contemplati isolatamente. Lasciamo il regnum meum non est de hoc mundo (il mio regno non è di questo mondo): noi sappiamo che l’espressione fu inesattamente tradotta nella Volgata; e che il testo, decisivo a nostro favore, dice regnum meum non est nunc de hoc mundo (il mio regno non è ora di questo [p. 12 modifica]mondo). E lasciamo il rendete a Cesare quel che è di Cesare: passo non dottrinale, né racchiudente una regola pel futuro, nel quale Gesù con una semplice esposizione del fatto allora esistente, e che non potea trasformarsi se non col martirio, compimento della sua missione1, respinge una insidia a lui tesa da’ Farisei. Ma l’insieme, lo spirito del Vangelo e la vita di Gesù attestano la nostra dottrina. Miracoli e insegnamenti armonizzano a distruggere l’antagonismo fra le cose della terra e quelle del cielo. Gesù risana l’anime e i corpi: dimanda a Dio nella sua preghiera il pane d’ogni giorno pei suoi fratelli siccome le virtù dello spirito: insegna l’eguaglianza, l’amore, l’unità nella fratellanza; e commette a’ suoi di evangelizzare, di operare a seconda dell’insegnamento, e diffondere per tutta quanta la terra la legge del cielo. Ed egli annunzia all’apostolato persecuzioni terrestri e trionfo celeste ai pochi che cadranno vittime, trionfo terrestre ai molti che vedranno i frutti del martirio crescere d’intorno ad essi. Beati quei che piangono, ei dice dal Monte alle turbe, però che avranno consolazione. Beati i miti; però ch’essi erediteranno la terra. Beati i perseguitati per cagion di giustizia; però che ad essi appartiene il regno de’ cieli2. Combattete, operate, trasformate la terra, abbiatela vostra; ma se la persecuzione v’interrompe a mezzo la via, e vi contende di vedere il compimento della vostra missione, confortatevi: essi possono rapirvi la terra, ma non il cielo. Tutto quel divino sermone mira a insistere sull’attività che i credenti devono porre a incarnar sulla terra e nella terra la fede; mira a combattere l’inerzia e la codardia che [p. 13 modifica]potrebbero insignorirsi delle anime loro. Voi siete la luce del mondo; la città posta sulla vetta non può serbarsi nascosta. — Non s’accende la lampa per metterla sotto il moggio; anzi si sovrappone al candelliere, perché splenda a quanti albergano nella casa. — Così risplenda la vostra luce nel cospetto degli uomini; veggano le vostre buone opere e glorifichino il Padre Celeste.... Io son venuto.... perché s’adempia la legge.... e in verità io vi dico che terra e cielo non passeranno prima che ogni sillaba della legge non sia compita3. E ammonisce in sulla fine, quasi ei temesse di non essere inteso: Voi riconoscerete i profeti da’ frutti loro... Ogni albero che non fa buon frutto è tagliato e gittato nel fuoco... Non chiunque mi dice, Signore, Signore, entrerà nel regno de’ cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.... E chiunque ode queste parole e non le mette ad effetto, sarà fatto simile al pazzo che edifichi la casa sua sull’arena4. E sceso dal monte, Gesù, come a simbolo e compendio del pensiero svolto in tutto il sermone, guarisce un uomo che aveva il corpo ricoperto di lebbra5.

Cercate il regno di Dio, e tutte queste cose (le cose del mondo) vi saranno sopraggiunte6. In questo testo è compendiata tutta la dottrina evangelica: dominio dello spirito sulla materia; dell’idea sul fatto, della credenza sul governo temporale, della ricerca d’un perfezionamento morale sulla cupidigia dei beni materiali. E questa è pure dottrina nostra. Dio prima: il popolo poi; e il popolo interprete della legge di Dio. I beni materiali, abbiam detto, stromento di buone cose se applicati al vantaggio collettivo, di tristi, se a un fine d’egoismo, hanno a distribuirsi a seconda delle opere e della educazione morale degli uomini.

E a costituire ordinato questo predominio dello spirito [p. 14 modifica]sulla materia, dell’idea sulla forma — a dirigere governativamente l’educazione degli uomini, Gesù sancì una teorica di reggimento fondata sulle opere e non sul privilegio: teorica che smentisce l’abbietta dottrina di sommessione assoluta insegnata dal Papa, e porge ai credenti una norma per giudicare se una autorità sia legittima o no, derivi da Dio, o ne violi la legge.

«I principi delle genti le signoreggiano: i grandi usano potestà sovra esse,» — è questa l’esposizione del fatto; or segue il diritto — «Ma non sarà così fra voi: anzi chiunque fra voi vorrà esser grande, sia vostro ministro. E chiunque fra voi vorrà esser primo, sia vostro servitore: come il figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dar l’anima sua per prezzo di riscatto per molti7

Siffatta è la legge di Cristo; e al Papa che la dimentica noi possiamo ricordar la minaccia: Chiunque m’avrà rinegato davanti agli uomini sarà da me rinegato davanti al Padre mio ch’è ne’ cieli8. I tiepidi che la conoscono, ma per inerzia o per amore d’una menzogna di pace non osano professarla, ricordino la dichiarazione: Non pensate ch’io sia venuto a metter la pace in terra: io non venni a mettervi la pace, anzi la spada... Chi ama padre e madre più che me, non è degno di me; e chi ama figliuolo e figliuola più che me, non è degno di me9.

