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CANTO TERZO 265

     Sciolgono dal timon bianco di spuma
     I fumanti cavalli. Ai sacri alberghi
     Dell’aurea reggia rispettosi i divi
     15Accompagnâr l’onnipotente1; e, giunti
     Al grande limitar, per sé medesme
     Si spalancâr sui cardini di bronzo
     Le porte d’oro2, che uno spirto move
     Intrinseco e possente; e tale intorno
     20Nell’aprirsi mandâr cupo un ruggito3,
     Che tutto ne tremò l’alto convesso4.
     Ivi in parte segreta, a cui nessuno
     Non ardisce appressar degli altri eterni
     (Fuor che le meste e querule Preghiere,
     25Che libere pel ciel scorrono e al nume
     Portano5 i voti degli oppressi e il pianto),
     L’egioco6 padre in gran pensier s’assise
     Sovra il balzo d’Olimpo il piú sublime.
     Contemplava di là giusto e pietoso
     30De’ mortali gli affanni e le fatiche:
     Mirò d’Ausonia i campi e la pontina7
     Valle in orrendo pelago conversa;
     Mirò per tutto (miserabil vista!)
     Le sue tante cittadi, altre sommerse,
     35Altre per forza di tremuoto svelte
     Dalle ondeggianti rupi, e la catena8,
     Donde pendon la terra e il mar sospesi,
     Scuotersi ancora ed oscillar commossa
     Dalla tremenda di Vulcan possanza.


    a’ vv. 225, p. 105 e 80, p. 212.

  1. 13. Ai sacri ecc.: Anche in Virgilio Giove è accompagnato dagli dei quando, sciolto il loro concilio, se ne torna alle sue stanze. Cfr. Virgilio En. X, 116.
  2. 16. per sé medesme ecc.: cfr. la nota al v. 38, p. 84 e al v. 53, p. 188.
  3. 20. mandâr cupo un ruggito: cfr. Dante Pur. ix, 133 e segg. e Lucano Fars. III, 154.
  4. 21. l’alto convesso: quello del cielo. Cfr. Virgilio En. VI, 241.
  5. 26. Portano ecc.: cfr. la nota al v. 50, p. 73.
  6. 27. egioco: cfr. la nota al v. 145, p. 102.
  7. 31. e la pontina ecc.: Molti scrittori antichi fanno memoria delle Paludi Pontine, ma non cosí chiaramente, da togliere a’ moderni ogni dubbio su la loro origine e il loro ingrandimento.
  8. 36. la catena ecc.: «Il poeta si è giovato d’una sublime immagine di Milton, in fine del libro secondo del Paradiso perduto, ove Satanno all’uscire dell’inferno vede «L’empireo cielo in circuito d’ampia E non determinata estensione... (Sua già nativa sede) e quivi presso Da una catena d’or pendente questo Sospeso mondo». (Trad. del Rolli). Ambidue poi i poeti ebbero cotale immagine da Omero (Il. lib. VIII, v. 19 del testo) quand’egli fa dire a Giove: «... Alla vetta deil’immoto Olimpo Annoderò la gran catena, ed alto Tutte da quella penderan le cose». Ed in questa catena omerica Platone, sul principio del Teeteto, credeva indicato il sole: «Perocché, fintanto che il giro del sole durerà, sussisteranno ed avranno vita tutte le cose si degli dei che degli uomini; ma se questo in certa maniera dovesse stare legato, sciorrebbesi tosto ogni cosa, e il tutto andrebbe, come suol dirsi, sossopra». Qualche newtoniano poi potrebbe piú acconciamente con Pope vedervi simbologgiato il gran sistema delle due forze centripeta e centrifuga; sistema che non