Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Capo XXIX - Della Collegiata e della sua prima soppressione.

Capo XXIX - Della Collegiata e della sua prima soppressione.

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Capo XXIX - Della Collegiata e della sua prima soppressione.
Capo XXVIII - Dell’Arcipretura. Capo XXX - Canonicato di S. Andrea.
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CAPO XXIX.


Della Collegiata
e della sua prima soppressione.


Non vi è dubbio che fra le più antiche collegiate del Piemonte debbasi annoverare quella di Ceva, uno dei principali ornamenti di questa città; ma vicino al suo tramonto perchè colpito dalla legge di soppressione 29 maggio 1855.

Quantunque non si conosca l’epoca precisa di sua erezione, non mancano però prove irrefragabili della sua antichità.

L’abate Gasparo Sclavo lasciò scritto nelle sue memorie, che dalle vecchie carte che gli son passate sotto gli occhi ebbe luogo a congetturare con ragione che la fondazione di [p. 171 modifica]questa collegiata composta ne’ suoi principii di cinque canonici, sia anteriore al secolo XI, e sia stata fondata dal marchese Tette del Vasto, il quale fondò pure quella di s. Donato a Vico, dotata poi di molte possessioni da Bonifacio suo figlio con istromento 9 luglio 1121.

Nell’istromento di convenzione tra il marchese Nano di Ceva ed il comune di Mondovì in data 25 giugno 1293 si legge: Praesente domino Thadaeo de Monte alto Canonico Cevensi.

I primi canonicati di questa collegiata furono l’arcipretura, quello di S. Andrea, di S. Michele, di S. Pietro e di S.ta Margherita.

Che S. Andrea fosse parrocchia si vedrà in un articolo a parte, e che lo fossero pure S. Michele, S. Pietro e S.ta Margherita si può argomentare dalla loro partecipazione alle decime, che si raccoglievano anticamente in natura, e che in seguito a transazioni, si pagarono in denaro dal municipio.

Dell’antica Chiesa di S. Andrea rimane ancor oggidì una parte del coro unito alla cascina della penitenzieria all’occidente della Torretta.

Di S. Michele nulla si sa più di preciso, a meno che si voglia considerare per un resto di quella parrocchiale, la piccola cappella dedicata a S. Giuseppe e S. Michele posta sulle fini dei Poggi S. Spirito, vicino alla bealera della piana.

È tuttor viva la memoria della Chiesuola di S. Pietro che sorgeva a poca distanza da Ceva, sulla via provinciale di Mondovì, demolita all’occasione della guerra dei francesi.

Della Chiesa di S.ta Margherita si è conservata una piccola cappella unita alla cascina che porta questo titolo nella rettoria dei Poggi S. Spirito, ora aggregata a quest’arcipretura.

Nel mille cinquecento sessantotto, ed alli ventisette d’ottobre sotto il pontificato di Pio quinto, e mentre era arciprete della collegiata D. Alessandro dei marchesi di Ceva si fondò [p. 172 modifica]un canonicato colla riunione di cinque cappellanie denominate Santi Giacomo e Cristoforo, S. Rocco, S. Giovanni in Laterano, della collana, e di S. Nicola da Tolentino. Questo canonicato fu denominato della SS. Trinità, ma si ha motivo di credere che siasi poi intitolato di S. Leonardo, e che fu quello che fu aggregato all’arcipretura a titolo di congrua.

Siccome la Chiesa collegiata trovavasi nel recinto del castello, era conveniente che anche i canonici avessero in quel recinto la loro abitazione, onde poter attendere con più sicurezza all’uffiziatura ed al servizio della Chiesa, perchè essendo il castello custodito a modo di cittadella, poteva accadere che ne restassero chiuse le porte in tempo di guerra o di timore d’invasioni straniere, il che succedeva spesso a quei tempi.

