Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3450

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[p. 394 modifica] di lieto fine coll’effetto di una sua parte distrugge quello dell’altra.1 Voglio dire la compassione (dell’odio verso la colpa, ch’è pur distrutto dalla catastrofe, ho già detto). Il giusto ec., divenuto felice, per infelice che sia stato, non è piú compatito. Ognuno quasi si contenterebbe di arrivare per la stessa strada alla stessa sorte. L’oppresso vendicato non è compatito. Ora egli è cosa stoltissima il travagliare in un dramma ec. ad eccitare un affetto che il dramma medesimo debba direttamente spegnere, e che, non a caso, ma per intenzione dell’autore e per natura dell’opera, finita la [p. 395 modifica]rappresentazione o la lettura, non debba lasciare alcun vestigio di se; un affetto che non debba esser durabile, che durando si opponga all’effetto voluto e cercato dall’autore e dalla qualità del dramma. E quando l’eccitar questo affetto, come la compassione per gl’immeritevolmente infelici, è il principale scopo che l’autore e il dramma si propongono (come ordinariamente accade), il farlo non durevole, il distruggerlo nel suddetto modo, è contraddizione ne’ termini:

Note

  1. Veggasi la p. 3122.