Osservazioni di Giovanni Lovrich/De' Costumi de' Morlacchi/§. 27. Funerali
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§. XXVII.
Funerali.
Adde quod arcana fieri novus ignis in æde
Dicitur, & vires flamma resecta capir.
Tutti i parenti del morto per un anno intiero portano beretti neri per lo meno, (usando alcuni tinger anche gli abiti) in segno di scoruccio anche questi. Le Donne mettonsi in capo fazzoletti neri o turchini, e talora coprono il rosso col nero lungo gli orli delle loro vesti. Pel corso di un mese, o poco più dopo la inumazione di un qualche loro parente, anzi per meglio dire, secondo il rincrescimento, che ne provano, vanno le Morlacche più, o meno a far un nuovo piagnisteo sopra il sepolcro dello stesso in tutti i giorni festivi, se pur ànno l’agio di portarsi alla Chiesa, ove il parente loro fu sepolto. Ma questo costume, tolto da’ Romani è quasi giù di moda. Non è poi vero che in quest’incontri le Morlacche chiedano novelle dell’altro Mondo ai morti, come vuole il Fortis. Si conserva ancora in qualche parte quell’antica usanza di spargere i sepolcri di fiori, ed erbe odorose. Ma ciò, che fanno più comunemente le Morlacche è di portar seco una spongia, e ben pregna di acqua santa spremerla sopra i sepolcri de’ loro parenti. È materiale opinione di questa gente, che coll’acqua si allegeriscono le pene del fuoco, che potessero provar i morti. Io non so, se per questo nelle Isole di Zara, ognuno ch’entra in Chiesa porta seco un rametto di qualche albero, con cui va spargendo tutte le sepolture, quante sono, e ciò si fa inalterabilmente ogni volta, che si entra in qualsivoglia Chiesa.3
In questo stato sono al presente i costumi de’ Morlacchi. L’amicizia, e l’Ospitalità li distingue sopra le altre Nazioni. La sregolata prodigalità è la loro mezza rovina. Certi usi ridicoli non servon loro di alcun pregiudizio. L’ignoranza, e la superstizione sono il patrimonio di alcuni pochi, e la base della loro infelicità. E a che giova aver un Popolo superstizioso? In tempo di guerra la superstizione avvilisce i più arditi guerrieri. Una Ecclissi Lunare, la comparsa di una Cometa, l’Aurora Boreale sono fenomeni capaci a renderli timidi, e ribelli. E a chi non è noto, che uno di questi fenomeni fu causa, che Paolo Emilio restasse vincitor sopra Perseo, cui poscia incatenato condusse in trionfo a Roma? E a che serve la miseria de’ Morlacchi? A formar il più delle volte una truppa di formidabili Aiduchi, di sommo inciampo al privato; e detrimento considerabile, ed incessante al Pubblico interesse. I Capi de’ Territorj, che deggiono molto a’ Morlacchi per mantenersi col decoro dovuto all’onorevole posto, cui occupano, potrebbon formar in qualche parte la felicità de’ Morlacchi stessi, od almeno renderli men infelici. Ma la maggior felicità sarebbe quella, ch’essi si spogliassero de’ pregiudizj antichi. In simil modo diverrebbono laboriosi in pace, e valorosi in guerra. Un Popolo illuminato forma la propria felicità, e quella del suo Prencipe ancora.
Il minuto dettaglio, che ò voluto dare de’ costumi de’ Morlacchi sembrerà forse a più di uno stucchevole, e tedioso, ma sarebbe divenuto ancora più, se con istucchevole precisione avessi io voluto osservare tutte le inesatezze del Fortis. Io non so quanto sia lodevole la sua decisione in proposito di lingua Illirica „che morto l’Arcidiacono Sovich, non v’è più (sia detto con buona pace de’ vivi) chi possa a buon diritto chiamarsene Professore.“4 Per decidere sì francamente, bisogna posseder molto la lingua nostra, e conoscer i più puri parlatori di essa. Ebbimo motivo ad osservar in più luoghi, che il Fortis non la conosce appieno, e da que’ piccioli sbagli in picciole cose si può dedurre, che se avesse avuto traddur molto dall’Illirico, avrebbe preso de’ granchi assai maggiori. Pur nulla ostante ciò io lodo, ed ammiro assaissimo l’ingegno del Fortis, per aver egli in poco tempo appresa la lingua nostra a segno di poterla capire, e farsi capire. Serva ad esso di consolazione maggiore ancora, che un nostro Nazionale, che pretese di correggerlo, in qualche luogo dimostra, che il Fortis la capiva meglio di lui. Ciò si potrebbe oppore anche a me; ma degl’Intendenti sia questo il giudizio. E per por fine alla mia lunga diceria, per sempre amico all’Abate Fortis io mi dichiaro.
Vive, vale; si quid novisti rectius istis?
Candidus imperti; si non, his utere mecum.
- Hot. Ep. 6. lib. I.
- ↑ Le Prefiche sono quelle Donne, come ognun sa, che pagate piangono i morti, e queste vi erano fra’ Romani, come vi sono presentemente in alcune Città maritime in occasione della morte di qualche illustre Personaggio, e si graffiano anche il viso, e strappansi i capelli. Ovidio, sendo esiliato fra gli Slavi del mar nero, che ben vedea, quanto era pazzo questo costume, scrisse a sua moglie consigliandola di non metter in pratica questi usi buffoneschi.
- ↑ Gli Ecclesiastici, o sia i Parocchi della Morlacchia una volta erano quasi tutti Zoccolanti, ed i Morlacchi risguardavano i Preti con un cert’occhio di disprezzo. Ora in parte è annullato questo innocente sprezzo, e vi sono anche de’ Preti, che fanno i Parocchi. Non è già, che non sieno ignoranti anch’essi, ma compensano alla ignoranza loro col non impacciarsi in altro, che nell’assidua cura delle anime.
- ↑ Questo costume à qualche analogia con quello de’ Romani, che usavano anch’essi prender l’acqua de’ fonti nelle loro sacre cerimonie.
- Et manibus puris sumite fontis aquam
- Tib. lib. 2. el. I.
- Et manibus puris sumite fontis aquam
- ↑ Vol. I. pag. 85.