Pio IX - Lettera di Giuseppe Mazzini al clero italiano/5
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V.
Sacerdoti italiani, questo nostro è discorso grave: per quanto v’è cara la salute del mondo e delle credenze, ascoltateci. Noi potremmo — un de’ vostri1 lo ha detto, e vi sia pegno dell’animo con che vi parliamo — vincere senza voi; ma nol vorremmo: non ci siete fratelli? non nasceste voi pure in questa terra italiana che noi cerchiamo far santa d’amore e di fede? Non siete figli di questo popolo nudrito oggi d’ira e di diffidenza, e che noi vorremmo comporre in una sola famiglia? Or noi non tentiamo arti di seduzione o di terrore con voi; noi non perseguitiamo di calunnie i nostri avversari; noi non vi esortiamo a non leggere i loro libri, a non ascoltare i loro discorsi. Noi non vi chiediamo se non una sola cosa: udite noi pure. O meglio, udite la voce dell’Umanità che Dio v’affidava: tra l’Umanità e il papa ponete aperto il Vangelo; poi, scendete, puri d’odio e di cieco irragionevole ossequio, nella vostra coscienza, e giudicate. La nostra chiamata è pura di menzogna; uomini e soggetti all’errore, noi possiamo peccar d’ogni cosa; ma non d’ipocrisia. Noi abbiamo l’audacia del vero: il papa lo sa, e per questo ei paventa di noi. Chi scrive a voi in nome de’ suoi fratelli può dirvi: Esaminate la mia vita: voi non potrete trovarvi un atto che contradica alla fede che inculco: esaminate quanto negli ultimi vent’anni ho scritto: voi non potrete trovarvi una sola linea che tradisca irreligione o materialismo. Interprete di molti, io, da quando schiusi l’anima al pensiero italiano, dichiarai che s’era da lungo operato divorzio tra l’idea religiosa e l’idea politica, tra la Chiesa e l’Umanità — che questo era divorzio fatale — che senza fede non era possibile società di fratelli, nè libertà vera e pacifica, nè trasformazione efficace dell’elemento corrotto in che oggi viviamo, nè patria, nè altro — che bisognava a ogni patto riconnettere la terra al cielo, la vita nel tempo e nello spazio al concetto dell’eterna Vita, l’uomo a Dio padre ed educatore. Ed or v’aggiungo che l’ora è suprema, che i tempi sono maturi, che il materialismo è vinto, il bisogno di vita religiosa universalmente sentito, e che per voi soli, per l’ostinazione vostra a puntellare un cadente edifizio, a mantenere la Chiesa avversa o estranea al progresso ineluttabile dell’Umanità, le coscienze vivono incerte, la religione si rimane esiliata dall’anime, e si preparano, checchè si faccia per noi, tempi di discordia e opere di sangue per le quali voi rimarrete mallevadori in faccia agli uomini e a Dio.
In nome di Dio e per amore della patria nostra, noi vi chiediamo: siete cristiani? intendete il Vangelo? guardate alla parola di Gesù come a morta lettera, o ne adorate lo spirito? Tra lo spirito del Vangelo e la parola del Papa, siete veramente, ostinatamente decisi a scegliere, senza esame, senza richiamo alla vostra coscienza, quest’ultima? Siete credenti, o siete idolatri?
Sulle prime linee del Vangelo, lo spirito del male offre a Gesù, purch’ei voglia servirgli e tradire la propria missione, il dominio dei regni e dei principati terrestri: Gesù rifiuta sprezzando. Non ricordate mai, quando vedete i capi della vostra gerarchia collegarsi coi principi, maledire per essi ai popoli, versarne il sangue per mantenere a sè stessi il principato d’una parte di terra italiana, quella pagina del Vangelo?
In un’altra pagina, Gesù, l’anima la più dolce, la più mansueta, la più benedetta d’amore che scendesse mai sulla terra, s’arma di flagello e caccia con santo impeto d’ira i trafficatori e i profanatori dal tempio. Non pensate mai a quella pagina, o sacerdoti, fratelli miei? È puro il tempio di venditori? I farisei, i settatori della lettera morta son essi tutti spariti? Splende il verbo di Dio puro e vivificatore come lo proferiva Gesù?
Note
- ↑ Il padre Ventura.