In prova di ciò abbiamo un istrumento delli ventotto aprile mille cinquecento ottantotto, rogato Bocca, in cui si parla di due case antiche proprie dei canonicati di S.ta Margarita e di S. Pietro commutate col signor marchese Paolo Antonio Pallavicini, in altri siti coltivi nel recinto della stessa cittadella dov’erano le suddette case. Trovasi in un istromento anteriore al succitato e datato ai 4 novembre 1499, descritta una cappellania eretta dalla marchesa Isabella Ceva di Nuceto nel recinto della cittadella, che ha per coerenze il canonicato di S. Andrea, cioè la casa propria di questo canonicato.

Dopo questi cinque canonicati che sono i primi della collegiata, se ne fondarono altri sei prima del governo francese, e due dopo il ritorno di casa Savoia.

Prima del governo francese il signor D. Bernardino Sardo di Ceva, eresse quello sotto il titolo di S. Carlo con istromento 12 agosto 1629 rogato Burio.

I fratelli Ludovico e Giovanni Chiavelli di Ceva con istromento 4 gennaio 1639 eressero quello dei SS. Francesco e Ludovico, D. Teobaldo Domenico ed Isabella fratello e sorella Roggiero di Ceva con instromento 3 luglio 1751, rogato Ferrero, eressero il canonicato di S. Teobaldo.

[p. 173 modifica]D. Pietro Gerolamo Testanera di Ceva, eresse quello del nome SS. di Maria con istromento 29 giugno 1769, rogato Marenco notaio in Alba.

Il signor D. Pietro Giovanni Begliatti di Viola Arciprete di Malpotremo coi risparmi fatti su quella poverissima parrocchia fondò il canonicato di S. Giorgio con istromento 20 gennaio 1772, rogato Giuseppe Garrone in Ceva, e parte di quello di S. Giovanni Battista come infra.

Il signor avvocato Greborio di Ceva, ed il suddetto D. Pietro Giovanni Begliatti fondarono il predetto canonicato con istromento delli 16 giugno 1783 rogato Francesco Chiarla cancelliere in Alba. Il primo dotò questo canonicato del capitale di lire settemila, ed il secondo di cinquemila. A questo canonicato va annesso in perpetuo l’obbligazione del suono dell’organo in questa collegiata.

Dopo che le collegiate furono soppresse dal governo francese, Napoleone Bonaparte emanò il seguente decreto imperiale riguardo a questa di Ceva.


Dal campo imperiale di Osterode li 10 marzo 1807


Napoleone Imperatore dei Francesi e Re d’Italia.


Sulla relazione del nostro Ministro dei Culti abbiamo decretato e decretiamo quanto segue:

Art. 1.


I redditi delle prebende già vacanti o che si renderanno tali nella soppressa collegiata di Ceva, diocesi di Mondovì, dipartimento di Montenotte, saranno applicati alla dotazione della parrocchia e della fabbrica della medesima sino a tanto che il parroco possa avere un reddito di lire milleduecento, il vice curato di cinquecento e la fabbrica di ottocento, somme fissate dall’articolo 4 del nostro decreto delli 8 maggio 1806. [p. 174 modifica]

Art. 2.


Le prime prebende vacanti saranno destinate in porzione uguale a completare la rendita accordata al parroco ed al vice curato.

Quelle che verranno a rendersi vacanti in appresso, saranno applicate alla fabbrica della parrocchia di Ceva.

Art. 3.


Allorquando il parroco, il vice curato e la fabbrica di Ceva saranno al possesso della somma dei redditi come sovra determinata, le rendite divenute libere per le successive estinzioni, avranno la destinazione loro fissata dall’articolo 30 del nostro decreto ultimo maggio.

Art. 4.


Il nostro Ministro dei Culti è incaricato dell’esecuzione del presente decreto.

Sottosegnato Napoleone.


Per l’Imperatore il Segretario di Stato
N. B. Marét.


Il Ministro dei Culti Portalis


Per copia conforme il Segretario generale I. Crocco.


