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re le superstizioni, anzichè annientarle. Ma perchè la brigata stia più attenta coll’orecchio al Leggitore, e non si lasci sopire dal sonno, si beve della Rakia, e fra la lettura, e i brindisi si arriva al nuovo giorno. Intanto cominciano le visite di doglianza, e ad ogni visita si rinovano i piagnistei, e le grida delle Donne del parentado. Queste, unite alle volte ad altre conoscenti, e non già alle Prefiche1, nè alle giovani desiderose di avvanzarsi nelle belle arti della Nazione, come mal asserisce il Fortis, cantano in versi ottosillabi, ed in tuono assai lugubre l’elogio del morto, che s’è molto lontano dalla Chiesa è portato per due, o tre miglia in circa, ed in poca distanza dalla Chiesa i Sacerdoti gli vanno incontro a prenderlo.2 Il canto di questi, ed il piagnisteo delle parenti del morto, che non mal si accordano, sono atti a piombar in una profondissima malinconia le anime più ilari, ma per lo più finiscono i piagnistei, quando cominciano i canti. I morti sono tutti involti in tela bianca, o

  1. Le Prefiche sono quelle Donne, come ognun sa, che pagate piangono i morti, e queste vi erano fra’ Romani, come vi sono presentemente in alcune Città maritime in occasione della morte di qualche illustre Personaggio, e si graffiano anche il viso, e strappansi i capelli. Ovidio, sendo esiliato fra gli Slavi del mar nero, che ben vedea, quanto era pazzo questo costume, scrisse a sua moglie consigliandola di non metter in pratica questi usi buffoneschi.
  2. Gli Ecclesiastici, o sia i Parocchi della Morlacchia una volta erano quasi tutti Zoccolanti, ed i Morlacchi risguardavano i Preti con un cert’occhio di disprezzo. Ora in parte è annullato questo innocente sprezzo, e vi sono anche de’ Preti, che fanno i Parocchi. Non è già, che non sieno ignoranti anch’essi, ma compensano alla ignoranza loro col non impacciarsi in altro, che nell’assidua cura delle anime.