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212 SERMONE SULLA MITOLOGIA

     Quel lauro onor de’ forti e de’ poeti1,
     70Quella canna che fischia2, e quella scorza
     Che ne’ boschi sabèi3 lagrime suda,
     Nella sacra di Pindo alta favella
     Ebbero un giorno e sentimento e vita.
     Or d’aspro gelo aquilonar percossa
     75Dafne morí; ne’ calami palustri
     Piú non geme Siringa; ed in quel tronco
     Cessò di Mirra l’odoroso pianto.
Ov’è l’aureo tuo carro, o maestoso
     Portator della luce, occhio del mondo4?
     80Ove l’Ore danzanti5? ove i destrieri
     Fiamme spiranti dalle nari? Ahi misero!
     In un immenso6, inanimato, immobile
     Globo di foco ti cangiâr le nuove
     Poetiche dottrine, alto gridando:
     85Fine ai sogni e alle fole, e regni il vero.
     Magnifico parlar! degno7 del senno
     Che della Stoa dettò l’irte dottrine8,
     Ma non del senno9 che cantò gli errori
     Del figliuol di Laerte e del Pelide


72. Nella sacra di Febo

80. ove i corsieri

84. Orgogliose dottrine

86-87. Magnifico parlar! degno di Plato, Ma non del sommo che cantò d’Achille L’ira e fu prima fantasia del mondo.

89. Il Resnati legge questi due versi cosí: Ma non del senno che cantò d’Achille L’ira ecc.


    Ovidio Metam. I. 452, Amor. II. vi, 7; Virgilio Ecl. VI, 78 ecc.

  1. 69. Quel lauro ecc.: in lauro fu trasformata Dafne, mentre era inseguita dall’amante Apollo. Cfr. Ovidio Metam. I. 452 e Petraca P. I. sest. I, 34. Il Sannazzaro (Arc. Ecl. II) chiama Dafne «colei, che fe in Tessaglia Il primo alloro di sue membra attratte». — onor ecc.: cfr. v. 25. p. 41.
  2. 70. Quella canna ecc.: Siringa, inseguita dall’innamorato Pane, ottenne d’essere mutata in canna palustre. Cfr. Ovidio Metam. I. 689. Pel Sannazzaro (op. e loc. cit.) Siringa è «colei, che, vinta e stanca, Divenne canna tremula e sottile».
  3. 71. boschi sabèi: Il territorio de’ Sabèi nell’Arabia Felice è ricco di quella pianta dalla cui scorza stilla una soavissima resina odorosa e che fu detta mirra dal nome della figlia infelice di Cinira. in essa trasformata. Cfr. la nota al v. 172, p. 103 e Ovidio Metam. X, 298.
  4. 79. occhio del mondo: Dante (Pur. xx, 132) chiama il sole e la luna «occhi del cielo».
  5. 80. Ore danzanti: cfr. la nota al v. 225, p. 105 e Parini Od. XVII. 103, Foscolo Sep. 6 e Feron. III. 11.
  6. 82. immenso: Il sole ha un diametro di 1.300.000 ch. è però e un 1.255.000 volte piú grande della terra.
  7. 86. degno ecc.: degno della scienza e non della poesia.
  8. 87. Che della Stoa ecc.: Allude alle severe dottrine degli Stoici, setta di filosofi ch’ebbe a capo Zenone di Cizico (340-260 av. C.), e che si chiamarono cosí perché il maestro usava insegnare la sua filosofia nel Pecile, portico di Atene (gr. stoà: portico). Cfr., per conoscere le loro dottrine. Cicerone Pro Murena. XXIX e opere filosofiche, passim. Basti qui dire che disprezzavano beni, onori, piaceri; dicevano che il Savio devo essere sempre uguale a sé stesso e non lasciarsi commuovere né dal dolore, né dalla gioia: egli il solo bello, se anche bruttissimo; il solo ricco, se anche poverissimo; il solo re, se anche servo.
  9. 88. del senno ecc.: di Omero, che cantò le peregrinazioni di Ulisse, figlio di Laerte (Odissea) e l’ira