Il primo canonicato che si aggregò all’arcipretura fu quello di S. Giovanni Batt. lasciato vacante dal canonico Vigliada da Villanova primo canonico organista nominato dai signori fondatori, morto li 28 luglio 1806, e vi restò unito sino alli 4 aprile 1828, e con decreto vescovile della stessa data vi si è surrogato quello di S. Margarita di libera collazione, e resosi vacante per la morte del signor canonico D. Filippo Soldetti, avvenuta li 22 marzo dello stesso anno.

[p. 175 modifica]Il secondo fu quello del nome SS. di Maria, reso vacante per la morte del signor canonico D. Giuseppe Bergallo, avvenuta li 18 agosto 1811. Fu questo surrogato da quello di S. Leonardo, come da decreto vescovile 28 dicembre 1826.

Con dispaccio della R. Segreteria di Stato, fu annunziato al signor Vicario capitolare di Mondovì, che S. M. Carlo Felice, con R. Decreto delli 7 settembre 1822, ristabiliva la già soppressa collegiata di Ceva, con che il numero dei canonici da dodici fosse ridotto a dieci, lasciando due prebende incorporate all’arcipretura a titolo di congrua.

I canonicati eretti dopo la soppressione suddetta ed il ristabilimento della collegiata per parte del re di Sardegna, sono due:

Il primo, quello che porta il titolo di M. V. del Buon Consiglio, fondato dal fu signor D. Bartolomeo Galliano di Mombarcaro con istrumento 19 aprile 1827, rogato Vassallo cancelliere vescovile in Mondovì.

Il secondo intitolato a S. Giuseppe, eretto dal signor D. Giuseppe Boeris da Mondovì con istromento 18 ottobre 1836 rogato Vassallo da Mondovì.

Gli antichi canonici di Ceva non avevano altra distinzione che l’almuzia con cotta. Nel 1757 si ottenne dalla S. Sede per bolle pontificie di Benedetto XIV delli 14 febbraio la facoltà d’indossare la cappa magna di color violaceo col rocchetto canonicale per l’estate, e per l’inverno d’armellino con macchie cinericcie. Queste bolle costarono ai canonici 358 scudi Romani. Per formar questa somma s’ottenne dalla stessa S. Sede la facoltà di servirsi del capitale di lire antiche di Piemonte 850 legate da D. Vittichindo di Savoia, con obbligo di Messe lette 128, da celebrarsi nella collegiata, e di lire 150 legate da D. Silvestro Bugnardi per tre anniversarii semplici. I canonici ricorrenti si obbligarono in perpetuo dell’adempimento gratis di tali legati.

A vece del colore violaceo i canonici usarono cappa di color rosso, ma monsignor Vagnone Vescovo d’Alba nella sua [p. 176 modifica]visita Pastorale del 1774, gli obbligò di uniformarsi al Pontificio rescritto.

Fecero essi nuovo ricorso alla Santa Sede e con bolla di Pio VI delli 10 agosto 1776, ottenero la facoltà che desideravano di portare la cappa da estate di color rosso.

Queste nuove bolle costarono altri cento due scudi romani. Per farvi fronte s’ottenne dalla Curia d’Alba di potersi servire d’un capitale della sacristia di ll. 400, con obbligo ai canonici supplicanti di lasciar a basso ogni anno ll. 9 soldi 1 denari 10 sino alla totale estinzione del debito.

Li 10 ottobre 1788, Monsignor Langosco Vescovo d’Alba sanzionò gli statuti capitolari già decretati da monsignor Vagnone nel 1774.

Per mancanza di distribuzioni corali non si potè mai ottenere l’intiera ufficiatura, non ostante i moltiplici decreti vescovili emanati in varii tempi, essendosi sempre questa limitata alla Messa conventuale ed alle ore 1a, 3a, 6a e 9a fatte poche eccezioni. Nei giorni festivi però oltre l’obbligo delle ore suddette vi è anche l’obbligo del vespro.