Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Capo XXX - Canonicato di S. Andrea.

Capo XXX - Canonicato di S. Andrea.

../Capo XXIX - Della Collegiata e della sua prima soppressione. ../Capo XXXI - Canonicato Dalmazzone e Fabbriceria. IncludiIntestazione 1 giugno 2012 100% Storia

Capo XXIX - Della Collegiata e della sua prima soppressione. Capo XXXI - Canonicato Dalmazzone e Fabbriceria.
[p. 177 modifica]

CAPO XXX.


Canonicato di S. Andrea.


La storia di questo canonicato appartiene in modo particolare alla storia di Ceva, e riescono interessanti le memorie che di esso si conservano, di modo che merita che se ne faccia particolar menzione.

La parrocchia di S. Andrea di cui non si conosce la fondazione, era situata dove trovasi attualmente la cascina della Penitenzieria, a cui vedesi tuttora unito una porzione del coro dell’antica chiesa, e comprendeva nel suo distretto l’intiero borgo della Torretta, e la piana di Ceva, che le pagava la decima del grano e del vino.

Questa parrocchia ed il suo circondario, era sotto il dominio dei Marchesi di Ceva, che avevano il Tanaro per linea di divisione, tra essi ed il Marchese di Monferrato.

La celebre Adelaide di Susa contessa di Torino, unica erede di Manfredo e Berta ultimi di quella Marchionale famiglia, dopo la morte de’suoi genitori, di suo marito Oddone di Savoia figlio di Umberto I, con istrumento degli 8 settembre 1064, rogato in Torino al Notaio del sacro Palazzo Adamo, fondò 1 in Pinerolo un abazìa sotto il titolo di [p. 178 modifica]S. Maria a favore dei Benedettini, e nella dotazione che le fece comprese un manso 2 di terra posto fuori della Città di Ceva, ed una cappella consacrata in onore di S. Andrea attigua a detto manso con ogni loro pertinenza, ed i molini e battandieri inferiormente a detta cappella e manso.

I monaci Benedittini godettero in pace questo manso, i molini, ecc., sino all’erezione di Ceva in Marchesato in data 12 decembre 1142.

I nuovi Marchesi incominciarono ad appropriarsi i molini e i battandieri a titolo di feudo. L’inondazione delli 7 ottobre 1331, distrusse la parte inferiore del borgo della Torretta, ed una parte delle terre coltive appartenenti a S. Andrea, riducendo alla metà la popolazione di quella parrocchia. In vista di ciò monsignor Pietro Avogadro dell’ordine dei Predicatori nella sua visita pastorale fatta a Ceva nel 1338, si propose d’aggregar questa parrocchia alla sua diocesi, credutosi anche a ciò autorizzato, dal dominio che i Marchesi di Ceva estesero oltre il Tanaro verso occidente, cioè sulla sinistra sponda di questo fiume.

Ritornato in Alba monsignor Avogadro convocò il suo capitolo, e fece presente che stante la diminuzione di popolazione del borgo della Torretta di Ceva, e per altri urgenti motivi credeva bene di sopprimere la parrocchia di S. Andrea, ed erigerla in canonicato da unirsi a S. Maria del Castello.

Ebbe il pieno assenso del capitolo, ma era d’ostacolo a questo progetto il sacerdote Bartolomeo di cui s’ignora l’agnazione che era parroco in allora di S. Andrea, si fece al

[p. 179 modifica]medesimo la proposizione di cangiar la sua parrocchia in canonicato con tutte le rendite che aveva, ad eccezione solo dei dritti parrocchiali, che dovevano cedersi all’Arcipretura. Nel mentre che questi meditava sull’accettazione o rifiuto di questo progetto cadde infermo ed alla metà di agosto dell’anno stesso morì e fu sepolto nella sua chiesa di S. Andrea.

Giunta in Alba la nuova di questa morte, per tema che l’Abate di Pinerolo venisse alla nomina del nuovo parroco si nominò da quel vescovo senza frappor dimora canonico di S. Andrea, Pietrino Ceva figlio di Oberto marchese Ceva di Scagnello suo famigliare.

Partì questi alla volta di Ceva, munito dei necessari ricapiti per prender possesso del nuovo canonicato. Ma trovò chiusa la Chiesa di S. Andrea, e custodita da soldati, il di cui comandante, intimò bruscamente al Pietrino di tornarsene addietro.

L’abate di Pinerolo aveva penetrato il disegno di monsignor Avogadro, e si era rivolto a Luchino Visconti nemico acerrimo di casa Monferrato, sotto il cui dominio trovavasi la città d’Alba, e fu pronto il Visconti a servire l’Abate, mandando a Ceva la menzionata soldatesca.

