III

../2 ../4 IncludiIntestazione 16 giugno 2010 100% Storia

2 4
[p. 7 modifica]

III.


No; non è vero che fra il cielo e la terra sia antagonismo o divorzio. Non è vero che, mentre nel cielo regnano il Vero e la Giustizia di Dio, sia legge terrestre la sommessione al Fatto, la riverenza alla Forza brutale. Non è vero che la salute della creatura umana si compia, quasi in soggiorno d’espiazione, per via di rassegnazione o d’indifferenza. La terra è di Dio. La terra sulla quale e per la quale Gesù e, prima e dopo, tutti i santi martiri dell’Umanità diffusero le loro lagrime e il loro sangue, è l’altare sul quale noi dobbiamo sagrificare a Dio; e l’anima nostra è il sacerdote, e l’opere nostre sono gl’incensi che s’innalzano al cielo e ci propiziano il Padre. La terra è gradino al cielo, e perchè da noi si possa salirlo, dev’essere tutta un inno al Signore. Unico luogo che a noi sia dato per render testimonianza della nostra fede, unico campo di prova concesso alla libera creatura e sul quale si raccolgono gli elementi pel giudizio di Dio, essa deve, per l’opera nostra, via via trasformarsi, migliorarsi, purificarsi, e, come noi siam fatti a [p. 8 modifica]immagine di Dio, rendere più e più sempre immagine del regno de’ cieli, dell'ideale che Dio ci ha prefisso, che Gesù ci ha predicato, che la nostra coscienza, d’epoca in epoca, intravede più splendido. Una è la Legge; e l’Umanità deve compirne ogni sillaba. La salvezza dell’anima, il progresso, attraverso i mondi, dell’ente-individuo, l’evolvimento del principio di Vita che Dio ha posto in ciascun di noi, pende dalla nostra attività, dalle nostre battaglie, dai sagrifici lietamente incontrati perchè s’adempia sulla terra la legge. Dio non ci chiederà giudicandoci: che hai tu fatto per l’anima tua? ma che hai tu fatto per l’anime altrui, per l’anime che io ti aveva date sorelle? A quanti intendono l’unità di Dio e la conseguente unità dell’umana famiglia, è verità di fede che noi siam tutti mallevadori gli uni degli altri. Noi non possiamo abbandonare i nostri compagni di vita ai guai dell’ignoranza e della servitù, senz’affrontar la condanna dei traditori, traditori della legge, della nostra missione, delle anime che abbiamo in cura. La maledizione di Caino veglia su qualunque non si sente custode del fratel suo. Dobbiamo innalzarci, innalzandoli: purificarci, schiudendo più sempre ad essi le vie del Bello eterno e del Vero. Ogni pensiero, ogni desiderio di bene che noi non cerchiamo, avvenga che può, di tradurre in azione, è peccato. Dio pensa operando; e noi dobbiamo da lungi imitarlo.

