<dc:title> Pastorali </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Alexander Pope</dc:creator><dc:date>1709</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Alexander Pope - Pastorals - en it fr.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pastorali/Primavera&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20210102153546</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pastorali/Primavera&oldid=-20210102153546
Pastorali - Primavera Prima pastorale Alexander PopeEmidio De' VincenziAlexander Pope - Pastorals - en it fr.djvu
Alle note silvane, e per gli amabili
Prati di Windsor sollazzar mi inanimo,
Tu, bel Tamigi, intanto il corso modera, 5Gentil dal sacro fonte, ora che cantano
Sull’alme rive tue le muse sicule.
Scherzi l’aura soave di Favonio
Per li tremuli salci, e i canti rustici
Per rupi, e valli in Albion risuonino.
10E tu, che saggio, e insiem d’orgoglio scevero,
Il tuo poter colla bontade superi:
Tu, che godi la troppo eccelsa gloria
Di più non esser Grande, e che recandoti
Teco il miglior di quanto il mondo pregiasi, 15A tutto il mondo illustramente asconditi:
Deh! mi concedi or tu, che le sue gracili
Avene inspiri la mia musa tenue:
Fintanto almen, che tu fra l’ombre patrie
La lira accordi. Qual talor se vassene 20L’usignuol al riposo, il tordo incorasi
Cantare a’ boschi abbandonati; e giubila
Di tornar poscia ascoltatore, e tacito
Se l’usignuol ricanta: e insiem dell’aria
Gli altri pennuti abitatori ammirano, 25E insiem, sbattendo i vanni, ne fan plauso.
Mentre scotean le greggi dall’erbette
La notturna rugiada, due pastori
Per l’amore vegghianti, e per la musa,
Depost’avendo ogni lanuta cura 30Con sicurtà sull’albeggiante valle,
Freschi come il mattin, e sì vezzosi
Qual la stagion; al rosseggiar dell’alba
Allato al monte: Dafni così disse,
E così poscia replicò Strefone.
DAFNI.
35Odi, come coi canti i vaghi augelli
Destan festosi la vermiglia aurora
Su questi, e quei fioriti ramoscelli?
Perchè sediam noi muti or che a prim’ora
Cantan le lodolette, e l’usignuolo 40Dolce garrendo primavera adora?
Perchè noi mesti, or chè risplende al polo
Fosforo così chiaro, e che cortese
Pinge natura un porporino suolo?
STREFONE.
Or via cantiamo, e le nostr’arie attese 45Saranno da Damon, che là frattanto
I tardi buoi risolcan il maggese.
Quì sulla verde riva in rosso manto
Ardono le viole, e ’l zefiretto
Spira su rose olenti in ogni canto. 50Io vi scommetterò quell’agnelletto,
Che presso al fonte scherza, e ’l carolare
Di sua bell’ombra guata dal poggetto.
DAFNI.
Io quella tazza, ove avvinchiarsi appare
L’edra lasciva, e de’ racemi al pondo 55Le storte viti miransi curvare.
Quattro figure sorgere dal fondo
Veggonsi del lavoro, le stagioni
Varie dell’anno, che si gira a tondo.
E quel, ch’egli è, che cinge le regioni 60Del Ciel raggiante, ove con simmetria
Giaccion fulgenti dodici magioni.
DAMONE.
Cantan le muse alterne, e alterno or fia
Il vostro canto. Or la spinalba infiora;
Or ride il bel ligustro in ogni via: 65Or le piante di frondi, e ’l suol s’indora
Di fior. Cantate ormai. Le valli ombrose
Risuoneran de’ vostri accenti ognora.
STREFONE.
Della mia Delia in lode le famose
Rime di Waller, Febo, tu m’inspira 70O le canzoni di Granvil pietose;
Vittima è pronta a onor della tua lira
Toro, che agguaglia il latte di candore,
Che arene sparge in aria, e pugna spira.
DAFNI.
Deh! fammi, Amor, del premio vincitore 75Per Silvia mia, e questa lingua sia,
Come son le sue luci ad ogni core.