Disgustato il Pietrino di Scagnello del mal esito di questa sua venuta a Ceva, giunto in Alba chiese al Vescovo di poter rinunziare al conferitogli e contrastatogli onore, il che gli fu concesso.

In vista di ciò il Vescovo Avogadro convocò il capitolo, e pronunziò la seguente sentenza in data delli 19 agosto 1338.

1° Dichiarò di sua giurisdizione la parrocchia di S. Andrea, vacante per la morte di D. Bartolomeo.

2° Lamentò la violenza usata al Pietrino di Scagnello e la rinunzia dal medesimo fatta a quel benefizio di cui era stato investito.

3° Che non ostante tutti gli ostacoli che si volevano frapporre essere conveniente anzi necessario che si venisse alla soppressione di questa parrocchia.

[p. 180 modifica]Il capitolo aderì a queste proposizioni ed autorizzò il Vescovo a provvedere come meglio avrebbe creduto.

Allora il Vescovo stabilì definitivamente che la Chiesa coi beni parrocchiali di S. Andrea fossa eretta in canonicato. Che il canonico eligendo dovesse servir la Chiesa di S. Maria di Castello uniformandosi agli usi e statuti capitolari allora vigenti, ecc., ecc., e che la giurisdizione parrocchiale di S. Andrea passasse all’Arcipretura di S. Maria de Castro.

In seguito alla guerra che s’accese tra i Visconti e i Marchesi di Ceva, non si potè mandar ad effetto questa provvidenza se non dopo la cacciata dei Milanesi da Ceva in gennaio del 1356. In questo frattempo morì monsignor Avogadro, ed il di lui successore monsignor Lazzarino Fieschi di Lavagna mandò ad effetto quanto aveva deciso il suo antecessore.

D’allora in poi il canonicato di S. Andrea percevette la metà delle decime che si raccoglievano, unitamente all’arcipretura, ed ai tre canonicati di S. Pietro, S. Michele e santa Margarita e nel 1780, fu dietro raccorso del canonico Mina eretto dalla S. Sede in penitenzieria.

Il canonico Celestino Ceva di Lesegno, insigne benefattore di questa collegiata e che la servì in qualità di penitenziere pel corso d’anni 55, fece ristorare nel 1793 la parte dell’antica Chiesa che trovasi ancor unita alla cascina di S. Andrea, e vi fece apporre la seguente iscrizione:

Divo . Apostolo . Andreæ . vergente . Sæculo X .

Suburbanæ huius parœcicæ patrono animarum cura in divæ Mariæ intra urbem translata ecclesia cum prædiis et iuribus erecta in canonicatum anno MCCCXXXVIII. Pœnitentiariæ titulo insignitum anno 1780. Petrus Cœlestinus ex Marchionibus Cevæ, et dominis Lisigni canonicus pœnitentiarius pristinæ ædi vetustate collabente longevoque iamdiu interdicto obnoxiæ, ne tutelaris patroni memoria in suburbio deperderetur hoc sacellum suffecit an. MDCCXCIII.

[p. 181 modifica]Anche questa cappella fu profanata nell’invasione dei Francesi del 1796 e più non si uffiziò.

Dicesi che prima di quella chiesa vi fosse un tempio dei gentili dedicato ad Apollo di cui si rinvenne qualche immagine, e che vi fossero antiche iscrizioni, che si murarono ristorando la cascina. Si dice pure che scavando attorno a quella Chiesa siansi rinvenuti teschii, con entro antiche monete, ma non son queste che vaghe tradizioni.

N. B. Se si desiderano più dettagliate memorie su quest’antica parrocchia leggasi la dissertazione scritta su quest’argomento dall’ab. Sclavo di Lesegno.

Note

  1. Quest’istromento è piuttosto di dotazione che di fondazione, ed esiste in un registro del secolo XVI conservato nell’Archivio delle R. Finanze e fu pubblicato nei Monumenta Hist. patriae, Tit. 1 Chartarum col. 607 dal dotto istoriografio nostro S. E. il Sig. Comm. Cibrario, e dice così per quanto si riferisce a Ceva: Tertius mansus est infra Villam Cevam, sicuti fuit rectus et laboratus per Ioannem Ruso cum molendinis et batenderiis et capellam unam prope iam dictum mansum, quae est constructa in honore Sancti Andreae cum omnibus rebus ad ipsum mansum pertinentibus sive alium mansum in loco Carasonae sicuti fuit rectum per Gauspertum massarium. (A. B.)
  2. Al dir del Muratori un Manso equivaleva nei bassi tempi a dodeci delle nostre giornate, detto Manso o Manendo che potesse cioè servire al mantenimento d’una famiglia.