Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Capo XXXI - Canonicato Dalmazzone e Fabbriceria.

Capo XXXI - Canonicato Dalmazzone e Fabbriceria.

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Capo XXX - Canonicato di S. Andrea. Capo XXXII - Ripristinazione della Collegiata.
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CAPO XXXI.


Canonicato Dalmazzone e Fabbriceria.


All’epoca del succitato imperiale decreto di soppressione trovavasi già vacante il canonicato dei santi Francesco e Ludovico di patronato laico della famiglia Dalmazzone per la morte del titolare avvenuta li 6 giugno 1800.

Un decreto Pontificio ottenuto dalla famiglia suddetta in data 18 marzo 1801 con cui veniva questo autorizzato a godere i redditi di questa prebenda pel corso di dieci anni, fece sì che non si potè applicare il disposto del succitato decreto imperiale a favore dell’Arciprete.

Trascorsi i dieci anni pei decreti emanati dal ministro dei culti e dall’economo generale in Torino, si mise l’Arciprete al possesso di questo canonicato li 22 dicembre 1810.


[p. 182 modifica]Gli eredi Dalmazzone non vollero dismettere questa prebenda. Il ministro dei culti con sua lettera delli 10 aprile 1811, confermò il già emanato decreto reiette le opposizioni e le pretese dei Dalmazzoni.

Si venne ad una seconda immissione in possesso sotto il 22 aprile 1811. Anche a questa si opposero i patroni di modo che tanto il ministro dei culti che l’economo generale eccitarono l’Arciprete d’allora D. Gio. Antonio Randone, a far valere le sue ragioni presso i tribunali.

In questo mentre si rese vacante il canonicato sotto il nome SS. di Maria, per la morte del signor canonico Bergallo Giuseppe da Ceva avvenuta li 19 agosto 1811, s’aggregò questa prebenda all’arcipretura, come già si disse e più non si parlò del canonicato Dalmazzone che fu lasciato vacante sino all’anno 1845 circa.

Qualche tempo dopo fu applicato alla stessa arcipretura il canonicato dell’organista sotto il titolo di S. Giovanni Battista. Resosi vacante quello di S. Margarita di libera collazione li 22 marzo 1828, Monsignor Monale Vescovo di Mondovì, con suo decreto 28 aprile stesso anno, in forza del decreto di Napoleone I, confermati dal Re di Sardegna e dalla S. Sede, l’assegnò per congrua in perpetuo all’arcipretura, e lasciò libero quello dell’organista.

Dietro richiamo dei patroni del succitato canonicato di santa Maria aveva già lo stesso Vescovo applicato all’arcipretura con suo decreto 28 dicembre 1826 il canonicato di S. Margarita di libera collazione, e restituito a patroni quello di santa Maria.

Avendo la collegiata in forza del decreto di soppressione cessato d’esistere come corpo morale, monsignor Pio Vitale vescovo di Mondovì, con suo decreto delli 12 gennaio 1807, nominò sei canonici ad amministratori della così detta fabbrica della Chiesa.

Quest’amministrazione durò sino alli 19 gennaio 1812, epoca [p. 183 modifica]in cui s’installò una fabbriceria sulle norme stabilite dal decreto imperiale delli 30 dicembre 1809.

I membri di questa fabbriceria venivano parte nominati dal Vescovo della diocesi, e parte dal prefetto del dipartimento.

Il vescovo di Mondovì, monsignor Pio Vitale barone dell’impero, nominò per sua parte a fabbricieri, il canonico Marenco, ed il canonico Celestino Ceva penitenzieri, ed il signor Notaio Giovanni Battista Ferreri. Il prefetto conte Chabrol prefetto del dipartimento di Montenotte da cui dipendeva la città di Ceva, nominò il signor avvocato Giuseppe Jemina, ed il signor marchese Ignazio Maria Pallavicini.

L’Arciprete della parrocchia, ed il Sindaco di città erano membri nati.

Installata nella casa parrocchiale la nuova fabbriceria si venne all’elezione del presidente nella persona del signor marchese Pallavicini, e del segretario in quella del signor Notaio Giovanni Battista Ferreri.

Si venne quindi alla nomina dei così detti Marguillers, nella persona dei signori marchese Pallavicino, canonico Marenco e canonico Ceva, con due consiglieri d’onore i quali tutti componevano l’uffizio ordinario della fabbriceria sotto la presidenza dell’Arciprete.

Fu breve la durata di quest’amministrazione perchè alla caduta di Napoleone cessarono le leggi francesi, e le rendite della sacristia si amministrarono di nuovo dal capitolo, e caddero sotto l’economato generale le prebende che andarono vacando sino all’epoca della ripristinazione della Collegiata di cui si parlerà nel seguente capitolo.