Ch’agnelli non sarà l’offerta mia,
Nè pecorelle, Amor, ma il cor ardente
D’un pastorello il sacrificio sia.
STREFONE.
80Delia gentil fa cenni a me sovente
Dal piano, e ratto in boschi indi s’asconde;
E delude il pastor il più fervente:
Poi del cercare, ch’io fo trà fronde, e fronde,
Rider s’infinge, e scopre il dolce riso 85Con piacer di lei le trecce bionde.
Silvia vivace al par di bel narciso
Scherza sul prato, poi sen fugge, e spera,
Che sebben fugga, veggasi il bel viso:
E insiem cortese sguardo la sua nera 90Pupilla scocca a chi la segue. Ah! quanto
Varia è dai piè la luce sua sincera.
STREFONE.
Scorra pur sovra arene d’oro intanto
Ricco il Pattolo, e presso al Pò gli arbusti
Ambra soave stillino col pianto; 95Che ognor son del Tamigi i lidi augusti
I più brillanti. Agnelli miei pascete:
Io più lontan non chieggo campi onusti.
DAFNI.
Venere gode delle selve liete
Di Idalia; Cinto tien Diana al core; 100Cerere d’Ibla le melliflue mete,
Se l’ombre di Windsòr mertan l’amore
Di quelle impareggiabil luci belle,
Cedono Cinto, ed Ibla al bel Windsore.
STREFONE.
In lutto è la natura, ed in procelle 105Il Ciel si scioglie; muti son gli augelli;
Languidi i fiori in queste rive, e quelle:
Se Delia ride; i fior ritornan belli;
Lieto risplende il Ciel; e gli augelletti
Cantan festosi in questi rami, e quelli.
DAFNI.
110Natura è tutta in riso; I bei boschetti
Son freschi, e ameni; Il Sol porge cortese
Aura vitale co’ suoi raggi eletti.
Se Silvia ride; aurato il suol palese
Fa brio novello, e vinta la natura 115Non sembra più bear colle sue imprese.
De’ prati in primavera la verzura,
I monti nell’autunno, e, nel mattino
Io amo i campi, e ’l giorno la frescura;
Sol Delia sempre; e se lontan, tapino, 120Sono dagli occhi suoi, non mi rincora
Bosco nel giorno, o piano nel mattino.
DAFNI.
Matura, qual l’autunno, e lieta ancòra,
Qual maggio è Silvia mia, più rilucente
Del mezzogiorno, fresca qual l’aurora. 125Ch’ove non luce il viso suo ridente,
Brutta è pur primavera; e sempre amena
Per tutto l’anno è, dov’ella è presente.
STREFONE.
Dimmi, dimmi, Pastor, qual vaga arena
Produce l’albor si meraviglioso, 130Che porta i Rè Sacrati in su la schiena?
Dimmi ciò solo; ed io volenteroso
Il premio cedo; e dollo in guiderdone
Di Silvia tua al ciglio vittorioso.
DAFNI.
Anzi tu dimmi prima, in qual regione 135Assai più fortunata il Cardo è tale,
Che anche il Giglio la cede al rio cardone?
Il premio allor, ch’oltre ogni pregio vale,
Io cederotti; e tua che Silvia sia
La bella Silvia, che non trova eguale.
DAMONE.
140Or cessi il tenzonar, Dafni, e si dia
A te l’agnello, ed a Strefon la tazza,
Che questa appunto è la sentenzia mia.
Pastor felici! Le cui ninfe splendono
D’eterna grazia! Ninfe felicissime! 145Di cui pastori tai cantan le grazie!
Sorgete ormai, e a quel tugurio gitene
Di caprifoglio; è quel dolce ricovero
Di primavera all’improvisa pluvia:
Già le zolle di vezzi ivi coronansi 150Selvaggi; e aprendo i fiori intorno spargonvi
Le lor vaghezze. Ecco le greggi adunansi
Per ritirarsi entro le mandre, e sentesi
Cader pioggia feconda dalle Pliade.