E gli apostoli di colui che presso al morire, diceva: io ho vinto il mondo10, e risorto dal sepolcro: ogni potestà m’è data in cielo ed in terra11, intesero la loro missione. Come congiunsero nelle loro predicazioni il corpo e lo spirito, che sono l’uno e l’altro di Dio12, come dichiararono che l’opera [p. 15 modifica]di trasformazione a loro commessa abbracciava il cielo e la terra, così chiamarono arditamente i credenti alla lotta contro ogni autorità che s’opponesse all’adempimento della legge. E dopo aver detto che il mistero della volontà divina è raccogliere, nella dispensazione del compimento dei tempi, sotto un capo, in Cristo, tutte le cose, così quelle che sono nei Cieli come quelle che sono sopra la terra, — dopo avere esclamate le sublimi parole: V’è un corpo unico e un unico spirito, come ancora voi siete stati chiamati in una unica speranza della vostra vocazione — v’è un unico Signore, una fede, un battesimo — un dio unico e padre di tutti, il quale è sopra tutte le cose ed in tutti voi13 l’apostolo Paolo scioglie un inno di santa guerra ai potenti, e di conforto alla chiesa militante che suona rimprovero acerbo ai nostri degeneri sacerdoti:

«... Fortificatevi, fratelli miei, nel Signore e nella forza della sua potenza.

Vestite tutta l’armatura di Dio sì che rimaniate fermi ed eretti contro le insidie del Maligno.

Però che noi non abbiamo battaglia contro il nostro sangue e la nostra carne, ma contro i principati, le podestà, i reggitori del mondo e delle tenebre di questo mondo.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Presentatevi adunque al combattimento cinti di verità e vestiti dell’usbergo della giustizia.

E fondati sulla preparazione dell’evangelio di pace.

Imbracciate lo scudo della fede...

E prendete l’elmo della salute e la spada dello Spirito ch’è la parola di Dio14

Benchè, per l’armi delle nazioni, dice Pio nell’Enciclica, Roma mi sia restituita: benchè i tumulti di guerra — le battaglie dell’indipendenza! — siano, anche nell’altre regioni d’Italia, svaniti, i malvagi non desistono. Desistere! No: mai. [p. 16 modifica]Nel nome di Gesù e di san Paolo, nel nome di tutti i combattenti per la causa del Vero e della Giustizia, persisteremo. Accompagnino la vergogna e il rimorso colui che per povertà, delusioni o persecuzione infiacchisse. La nostra è causa di Dio. Le mura, le pietre di Roma possono per poco, e per violenza d’armi straniere, esser vostre; ma l’anima di Roma è con noi. Nostro è il pensiero di Roma. Arca santa della nostra fede e semenza d’un avvenire infallibile, noi lo portiamo e lo serberemo incontaminato con noi nell’esilio, come i primi cristiani portavano il pensiero, or tradito da voi, di Gesù, nelle catacombe e nelle prigioni, finché rifulga da Roma al mondo, incoronato della luce d’una vittoria che né le vostre Encicliche, né le profane armi invocate da voi possono lungamente contendergli. La religione non è più nel vostro campo, è nel nostro. Per voi, per la guerra senza speranza che voi suscitate al pensiero di Dio, e per la colpevole inerzia d’uomini che s’intitolano sacerdoti e non adempiono a un solo dovere del sacerdozio, il mondo, dato alle tenebre del dubbio e dell’odio, travia in oggi dietro a sistemi fallaci, pur più potenti che non la vostra parola, perché vagheggiano l’avvenire, mentre voi tentate incatenare l’Umanità che l’alito divino sospinge, al cadavere d’un passato spento per sempre.

Note

  1. «L’ora è venuta nella quale il Figliuol dell’uomo ha da essere glorificato. — Giov. XII, 23.

    In verità, in verità, io vi dico che, se il granello del frumento caduto in terra non more, rimane solo: ma se more, produce molto frutto. — XII, 24.

    Ora è il giudizio di questo mondo: ora sarà cacciato fuori il principe di questo mondo (il Male). — XII, 31.

    Ed io, quando sarò levato in su dalla terra, trarrò tutti a me. — XII, 32.»

  2. Matteo; V, 4, 5-10.
  3. Matteo; V, 14, 15, 16, 17, 18.
  4. Idem. VII, 16-19, 21, 26.
  5. Idem. VIII.
  6. Luca; XII, 31.
  7. Matteo, XX, 25, 26, 27, 28. — Il primo verso è anche più esplicito nell’Evangelio di Marco: coloro che si reputano principi. X, 42.
  8. Matteo; X, 33.
  9. Matteo; X, 34, 37.
  10. Giov. XVI, 33.
  11. Matteo; XXVIII, 18.
  12. Ai Corinzi; VI, 20.
  13. Paolo agli Efesi; I, 10. — IV, 4, 5, 6.
  14. Idem. VI, 10 e seg.