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II 861 «esser maggiore», lacuna non rilevata da alcun altro (senza quell’integrazione la domanda di Lusca diventa una scempiaggine);

II 23526 «i sospir miei» (necessario miei per ristabilire la misura dell’endecasillabo1, senza contare che l’espressione se n’avvantaggia);

II 24522 «un suo ricetto», suppl. da G;

II 25025 «se io potessi»: l’aggiunta (da G) mi sembra indispensabile, ed è certo opportuna;

II 2526 «era ricambiato», da D (la parola fu suppl. in L da mano seriore);

II 25310 «cosí la donna», da D (ed anche in G): «la donna» è il sogg. di «gittò», mentre «La quale» che precede si riferisce a «vita»;

II 25521 «tutti insieme dissero», da D (dissono): la parola fu suppl. in L di mano piú tarda;

II 2621 «ingegnossi a suo potere», suppl. da D (ed anche in G);

II 26222 «d’un valoroso re raccontando quello che.... operasse in nulla movendo per amore a far contra il suo onore»: tutto il passo è sicuramente guasto2 e l’errore risale certo a b (è anche in G); il primo supplemento sembra certo, poiché senza quella parola non si saprebbe come mettere in rapporto «dirò» con «quello che egli ecc.», il secondo è suggerito dal dato fondamentale della novella, in cui si narra precisamente come il re Carlo soffoca il suo amore per non contravvenire al suo onore: ma qui è chiaro che la mia restituzione non può essere che congetturale;

II 2682 «sí forte macerò», altra lacuna sin qui inavvertita: senza quell’aggiunta, «tanto» e «sí» farebbero un duplicato affatto ozioso.

Mancanze minime son poi:

dell’articolo — I 31 «l’avere», I 34 «li quali», I 1034 «la natura» 3, II 5021 «i vermini» (da G), II 7136 «i suoi costumi», II 7831 «i piedi», II 8621 «i prieghi», II 23129 «i miei», II 2572 «la tua mogliere» (da G), II 2601 «i frutti», II 27120 «il mio stato» (da G), II 28119 «i miei»4; I 55 «in uno altro» (cfr. qui oltre, p. 379), II 597 «da uno altro»;

del pronome e particelle pronominali — I 39 «narrandolo io», I 511 «io intendo»5, II 7412 «se tu vuogli» (da G) II 24628 «gli mi posso»,
  1. Nella vulg. bisogna ammettere uno iato durissimo tra ma e i.
  2. Ciò fu giá avvertito da molti (p. es. Fanf., II, p. 365 n.; Hecker, Der Deo Gr.-Dr., p. 227). ma limitatamente alla prima delle due lacune.
  3. Le tre aggiunte da B1.
  4. La vulg. supplisce dove può alla mancanza dell’art. apostrofando in I 34 la prep. fra e negli altri casi la e copulativa precedente (partito a cui ho dovuto appigliarmi io per II 2338, dove et di L è stata mutata in «e’» per non allungare il verso); altrimenti lascia immutata la lezione di L.
  5. Ambedue le aggiunte da B1.