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medesimo la proposizione di cangiar la sua parrocchia in canonicato con tutte le rendite che aveva, ad eccezione solo dei dritti parrocchiali, che dovevano cedersi all’Arcipretura. Nel mentre che questi meditava sull’accettazione o rifiuto di questo progetto cadde infermo ed alla metà di agosto dell’anno stesso morì e fu sepolto nella sua chiesa di S. Andrea.

Giunta in Alba la nuova di questa morte, per tema che l’Abate di Pinerolo venisse alla nomina del nuovo parroco si nominò da quel vescovo senza frappor dimora canonico di S. Andrea, Pietrino Ceva figlio di Oberto marchese Ceva di Scagnello suo famigliare.

Partì questi alla volta di Ceva, munito dei necessari ricapiti per prender possesso del nuovo canonicato. Ma trovò chiusa la Chiesa di S. Andrea, e custodita da soldati, il di cui comandante, intimò bruscamente al Pietrino di tornarsene addietro.

L’abate di Pinerolo aveva penetrato il disegno di monsignor Avogadro, e si era rivolto a Luchino Visconti nemico acerrimo di casa Monferrato, sotto il cui dominio trovavasi la città d’Alba, e fu pronto il Visconti a servire l’Abate, mandando a Ceva la menzionata soldatesca.

Disgustato il Pietrino di Scagnello del mal esito di questa sua venuta a Ceva, giunto in Alba chiese al Vescovo di poter rinunziare al conferitogli e contrastatogli onore, il che gli fu concesso.

In vista di ciò il Vescovo Avogadro convocò il capitolo, e pronunziò la seguente sentenza in data delli 19 agosto 1338.

1° Dichiarò di sua giurisdizione la parrocchia di S. Andrea, vacante per la morte di D. Bartolomeo.

2° Lamentò la violenza usata al Pietrino di Scagnello e la rinunzia dal medesimo fatta a quel benefizio di cui era stato investito.

3° Che non ostante tutti gli ostacoli che si volevano frapporre essere conveniente anzi necessario che si venisse alla soppressione di questa parrocchia.