Non è vero che due razze umane esistano sulla terra, che la famiglia delle umane creature debba fatalmente partirsi in due; che la povertà degli uni giovi alla salute degli altri e il padrone trovi quasi il suo complemento nel servo. Davanti a Dio non sono nè padroni nè servi, nè ricchi, nè poveri, nè patrizi, nè popolani. E ciò che non è buono davanti a Dio non può essere buono davanti agli uomini. Noi siam tutti liberi perchè dobbiam conto dell’opere nostre, capaci di progresso e nati al lavoro. Qualunque ineguaglianza distrugga la nostra libertà, inceppi le nostre facoltà di progresso o ponga in seggio l’ozio e avvilisca o tiranneggi il lavoro, non è di Dio, è del male; e Dio tollera il male sulla [p. 9 modifica]terra perchè da noi si possa combatterlo e meritare. Noi non potremo cancellarlo quaggiù perchè l’ente umano è finito, e il suo intero sviluppo deve compiersi altrove; ma dobbiamo tener guerra perenne contr’esso a scemarne continuamente la signoria. La credenza opposta, di qualunque nome s’ammanti, è credenza di manichei. Non esistono ineguaglianze di natura, ineguaglianze fatali di condizioni o di classi — e qualunque, papa o altri non monta, sostiene la proposizione contraria, rinnega Dio, Gesù e l’umana unità per traviarsi dietro a una falsa dottrina del peccato originale scesa dalle credenze indiane all’ultimo paganesimo, e da quello a taluno fra i dottori cattolici del secolo XIII. Esistono ineguaglianze derivanti dalle forme sociali, dall’elemento in cui si sviluppa la vita; e noi dobbiamo operare a mutar quelle forme, a trasformare in nome di Dio, in nome della guerra che Dio c’intima al male, al peccato e alle sue conseguenze, quell’elemento perennemente modificabile. Il mondo fisico, officina dell’umanità, non fu dato ai pochi; fu dato al lavoro. I possedimenti materiali, nè buoni nè dannosi in sè, ma stromenti di bene o di male a seconda del fine individuale o collettivo a cui si dirigono, spettano a quanti lavorano, e si diffonderanno più sempre, tanto più utilmente e religiosamente quanto più la crescente educazione del genere umano insegnerà ai molti il come volgerli al bene. Nè la legge sarà umanamente compita finché un solo povero, privo di lavoro e dei frutti dovuti al lavoro e abbandonato alla elemosina del dovizioso, potrà accusar di menzogna la tradizione della terra fatta da Dio all’Umanità racchiusa nel primo Adamo, o la comunione colla quale la religione gli ripete ogni giorno: acciò che tutti siano Uno.

E non è vero che ogni potestà sia di Dio; non è vero che ogni fatto trascini seco il diritto; non è vero che da noi si debba sommessione, obbedienza passiva a un governo qualunque sia. In nome dell’anima nostra immortale, inviolabile e figlia di Dio, noi dichiariamo falsa, immorale ed atea questa dottrina; apostata d’ogni vera fede [p. 10 modifica]chi la proferisce. La potestà sovrana è in Dio solo. E segno di potestà legittima sulla terra è l’interpretazione della sua legge. Interpreti nati son gli uomini potenti sovra gli altri per genio, per virtù, per amore e spirito di sacrificio. Il giudice migliore dell’opere loro è il popolo. Tre volte santo è Iddio; ma non è santo l’idolo, il simulacro. Santa è l’autorità; ma non è santo un fantasma d’autorità. E santa è la Chiesa, non una menzogna di chiesa. Vera è la tesi di Gregorio VII, era falsa l’applicazione. Uno è il Potere: la legge dello Spirito, la Religione, siede a governo; gl’interpreti, le potestà temporali, la riducono in atto. Ma la legge dello spirito promove, abbraccia, dirige tutte quante le manifestazioni dell’umano progresso: dove cessa questa potenza d’iniziativa e di guida, ivi non è religione, ma maschera di religione; e a Gregorio VII che sostituiva il segno d’un tempo all’idea, e costituiva, non il migliore interprete Papa, ma il Papa, qualunque si fosse, a interprete della Legge, l’Umanità risponde oggi: Dio è Dio e il Popolo è suo profeta: Dio fiammeggia al vertice della piramide sociale, il popolo studia, raccoglie, interpreta i suoi voleri alla base! Dovunque, fondato sovr’altre basi, il potere tradisce inconscio o viola deliberatamente la divina legge d’amore, di libertà, d’eguaglianza, d’associazione fraterna, d’educazione comune, ivi è il male. Bisogna combatterlo. E chi nol fa, per egoismo o per inerzia, è colpevole. Chi serve al male, abbandona la causa di Dio, unico Signore. E chi non è con lui, è contro lui.

La religione è conservatrice, predicatrice e maestra di questi principii, o non è religione. Vincolo senza efficacia, lettera morta e non iniziatrice di vita, giace, siccome cadavere, abbandonata dalla coscienza del popolo, e ridotta a fortificarsi d’armi straniere, non della potenza del martirio e della parola.